Borghi da salvare: MACCONAGO
Un castello medievale autentico, paesaggio rurale intonso, borgo antico rimasto intatto ma purtroppo parzialmente in degrado. E un progetto giusto, lo IEO, in un posto sbagliato
Lo stato pietoso in cui versa questo straordinario, antico borgo, dà l’idea del disinteresse regnante a palazzo Marino riguardo le cose belle della città se sono in periferia, denota noncuranza, sordida e ignorante, dell’amministrazione.
Macconago, da Maccone/i, l’antico proprietario, è uno dei borghi medievali più belli e isolati di Milano, con cascine in parte ancora in uso, una chiesa del 1623, tipica delle normative borromiane prevalse nel secolo XVII, purtroppo in rovina da decenni e un magnifico castello medievale. Per quanto sia “soltanto” un borgo, è suddiviso in Macconago Piccolo, la parte rurale più vicina a via Ripamonti, e Macconago Grande, la parte artistica, più interna, comprendente chiesa e castello. Ci si arriva tramite una recente pista ciclabile allestita ai margini della via Ripamonti, attraverso il Parco Sud. Circondato dai prati e da una cava sistemata a verde (è l’ex Tiro a volo Milano, del 1872), frequentabile d’estate, fino a qualche anno fa era rimasto intonso dall’edilizia contemporanea. Uno stato, però, che, ovviamente, non poteva durare a lungo.
Il Comune ha approntato un mega progetto edilizio destinato a snaturare e a rovinare completamente area, borgo e paesaggio. Si tratta dello Ieo, Istituto europeo di oncologia, la cui costruzione è sicuramente emerita, quello che non si capisce è perché non sono state sfruttate le aree dismesse, o degradate, o gli uffici abbandonati, che proprio di fronte, intorno alla via Ripamonti, abbondano. No, si deve andare a consumare suolo agricolo sono perché “costa poco”. Ma davvero “costa poco” per Milano questo sarificio di aree? E’ la rovina di una delle poche aree libere rimaste del Parco Sud, contribuendo a degradare la città. Del progetto dello Ieo si parla molto poco, anche qui la reticenza è sconcertante.
La proprietà di buona parte delle aree era di Salvatore Ligresti, sempre lui ha cacciato i contadini che vi abitavano. Poi è passata a un pool di aziende capitanate da Mediobanca, altrettanto impegnate nel lasciare degradare il luogo. Infine, Macconago Piccolo, con la chiesa, è finita tra le proprietà della Fondazione Del Vecchio, Luxottica. Quest’ultima ha presentato un progetto di recupero di cui si sta dicutendo. In condizioni migliori è il castello, costruito in dieci anni, fra il 1330 e il 1340. Possiede due torri e camminamenti fra merli originali a coda di rondine. All’interno, sontuosi camini rinascimentali e suggestivi sotterranei. Una delle cascine è in buone condizioni e vi si svolgono corsi d’equitazione. Il resto di Macconago Grande è in totale rovina.
MACCONAGO GRANDE: LA CHIESA SEICENTESCA (Cliccare sulle immagini per ingrandirle)
MACCONAGO GRANDE: IL CASTELLO MEDIEVALE
La storia del castello è da raccontare. Appartenne ai Pusterla, una famiglia milanese nobile, antichissima, con un arcivescovo nel IX secolo. Fu rovinata dal contrasto con il Signore di Milano, Luchino Visconti (1287-1349); all’età di 54 anni, si invaghì della sposa di Francesco Pusterla, Margherita, cercando più volte di approfittarne. Francesco, per vendicarsi, organizzò una congiura assieme ad altre famiglie nobili milanesi, tra cui gli Aliprandi. Scoperta la congiura, Luchino Visconti fece decapitare Francesco e i suoi quattro figli, Margherita fu fatta prigioniera per una decina d’anni, indi, visto che non cedeva, murata viva in una segreta. Il castello è stato interamente restaurato di recente, oggi è di proprietà della famiglia Ferrario Gavana; è utilizzato per cerimonie, ricevimenti e altro.
MACCONAGO PICCOLO: IL BORGO E LE ABITAZIONI RURALI D’EPOCA MEDIEVALE
Mi scrive TIZIANA CONSERVA AQUILANI dell’Associazione Parco Sud:
Con Italia Nostra abbiamo richiesto il vincolo alla soprintendenza, ma non ci hanno mai risposto. La chiesetta è ridotta a uno stato d’abbandono tale che a vederla viene spontaneo chiedersi come sia possibile che il nostro patrimonio architettonico vada così in malora, con l’incuria del Comune di Milano, della Provincia e dell’ente Parco Agricolo Sud Milano.
Va precisato, però, che siamo nella Ligresti town, dove tutto è possibile! Si tratta di un’area quasi totalmente agricola, a sud di Milano: almeno un milione di mq, di cui circa 600mila del momentaneamente “stoppato” Cerba, acquisite decenni or sono dall’immobiliarista siciliano.
Tutto nel Parco Agricolo Sud Milano.
Non sono terreni scelti a caso: si trovano quasi al 100% nel Parco Sud, dove, in teoria, non si potrebbe costruire. Ma è certo che don Salvatore non li ha comperati per coltivarci mais o frumento. Che abbia fatto affidamento sulle “scappatoie” -ovvero espedienti per eludere i lacci della legge – del Parco Sud? Una domanda retorica, visto che l’area è piena di progetti edilizi. E, nel contempo, svuotata dei contadini, in particolare quelli delle cascine di via Macconago, che quei campi lavoravano in affitto: sono già stati cacciati da un pezzo. Tanto che, passeggiando per il borgo, in un giorno qualunque, non si incontra nessuno.
A Macconago, il cementificatore Ligresti, ha partorito l’idea di far sorgere un quartiere residenziale da 40mila metri quadrati, poi divenuti 60mila. Una storia lunga, piena di vicissitudini, quella che ha portato alla presentazione del progetto. Per il momento bloccato dal crac finanziario di don Salvatore.
In questo progetto, come viene salvaguardata la chiesetta?
“L’area oggetto della proposta -scriveva il Comune di Milano in una delibera del 2004- di proprietà privata, ha una estensione pari a circa mq. 39.970, è in parte occupata da un insediamento agricolo fatiscente, costituito da due corpi di fabbrica ad uso residenziale che presentano un alto stato di degrado e da corpi minori adibiti a depositi, fienili e stalle; l’area a sud dell’insediamento è a verde agricolo mentre a nord, oltre la strada, è presente una chiesa sconsacrata ed abbandonata in forte stato di degrado … Inoltre, la chiesa di San Carlo
sarà oggetto di restauro conservativo e per essa sarà valutata la possibilità di insediarvi attività
concordate con il Consiglio di Zona oppure il ripristino della funzione religiosa, in accordo con la
Diocesi di Milano ed a servizio del vicino Istituto Oncologico Europeo”.
Ma poi, nei documenti successivi, inclusi quelli del 2011 firmati Parco Sud e ancora Comune di Milano, non si specifica cosa ne sarà della chiesetta di Macconago. Vaghi riferimenti a tutele di edifici storici, ma nulla di preciso.
Comunque, nel 2009 la chiesetta viene impalcata e messa in sicurezza, lasciando intendere che sarà restaurata. Dopo un paio d’anni le impalcature spariscono. Come mai? La strategia, ipotizziamo noi, è quella di lasciarla sgretolare completamente: una volta caduta, non ci saranno più costi per il restauro e basterà sgomberare le macerie per costruire nuove case.
L’Associazione Parco Sud intende, attraverso la collaborazione di Italia Nostra, andare a fondo e verificare se e come è ancora possibile salvare la chiesetta. Quale santo ci aiuterà?
TIZIANA CONSERVA dell’Associazione Parco Sud:
Buongiorno, ho letto con vivo interesse l’articolo di Roberto Schena e il commento di Tiziana Conserva Aquilani e non posso che sottoscrivere quanto da loro detto su Macconago e la sua chiesa, “vittime” degli interessi e dall’avidità di “certi” personaggi che godono dell’incondizionato appoggio della classe politica.
Io stesso visitai il borgo di Macconago lo scorso anno in maggio spinto dalla curiosità di vedere soprattutto l’oratorio, la cui condizione è veramente un’offesa al nostro patrimonio artistico e culturale. Oltre ai crolli interessanti porzioni della sacrestia e della zona absidale, alle parti lesionate dei muri perimetrali della navata, della facciata e del campanile, ho avuto modo di sbirciare l’interno dell’edificio attraverso le profonde fessure presenti sul portale ligneo oramai marcio: ebbene si potrebbe concludere che la chiesa sia divenuta un’enorme colombaia abitata da piccioni che hanno imbrattato tutto con il guano e le piume!!!
Temo proprio che l’ipotesi avanzata dalla sig.ra Conserva Aquilani circa la sorte della vetusta chiesetta si trasformerà in realtà quanto prima visto il totale disinteresse delle istituzioni civili e religiose di fronte allo scempio che si sta consumando a Macconago!
Mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione alcuni telegrafici dati storici sulla chiesetta dal momento che in internet non se ne trovano e anzi le poche notizie che ci sono, sono incerte e contrastanti, soprattutto sulla dedicazione della chiesa.
1) una chiesa nel luogo di Macconago, dedicata a San Pietro, è già documentata nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, codice datato tra 1289 e 1311 e conservato nella Biblioteca Capitolare del duomo di Milano, opera di tale Goffredo da Bussero presbitero milanese. La peculiarità di quest’opera, che tratta della vita dei santi della chiesa cattolica venerati nella diocesi di Milano, è che in calce alla vita di ciascuno di essi v’è un elenco dei luoghi di culto allora esistenti in diocesi e ad essi dedicati.
2) La chiesa di Macconago era inserita nella pieve di San Donato in strada (oggi S. Donato Milanese) fin dal Medioevo e soggetta alla chiesa parrocchia di Santa Maria Assunta di Poasco, come dicono le fonti ecclesiastiche a partire dal XVI secolo.
3) Sotto la dedicazione al principe degli apostoli la chiesa è conosciuta tra il XV e gli inizi del XX secolo .
4) La dedicazione a San Carlo compare solo nella visita pastorale dell’arcivescovo Federico Visconti nel 1687 e nei documenti del cosiddetto “catasto teresiano”, ovvero quel catasto promosso nel XVIII secolo dagli imperatori del Sacro Romano Impero della dinastia degli Asburgo (Carlo VI e sua figlia Maria Teresa) che governarono su Milano dal 1714 al 1796. Allo stesso modo l’intitolazione ai santi Pietro e Paolo compare in alcune visite di vicari foranei alla pieve di San Donato negli anni 1703-1707 (mentre nelle altre visite pastorali nel corso del XVIII secolo è sempre detto oratorio di S. Pietro) e nelle visite di inizi Novecento realizzate dal card. C.A. Ferrari, arcivescovo di Milano. Una nota curiosa si trova nella terza visita del card. Ferrari nel 1912: parlando di Macconago si dice che gli allora padroni dell’oratorio dei SS. Pietro e Paolo non vogliono fare più niente e lasciano andare tutto in rovina! Insomma, sembra che il destino della chiesetta fosse già stato segnato oltre cent’anni fa!
Marco Gerosa
Peschiera Borromeo
Ringrazio Marco Gerosa per l’illuminante intervento sulla chiesa di MAcconago