Una grossa spesa per un falso storico
La falsa Milano di Stendhal
La Milano degli angolini pittoreschi dipinti da Angelo Inganni (1807-1880), che piacevano tanto a un turista d’eccellenza come Stendhal (1783-1842), non c’è più, non torna più. E’ stata distrutta in buona parte dall’incoscienza borghese, che ha preferito speculare sulle aree del centro piuttosto che conservarle. Prima ha distrutto i bastioni, poi le mura spagnole, indi ha coperto i navigli accusandoli di maleodorare. Infine, ha abbattuto l’intera rete di strade e vicoli medievali per sostituirla con edifici di lusso dotati di box, verande e quant’altro di lusso, talvolta di un certo valore architettonico, come la Ca’ brutta, per esempio (1919).
Milano non è più da tempo “città d’acqua”
Il restauro o il ripristino sono impossibili. La riapertura dei navigli sarebbe il festival dell’inautentico. Del design al servizio del falso, come mostrano questi rendering a favore. I rendering, come osserva Renzo Piano, sono sempre un po’ falsi, presentano una realtà dorata. La riapertura attirerebbe il turismo meno nobile e più superficiale, amante del pseudo esotico e dello stile esselunga, del finto mattone a vista della “nuova Darsena”. Ma c’è anche il cattivo gusto del falso storico: la Milano di Stendhal riproposta in cemento offrirebbe di se stessa un confronto grottesco con il passato. Finirà come in Darsena: una scorretta operazione filologica, con l’illusione dei canali di cemento e senza scopo che dovrebbero attirare frotte di turisti chissà da dove. Francamente, questi ultimi hanno di meglio da vedere fra le molte autentiche città d’acqua esistenti in Europa.
Investano i privati, se proprio vogliono
Vi sono ragioni commerciali per riaprire i navigli? Agli abitanti del centro storico sta bene una replica della “nuova Darsena” e delle Colonne di San Lorenzo all’insegna di birre e daiquiri? Ebbene che siano i privati a pagarsi i lavori. Presentino progetti (non invasivi). Investano di tasca propria. Non un euro di denaro pubblico deve essere speso. Se si vuole rafforzare la monumentalità del centro storico, è sempre possibile dare vita a isole pedonali dotate di verde o di altre opere d’arredo.
E non è vero che la riapertura sia stata voluta dalla cittadinanza con un referendum. Anni fa ci fu, sì, una consultazione, ma senza contraddittorio e molto parziale, una truffa ideologica ben congegnata. Perché se la domanda fosse stata: volete voi il risanamento delle periferie e dei loro antichi centri storici? La risposta sarebbe stata ugualmente positiva, anzi con qualche ragione sacrosanta in più.
Recuperare il paesaggio autentico
La vera storia e la vera bellezza della città, gli angoli più pittoreschi sono nelle periferie, dove ancora si conserva un paesaggio autentico e naturale che ha dell’unico, dove ancora c’è dell’agricoltura di qualità, dove gli antichi borghi sono ancora vivi (quando non stoltamente lasciati degradare), dove è possibile creare un ecoturismo urbano che sarebbe l’invidia di tante città. La sola Chiaravalle, per esempio, o l’abbazia di Garegnano, valgono artisticamente la metà dell’intero centro storico, ma sono lasciate all’incuria, se non al degrado, per pura ignoranza degli amministratori che non sanno valorizzare bellezze simili. Gli investimenti pubblici, che portano sano loisir e lavoro, devono essere fatti qui, non dove la città ha meno problemi e dove vive la minoranza privilegiata.
Condivido in pieno. Mi piacerebbe capire poi da dove prenderebbero tutti quei soldi. L’ex assessora De Cesaris parlava di “vendita di diritti edificatori pubblici”, figurarsi! Servirebbe qualche milionata di metri cubi, ma: dove metterli? E: chi glieli compra?
i soldi li darebbero i privati, secondo coloro che vorrebbero compiere l’operazione, ma io non ne ho visto uno esporsi. Non rimane che il denaro pubblico, il che, francamente, mi sembra una sciocchezza grande come una casa, la città ha altre parti da sistemare.