LA GOCCIA, BOSCO SEGRETO
Un central park a Milano già esiste.
Ed è cresciuto spontaneamente. Oltre 800 mila mq di verde in una proprietà comunale situata in area fortemente edificata e ricca di archeologia industriale. La Goccia è uno dei posti più interessanti di Milano. Peccato sia uno dei più chiusi e inaccessibili. Un vasto spazio pubblico interamente in zona Bovisa, attaccato allo scalo Farini, altra grande area dismessa; i terreni sono del Comune di Milano, del Politecnico e di A2A, l’azienda energetica, proprietaria dei gasometri che rimangono il simbolo del posto.
Si chiama così, la Goccia perché è delimitato da linee ferroviarie che disegnano una sorta di goccia. La parte sud è abbastanza accessibile, o perlomeno visibile, c’è anche la stazione del passante Bovisa e diverse sedi del Politecnico adattate spesso dai fabbricati dismessi dalla grande industria milanese. In massima parte, però, la Goccia è chiusa da circa 30 anni, da quando cioè Milano è stata metanizzata e i gasometri non servono più a immagazzinare, come accadeva fin dal XIX secolo, il gas di città, quando si produceva una miscela gassosa che includeva, tra gli altri: metano, monossido di carbonio, propano, butano, acetilene, il tutto prodotto dalla gassificazione del carbone o dal cracking del petrolio.
Verde + archeologia industriale
Di questa parte chiusa, un settore contiene ancora fabbricati industriali d’età secolare, bellissimi, fra l’altro, e un altro settore, quasi 400 mila metri quadrati, ossia la metà dell’intera Goccia, un bosco. Un bosco vero, libero e selvaggio, cresciuto spontaneamente in tre decenni, con alberi che risalgono all’allestimento dell’area gasometro e che quindi hanno ormai sette o otto decenni di vita. Anche la fauna tipica locale si è ricostituita. L’intorno della Goccia è la parte di città peggio disegnata, un groviglio indescrivibile di cavalcavia, sottopassaggi, tracciati ferroviari, mura inaccessibili, orti più o meno autorizzati, strade senza sbocco e stradine a senso unico. Il caos.
Questa videointervista allo scrittore Guido Tassinari, conoscitore della Bovisa, e al noto urbanista Giuseppe Boatti, promuove l’idea di fare di quest’area seminaturalistica una spina di penetrazione verde nella città. I proprietari, Comune, Politecnico, A2A, non riescono a mettersi d’accordo su come utilizzare e riordinare la situazione, propongono (prima la giunta Moratti, poi quella Pisapia) piani edilizi con cubature a dir poco allucinanti, con almeno 4 milioni di metri cubi su 730mila metri quadri di superfici varie, in una delle zone dove più abbondano edifici vuoti, non o sottoutilizzati. A lungo, specialmente il primo, ha impedito a cittadini e giornalisti di entrare per rendersi conto di quello che c’è ed elaborare “fastidiose” proposte, tutto è gestito segretamente senza rendere conto a nessuno.
CHE COSA PROPONGONO I CITTADINI
Da 30 anni, però, non si riesce a combinare nulla, nell’attesa che maturino le condizioni per una colata di cemento. La proposta immediata dei cittadini è di aprire, nelle dovute maniere, il bosco al pubblico, dare in concessione a cittadini qualche fabbricato per farlo rivivere questo posto, che insieme al vicino scalo Farini è il più morto della città. Certo, occorre risanare il terreno dai vecchi scarti di lavorazione colpevolmente mai portati via, in tanti anni. Le foto di Francesco Radino, un professionista, dimostrano che c’è ancora molto da fare. Egli ha potuto entrare solo recentemente insieme a un gruppo di cittadini, che hanno eccezionalmente ottenuto il permesso dal Comune. Ma niente giornalisti. Solo pochi privati cittadini. Decisamente non interessanti sono le proposte del Comune di radere al suolo tutto, scavare il terreno fino a quattro metri e portarlo altrove, ripiantumando con alberelli nuovi. E’ la proposta per il primo lotto, come si vede dalla cartina in alto. No, dicono quelli del comitato la Goccia, non si opera in questo modo. Gli alberi più vecchi si lasciano, o distruggeremmo un patrimonio di inestimabile valore, quello di un bosco “selvaggio” che entra rigoglioso nella metropoli.
Il bosco segreto
Ecco le immagini del bosco segreto, uno straordinario misto di bosco naturale e archeologia industriale che i cittadini vorrebbero unire allo Scalo Farini per farne un unico vasto parco centrale capace di rompere l’intensa edificazione circostante. Le Fotografie sono di Francesco Radino (cliccarci sopra per ingrandire). Con il Touring Club ha pubblicato, in maggio, “Milano e i suoi musei”.
- Un misto straordinario di verde e archeologia industriale
Testo e videointervista a Guido Tassinari e Giuseppe Boatti di Roberto Schena. Video a cura di Esplorazione urbana n. 67. Il link del video: https://www.youtube.com/watch?v=SnIZ2IojXhA
sono nato in bovisa e che nessuno costruisca .dove c’erano i gasometri deve diventare un parco e piscine non toccate la nostra natura della mia bovisa. basta cemento e catrame