Riaprire i navigli: quante sciocchezze smentite dagli stessi progettisti

L’effetto “canyon” a causa del canale stretto: i passeggeri vedrebbero le mura del canale e solo la parte alta degli edifici
Lo studio di fattibilità per la riapertura della Cerchia Interna dei navigli lascerà delusi molti cittadini che la sostengono. Intanto non sarà una riapertura, ma una costruzione ex novo. I canali saranno costosi, in cemento, più piccoli, navigarci sarà poco probabile e per i turisti non ci sarà alcun panorama da ammirare…
Testo di Roberto Schena
Scoraggiante sorpresa.
Basterebbe leggerlo, con un po’ di pazienza e impegno, il “malloppo” di 400 pagine curato da alcuni esperti di chiara fama del Politecnico di Milano. Il guaio è che nessuno lo fa. Indubbiamente, si tratta di un lavoro serio, approfondito e ben fatto. Da professori, appunto. Peccato solo che i cittadini milanesi, se lo leggessero, rimarrebbero, con tutta probabilità, piuttosto delusi, se non scontenti, del nuovo scenario prospettato. Ci si illude circa la possibilità di riottenere gli angoli pittoreschi di un tempo, quando si vedevano passare i tipici barconi carichi di sabbia. Molti sperano di poter vedere una bellissima oasi ecologica priva di macchine e con tanto loisir, spazi continui per il tempo libero e soprattutto frotte di turisti danarosi, a volontà. Purtroppo, lo studio, che pure ridonda di nostalgiche immagini d’epoca, dice espressamente che non potrà essere così.
Non ci sarà nulla di autentico
Quegli angoli, quelle prospettive, quegli argini, quelle alzaie, non si potranno più vedere. E nemmeno i poetici barconi solcare silenziosi nella nebbia le acque provenienti dal fiume Ticino. Sono stati demoliti irrimediabilmente. L’effetto paesistico, il look e lo scopo della riapertura della Cerchia Interna saranno tutt’altra cosa dal romantico passato. Sarà un dato di fatto che non ci sarà nulla di autentico, nemmeno un breve segmento. E i professori non lo nascondono affatto.
Il punto è proprio questo. La città non è sufficientemente informata del progetto. Lo conoscono solo pochi gruppi più o meno interessati di cittadini. La grande maggioranza ne sa troppo poco. Non si assiste a un vero dibattito pubblico. I media cittadini si limitano più che altro a riportare le dichiarazioni, ovviamente favorevoli, di sindaco e assessori. Da parte dei media c’è un concorde consenso de facto, imperativo, al progetto. Le spiegazioni al pubblico sono poche e talora per pochi. Il rischio concreto è giungere ai lavori bombardati da un’informazione univoca, con troppi cittadini convinti che presto potranno raggiungere piazza Duomo a bordo di un veloce motoscafo: “Milano città d’acque come Amsterdam, se le cose si possono fare lì, si possono fare anche qui”. Peccato che la differenza rispetto a una città di lago, di fiume o di mare, sia enorme. Per città d’acqua, nel Milanese s’intendono rogge e fontanili, risaie e marcite. E tre canali tre. Di cui solo uno, allo stato attuale, navigabile. Per rendere altrettanto percorribili gli altri due, ripristinando così l’antica funzione del sistema navigli, occorrerebbe sostenere una seconda, formidabile spesa. Lo studio di fattibilità, però, evita accuratamente di affrontare l’argomento, lo glissa completamente, come se nulla fosse. Un “buco” che lascia sbalorditi, imperdonabile.
Fossato più piccolo e con una strada per lato

FIG. 1 – Illustrazione tratta dallo studio sulla riapertura dei Navigli. A differenza del passato, il nuovo canale della Cerchia Interna sarà affiancato da una strada per lato. La larghezza del canale è al massimo di 7 metri, in altri di 4,5. Qui la “Sezione prima di via Porta Nuova”
Il nuovo fossato previsto dallo studio di fattibilità avrà dimensioni ridotte. Molto lontane da quelle del passato. In alcuni punti, avrà larghezze risibili (fino ai due terzi più piccolo), mediamente del 50% in meno. Nella prestigiosa via Senato, per esempio, il canale sarà largo 4,5 metri (vedi FIG. 4) quanto la sala da pranzo di un normale appartamento. Significa che la messa in acqua delle imbarcazioni avrà pesanti limitazioni. Nemmeno le barche a remi potranno superarsi o incrociarsi, anche perché ci sono ben dieci chiuse da oltrepassare, quattro in più della Cerchia storica.
In altri punti, al massimo sarà largo 6,70-7 metri. Per dare un’idea: da Tornavento ad Abbiategrasso il naviglio Grande ha una larghezza variabile dai 50 ai 22 metri, mentre da Abbiategrasso a Milano si restringe anche fino a 15 metri. Nel tratto terminale della darsena si riduce a 12. La Martesana, detta anche “naviglio piccolo”, è larga da 9 a 18 metri. Oggi, invece, si parla di costruire ex novo un canale circolare da 4 metri e 70 centimetri e che al massimo misurerà 7 metri. Più che un canale, sarà un canaletto. Modesto risultato, dal punto di vista paesistico. Non ci sarà modo per la luna di “rispecchiarsi nella notte”. Non sarà lo “spettacolo magico” annunciato e da tutti atteso.
La chiamano “riapertura”, ma lo è?
Lo studio arriva a citare un’espressione dell’architetto Gianni Beltrame, il “padre spirituale” del Parco Sud: “Non c’è niente da riaprire nei navigli”. Non è una vera riapertura, infatti. Anche se utilizzerà parte del precedente fossato, si farà tutto ex novo. E nemmeno a somiglianza del tempo andato. A differenza del passato, il canale, aperto per consentire di riprendere la navigabilità della Cerchia Interna, dovrà avere ai lati delle sponde un doppio marciapiede e almeno una carreggiata, magari a senso unico, ma deve averla per forza (Vedi FIG. 1), in virtù del diritto d’accesso e di passo carrabile acquisito dagli edifici costruiti dopo la chiusura degli anni ’20-30 su ambo i lati. Dovranno poter passare i mezzi di soccorso, di polizia, di trasloco. Dei residenti che posseggono un posto auto.
Dunque, il canale scorrerà in mezzo a due strade, non a fianco a fianco di una sola, come prima della fascistica copertura. Andrà costruito un ponte carrabile apposito per ogni passo carraio, a dorso d’asino. “Per fortuna non sono molti”, è il commento dei progettisti. Comunque, nel complesso, è un po’ poco, per attirare i milioni di turisti interessati alla “città d’acqua”, di cui si parla tanto.
E le auto restano
Con il canaletto aperto appositamente, dimezzato rispetto al passato, non solo non saranno tolte le auto dal centro, come da diverse parti auspicato, ma l’unico a essere tolto davvero, per consentire l’intera operazione, sarà il trasporto pubblico con la cancellazione dell’attuale corsia preferenziale destinata all’autobus 94, in una delle due direzioni di marcia (Vedi sotto alla FIG. 2). L’inconveniente dovrebbe essere parzialmente attenuato dall’entrata in funzione del metrò 4. L’accesso delle auto alla Cerchia Interna sarà consentito ai soli superfortunati residenti. Ci sarà una notevole diminuzione del flusso di traffico urbano, è sicuro, ma con l’effetto di sovraccaricare ulteriormente la circonvallazione degli ex bastioni, già investita dall’istituzione della zona C. I professori del Politecnico non lo nascondono: “L’inserimento dei Navigli comporta, naturalmente, un aggravio della congestione sulla rete (5.1.5.2, Lo scenario PUMS 2024 con la riapertura dei Navigli)”. Anche se poi aggiungono: va bene così, è il tributo da pagare per riottenere i navigli.
Per riaprire il Naviglio Vallone (oggi via Conca del Naviglio), che con la Conca di Viarenna congiungeva via De Amicis (ossia la Cerchia Interna) alla darsena, occorrerebbe abbattere tutti gli alberi compresi nel parterre centrale. Si tratta di un centinaio e più di piante ad alto fusto, molti i bagolari con oltre 70 anni di vita. Una soluzione imbarazzante, che i professori sanno di difficile attuazione, gli abitanti potrebbero farsi sentire. Per ovviare, non è ben chiaro che cosa si propone, sembra di capire che per ora le cose debbano essere mantenute come sono, ossia il naviglio Vallone interrato, eccetto un breve tratto che non comporterebbe alcun abbattimento. Tuttavia, se si vuole raggiungere la navigabilità fino alla Darsena e da qui avere accesso alla Cerchia Interna, prima o poi il naviglio Vallone dovrà essere ricostruito e gli alberi tutti abbattuti.
Si elimina l’autobus…

FIG. 2 – L’apertura della Cerchia Interna avviene mantenendo due strade per lato e sopprimendo l’attuale corsia preferenziale per gli autobus. Qui la sezione dopo corso Venezia
…e le barche impiegano due ore e mezza
Riguardo la navigabilità, arriva forse il momento più deludente dello studio curato da docenti del Politecnico. C’è fra i professori chi sconsiglia espressamente di realizzarla (prof. Emilio Battisti). Troppo lunghi i tempi di percorrenza. Nulla che possa minimamente competere con i mezzi a motore. Nei tempi andati, da San Marco alla Darsena, con sei chiuse, il tempo necessario per i barconi era di quattro ore. Con la nuova apertura e le imbarcazioni a motore, la musica cambia un po’, si scende a due ore e mezza. Sempre troppe, anche perché le chiuse saranno portate a dieci. Per ognuna, occorrono soste di alcuni minuti, da quattro a tredici, a seconda. Mediamente, si garantisce, sono 4 minuti per chiusa, una previsione ottimistica. Totale previsto: due ore e mezza, appunto.
Va bene che i turisti hanno tempo da perdere, ma qui si tratta di compiere un mezzo giro del centro storico, da via Melchiorre Gioia alla Darsena e senza vedere le cose più belle di Milano. Con queste tempistiche, non saranno possibili più di cinque o sei “tour” al giorno. La sera non si viaggia in battello, sui corsi d’acqua non è consentito. E quale sarà il “battello” poi lo vedremo.
“Effetto canyon”

FIG. 3 – L’effetto “canyon” a causa del canale stretto: i passeggeri vedrebbero le mura del canale e solo la parte alta degli edifici. Illustrazione tratta dallo studio di fattibilità del Politecnico
Data la particolare strettezza del fossato in diversi punti del percorso d’acqua, il rischio è “l’effetto canyon”. Si spiega che cos’è. Agli auspicati turisti “in navigazione” sarà negata la possibilità di godere del paesaggio (Vedi FIG. 3). Non sarà come vederlo a piedi, in bicicletta o dai finestrini di un’auto. I turisti vedrebbero più che altro due sponde in muratura. L’effetto canyon è tuttavia negato da altri progettisti, i quali puntano a un tipico “battello olandese” adatto alla bisogna. In ogni caso, in base allo studio presentato dai professori (Vedi FIG. 7 in fondo), detto battello non sarà più largo di due metri e mezzo e non potrà trasportare più di trentasette passeggeri. Non sarà mai come un capiente vaporetto veneziano, come molti immaginano, e nemmeno come un “Bus City Sightseeing”.
Resta da chiarire che cosa si potrà ammirare da quella posizione, se non poco paesaggio storico di pregio, di scarso rilievo nazionale, nonché palazzi di fattura contemporanea piuttosto ben fatti, il cui valore artistico-monumentale è pari a zero. Assolutamente nulla che ricordi gli angoli dipinti nell’800 da Angelo Inganni (1807-1880), il bravo paesaggista bresciano. I milanesi devono sapere che, sempre a causa del canale ristretto, non solo non si potrà mettere in acqua più di un battello per volta, ma qualora desiderassero (se potranno, se autorizzati) percorrere il tratto con una barca normale, a remi o a motore, comunque non olandese, non vedranno che due mura ai lati.
Navigabilità, altri costi per ricostruirla e manutenerla: due navigli su tre non sono percorribili.
La navigabilità intera sarebbe molto complessa, tecnicamente, da realizzare. Testualmente: “Tutti i costi richiederanno disponibilità di bilancio permanente da parte degli Enti pubblici che avranno in carico l’infrastruttura” da manutenere e da gestire. “Va anche osservato che la navigabilità dei Navigli milanesi non è un requisito in grado di restituire a breve o medio termine la navigabilità del sistema complessivo dei Navigli lombardi, che è quanto lo studio di fattibilità si proporrebbe di ottenere (Emilio Battisti, 1.6.2.9)”. Difatti, sia il naviglio Martesana, sia il naviglio Pavese sono da tempo dichiarati canali non navigabili.

Ponte a raso sul Naviglio Pavese a Milano. La chiusa serviva a renderlo navigabile. Oggi, l’intero corso non è navigabile a causa di diversi ponti a raso e di 14 chiuse tutte completamente compromesse
Il naviglio Pavese non lo è più da almeno un secolo. E non è più percorribile. Ci sono da togliere ben sette ponti a raso dove passano le auto (vedi foto qui sopra) e ben quattordici chiuse sull’intero percorso: tutte dismesse. Non più attive da decenni. Né sono attivabili. Il sistema è completamente compromesso. Non funziona e occorre ben altro che delle riparazioni. Ma anche nel caso di una loro riattivazione futura, consentirebbero il passaggio solo a imbarcazioni piuttosto strette (sarebbero contenti canoisti e vogatori), le cui dimensioni sarebbero pari alla metà di quelle consentite nel naviglio Grande. Di quest’ultimo, poi, non va dimenticato che si ha a che fare con un pregevole manufatto medievale, di un certo valore storico, tenuto d’occhio dalla Soprintendenza. Infatti, deve ancora essere risolto il problema della devastazione prodotta dagli urti involontari della navigazione, di barche e battelli a motore, ai danni delle delicate sponde secolari, ripetutamente segnalato negli scorsi anni con la pur meritevole riscoperta turistica del naviglio tramite la messa in acqua di capienti bateau-mouche parigini, sponsorizzati dalla Elf.
Mancano stime sull’intera rete
Nel caso del naviglio Martesana, è fin troppo evidente lo scarso apporto d’acqua fornito dall’Adda. Il quale non è questo gran fiume, non è come il Ticino. Sfruttatissimo per l’irrigazione, l’acqua che il fiume porta alla Martesana non supera la spanna d’altezza. Per la stessa identica ragione, nel XVI secolo la sua navigabilità non fu garantita, occorse la costruzione di una delicata “rete” di rogge in grado di provvedere. Ma anche così, nel migliore dei casi, da Lecco a Milano erano necessarie quindici ore di navigazione. Da Trezzo dieci. Per risalire controcorrente, trainati da ben dodici cavalli, si arrivava addirittura a settanta ore, tre giorni. Non c’è da meravigliarsi se, nel 1958, la Martesana fu declassata da via di trasporto a canale irriguo, giacché le imbarcazioni a motore richiederebbero comunque molte ore. Senza contare che non ci sono approdi adatti.
Per la riapertura del condotto dalla Cassina de’ Pomm al Tumbun de San Marc, si propone l’impiego di acque di falda. Qualche perplessità sembra più che legittima, ma è un altro capitolo.
Ci vorranno molti altri anni e molti altri finanziamenti per risolvere il problema della navigazione totale. Alla somma preventivata di 406 milioni da destinare alla riapertura dei navigli, andrebbe quindi aggiunta una somma non certo inferiore per ripristinare interamente la navigazione dismessa al di fuori della Cerchia. Su questo specifico argomento, manca uno studio di fattibilità. Non si ha idea dei costi di realizzazione e manutenzione. Il rapporto costi-benefici nell’ipotizzata navigabilità completa è completamente assente dallo studio del Politecnico.
Scarso effetto sul paesaggio
Causa ristrettezza dei nuovi canali, gli edifici sulle due sponde si rifletteranno poco nell’acqua, non almeno con lo stesso effetto caratteristico oggi riscontrabile lungo i navigli. La ripresa della Milano “leonardesca” che aveva affascinato Stendhal, sarà limitata a un accenno. A una citazione della vecchia Milano. Non ci sarà uno sguardo redivivo sulla città classica. I professori lo dicono chiaro (Vedi FIG. 4). E se una delle due strade ai lati sarà ciclopedonale, l’altra sarà aperta alle auto. Unica limitazione, sarà istituire la “zona 30”, impone un max 30 Km/h. Non è previsto nemmeno l’inserimento di un solo albero lungo tutto il percorso: non ci sarà lo spazio.
Turismo e commercio: dove sono i ritorni economici?
In altro blocco, lo studio accenna agli effetti sul turismo. Altra cosa a interessare parecchio i milanesi. Purtroppo, arriva l’altra delusione “forte”. Con la riapertura, questi “ci saranno sicuramente – scrive di nuovo il prof. Battisti – ma in mancanza di solide evidenze non si è in grado di fornire alcuna stima attendibile. Gli studi esistenti non aiutano, perché sono sprovvisti di ogni giustificazione o utilizzano dati non corretti. Non saranno comunque a mio avviso effetti rilevantissimi, poiché il turismo milanese è in larghissima maggioranza un turismo d’affari, presumibilmente poco sensibile al tema dei Navigli.
Qualche effetto – continua lo studio – si potrà avere sulla spesa per bar-ristoranti già compresa nelle stime dei ritorni economici del sistema commerciale lungo i Navigli, e qualche ulteriore vantaggio potrebbe dipendere da una adeguata politica di marketing territoriale, a oggi non configurabile. In proposito c’è da osservare che il possibile sviluppo di bar e ristoranti lungo il nuovo tracciato potrebbe generare il tipo di disagi che già si manifestano lungo le tratte urbane esistenti, soprattutto a causa della vita notturna (Emilio Battisti, 1.6.2.6)”.
In realtà, si punta sull’aumento dei redditi a vantaggio di residenti e gruppi immobiliari. Gli architetti che hanno firmato lo studio di fattibilità scrivono espressamente che è da evitare l’estendersi, tramite i nuovi canali, all’intero centro storico dell’esperienza caotica e “ultracommerciale” fin qui avuta nell’area darsena-navigli. Non dovranno essere uno strumento di propagazione dello stesso modello e delle proteste dei cittadini che non riescono a dormire la notte, causa movida. Tuttavia, si ha l’impressione che la grande assente, in codesta auspicata riapertura (che poi riapertura, come si è visto, non è) sia proprio la cultura. Risulta carente la componente motivazionale per la crescita formativa ed educativa dell’intera città. L’appello alle immagini del passato è troppo poco. Qual è l’utilità reale?
“Introiti per 800 milioni”
Vediamo il piano immobiliare. E’ provato che gli appartamenti degli edifici affacciati direttamente sui navigli, complice il caos serale, perdono di valore, mentre lo acquistano quelli delle vie retrostanti. Quindi, è in quelle fasce che si eserciterà, a occhi chiusi, la pressione speculativa. La stima degli 800 milioni di introiti (o di 994 milioni, o di oltre un miliardo, i numeri abbondano), sbandierata dai sostenitori della “riapertura dei navigli”, parrebbe piuttosto pubblicità commerciale. Intanto, non si è mai capito chi dovrebbe intascare i suddetti introiti, se gli 800 milioni sono una tantum o all’anno. Se a vantaggio dei privati o del Comune o dello Stato sotto forma di tasse o altro, rimanendo la (costosa) manutenzione del sistema navigli in mani pubbliche. Manca un vero rapporto sul dare-avere.
La valorizzazione del territorio, anche delle parti degradate connesse al sistema dei navigli, resta una motivazione forte, unitamente a un non meglio identificato “beneficio collettivo” valutato dai professori 758 e rotti milioni (6.2.4). I quali ultimi, sembrano del tutto rientranti nelle redditizie partite commerciali abitualmente caratterizzanti le residenze in centro storico, quantificazione di un volume d’affari dovuto unicamente alla stima commerciale e immobiliare dei recenti manufatti edilizi esistenti sulla ex Cerchia Interna, quasi tutti privi di valore storico o di notevoli attributi estetici. Anche di fronte a queste cifre, però, si rimane perplessi: se è così conveniente, perché non sono banche, assicurazioni, commercianti, gruppi immobiliari, spesso proprietari di quegli immobili, a pagarsela, la riapertura? Qualcosa non quadra.
Parcheggi interrati
Il vero business, comprensibilmente, sarà legato ai parcheggi interrati. Una problematica importantissima, che però lo studio letteralmente non studia, lo salta, lo ignora. D’altra parte, se si vuole tornare a scoprire, nobilmente, il Tumbun de San Marc, il Ponte delle Gabelle e la Conca di Viarenna con il naviglio Vallone, che oggi di fatto sono dei grossi parcheggi per residenti, occorrerebbe quantomeno indicare dove collocare le auto, della movida e non. E dove, se non sotto terra? Con quali costi per residenti e fruitori? Tra l’altro, la realizzazione del bacino in San Marco (Vedi FIG. 5 e 6) sarebbe possibile solo demolendo un settore di un Autosilo presente. Non a caso i professori avvertono che dovrà essere l’Amministrazione comunale a trovare una soluzione (5.1.4.2 Via San Marco).

El Tumbun de San Marc. Le case presenti nella foto ci sono ancora tutte. Di fatto era una seconda darsena, più piccola. Sul fondo, l’incrocio tra le vie San Marco, Montebello e Balzan. Gli edifici avevano già allora l’accesso veicolare pedonale. Il problema: con l’eventuale riapertura dove mettere le auto parcheggiate? Unica soluzione: i parcheggi sotterranei. Vale anche per la Conca di Viarenna
Delle 400 pagine, nessuna è specifica su quale potrebbe essere il vantaggio economico per le casse pubbliche. Nessuna indica un introito fisso o permanente. Un pedaggio, come in antico, utile a ripianare i costi. Si parla solo di spese e, utilizzando parametri standard, di alti guadagni per i privati. Perfino di salari maggiorati. Non si osa accennare a un possibile aumento occupazionale, sconsideratamente dato per scontato dai media.
Appello ai presidenti delle Municipalità
Talune importanti attività economiche e commerciali, compreso bar chic e ristoranti di lusso, sono oggi già presenti e fiorenti nelle zone interessate. Non c’è alcun bisogno di allargarle. Da sottolineare, infatti, che la movida milanese già si svolge abbondantemente lungo o vicino il percorso della Cerchia Interna: Colonne di San Lorenzo, piazza Santo Stefano, San Babila, Brera, Porta Nuova, via Paolo Sarpi, Arco della Pace. Negli scorsi decenni viè stato un certo impegno nel tentare di riequilibrare la distribuzione del pubblico serale, decentrando cinema, discoteche, teatri e quant’altro. I presidenti delle altre otto Municipalità aprano bene gli occhi, la prospettiva di riempire di iniziative più o meno commerciali il centro storico a danno di tutte le altre fette di città è reale. Senza contare che le Municipalità hanno di frequente a che fare con il fenomeno dell’abbandono e del degrado degli antichi borghi collocati nelle periferie, veri e propri centri storici di grande valore storico e culturale, ancora collegati all’autentica città d’acqua creata dai monaci cistercensi e umiliati, eppure lasciati in penoso, progressivo degrado.
Rivalutazione di palazzi e negozi
La somma da stanziare per “riaprire” i navigli consisterebbe in circa 406 milioni di Euro. E’ parecchio denaro pubblico. Interamente destinato ad abbellire (con effetti discutibili) solo ed esclusivamente il già ricco e adorno centro storico milanese. E, guarda caso, la cifra di 800 milioni l’anno di guadagni, non si sa se per l’amministrazione pubblica o per i privati, rappresenta esattamente il doppio della spesa prevista. Come dire: 406 milioni sono parecchi, ma il guadagno è due volte tanto. Pura propaganda ingannevole, non c’è uno straccio di studio a confermare simili trionfalistici dati.
Rimane da chiedersi come mai, date simili premesse, alcuni valenti professori del Politecnico caldeggino la “riapertura” della Cerchia Interna.
C’è sì, certo, la speranza di vedere ulteriormente migliorata l’estetica del centro storico, la fruibilità dello stesso, la godibilità turistica. Una forma di tutela ambientale che porterebbe a un aumento della monumentalità già presente. Essa fu gravemente compromessa dalle incoscienti devastazioni del passato, come ha spiegato a suo tempo Antonio Cederna. Va però sottolineato che il centro storico è pur sempre una parte del territorio urbano certamente non degradato. Anzi, introno alle ex Cerchia Interna ci sono le vie più eleganti e ricche della città. Non hanno alcun stringente bisogno di miglioramento. Non rispetto a molti altri quartieri della fascia intermedia e periferica, sottoposti invece a un processo di vero e proprio abbrutimento.
Chi ci guadagna
Non manca il sogno del ritorno alla navigabilità interna, sebbene s’è visto con quali limitazioni e ipoteche. Tuttavia, le casse pubbliche dovrebbero erogare 406 milioni di Euro togliendoli alla soluzione di problemi ben più gravi della città, consentendo ai possessori di appartamenti e negozi nelle adiacenze della Cerchia Interna d’intascare una somma doppia senza rischiare, senza investire un solo Euro dei 406 milioni.
Conclusione: recuperare il paesaggio in degrado
Ai milanesi bisognerebbe porre un altro quesito. “Preferisci che i 406 milioni siano destinati al recupero delle periferie e delle aree coltivabili, al sistema delle rogge e dei fontanili esistenti, o preferisci destinarli al solo centro storico con la riapertura la Cerchia Interna”? I navigli hanno in Milano solo una parte minima della loro estensione. Essi sono elementi territoriali costitutivi la storia passata, presente e futura della città intera, estesa da Baggio a Niguarda, da Chiaravalle a Trenno. Sono inseriti in un sistema territoriale vasto, complesso e non frammentabile senza snaturarlo. Riaprire i navigli senza tener conto del degrado esistente nell’ancora attivo sistema agricolo, paesaggistico, ambientale che su essi ancora converge, è semplicemente insostenibile.
Storia e bellezza autentiche della città, gli angoli rimasti pittoreschi, sono nelle zone periferiche. Segnatamente nella componente prettamente milanese del Parco Sud. Qui ancora si conserva un paesaggio autentico, naturale, unico, dove c’è o può esserci dell’agricoltura di qualità. Dove gli antichi borghi, ancora attraversati da rogge e fontanili, sono ancora vivi, quando non stoltamente lasciati in rovina. La vera città d’acqua è questa. Lasciarla andare alla malora quando è ancora attiva, in favore di una “riscoperta” dei navigli chiusi, ormai privi di funzione e senza che vi sia la necessità, è una scelta destinata a pesare parecchio nel futuro della città.
Proposta sostitutiva: l’anello dei borghi

FIG. 7 – La larghezza minima prevista per i battelli turistici non scende sotto i 2,5 metri. In alcuni punti, il canale redivivo si restringerà a m. 4,70, rendendo impossibile il doppio senso di marcia. Notare i sedili del battello: per ottenere più spazio, i passeggeri saranno seduti in doppia fila faccia a faccia.
Nelle aree di periferia è possibile creare un ecoturismo urbano che potrebbe suscitare ammirazione e prestigio. La sola Chiaravalle, per esempio, o l’abbazia di Garegnano, valgono artisticamente la metà dell’intero centro storico. Borghi come Ronchetto delle Rane, Muggiano, Macconago, conservano perfino quasi intatto l’ambiente naturale. Ma sono lasciati all’incuria, se non al degrado, per pura ignoranza degli amministratori che non sanno valorizzare emergenze simili. Gli investimenti pubblici, che portino sano loisir e lavoro, devono essere fatti qui, non dove la città ha meno problemi e fa pagare 10 Euro per una birra. Solo perché ci vive la minoranza privilegiata.
(4362.9.8- 5255.12.12.17-6795.09.12.18)
AUTORE DELL’ARTICOLO: ROBERTO SCHENA
Ero un convinto sostenitore di questa idea, convinto dal messaggio che era passato, cioè che Milano potesse riappropriarsi del suo passato almeno per quanto riguardava la parte del centro storico all’interno della cerchia. Leggendo questa relazione “tecnica” mi è parso meno “romantico” il risultato che potrebbe scaturire da un’opera colossale come questa. Mi è sorto un dubbio scaturito dal risultato ottenuto dalla risistemazione della Darsena, praticamente la “riapertura” sarebbe un colossale giocattolo da fare distruggere agli avventori della movida milanese. Immagino già leggendo la relazione, quale rientro economico potrebbe avere se non quello di fare arricchire la lobby dei pubblici esercizi a discapito della vivibilità della città da parte dei cittadini residenti e non. Ne abbiamo abbastanza delle porcherie che hanno fatto consegnando intere zone cittadini a scalmanati avventori in barba al riposo e ai diritti dei cittadini.
Infatti, non è un’operazione di ripristino, come molti credono
Sono sempre stata convinta che la riapertura non fosse una brillante idea. Spero che come questo rapporto riesca a sensibilizzare a riguardo quante più persone
[…] L’articolo di Roberto Schena pubblicato da Il Cielo Su Milano dice le cose definitive su un progetto presuntuoso, pretestoso, costoso e inutile. […]
Beh almeno con l’effetto canyon i turisti in barchetta non vedranno lo schifo delle case luride di scritte spray presente per due metri su moltissime facciate…
Se altre grandi città (vedi Barcellona) non avessero accolto un cambiamento urbano radicale, continuerebbero a restare ferme come lo è Milano da decenni. Ho letto l’articolo ma ogni dubbio non è sufficiente a soffocare il progetto.
Accidenti, stai palando della città italiana che ha subito più cambiamenti e rivolgimenti di qualsiasi altra. Ma questo dei navigli non è un cambiamento urbano radicale, è l’ennesima sistemazione del centro storico a uso turistico. E Milano non è affatto così “ferma”, pensa solo all’Expo, lo è nelle periferie, ahinoi.
Lei ha ragione. Milano è cambiata ed è quella che cambia di più in Italia.
Il problema è che nei decenni è cambiata in peggio.
Sempre che si voglia forzatamente considerare le nuove torri un miglioramento. Altrimenti la cosa è ulteriormente aggravata.
La riapertura ( o come si vuol chiamare) dei navigli sarebbe un abbellimento e miglioramento necessario.
Alla considerazione ( giusta per carità) che bisognerebbe indirizzare le risorse dove serve rispondo con una domanda: credete veramente ad una riqualificazione delle periferie e realizzazione di progetti alternativi se non verranno fatti i navigli ? Io la risposta la so già. Anche perchè servirebbero, a spanne , risorse 10 volte superiori per sistemare mezza città degradata e spopolata o violentata dai clandestini, o dai milanese stessi.
L’intera Milano si può “abbellire” moltissimo con un decimo di quella spesa.
Buongiorno, non discuto del progetto riguardante la riapertura interna, in quanto non sono informato al 100%, ma mi preme correggerla per quanto riguarda il Naviglio Pavese, oggetto della mia tesi di laurea magistrale e progetto di lavoro.
1) l’ultimo barcone ci ha navigato nel 1965 e solamente nel 1978 è stato declassato a canale irriguo, con la legge n.450 .
2) quello in fotografia non è un ponte a raso, barche e canoe, nel corso dell’inaugurazione della Conchetta, ci sono già passate al di sotto. I ponti a raso sono: 1 a Rozzano, 1 a Badile, 1 a giussago e 4 a Pavia.
3) Non è vero che potranno navigare solo canoisti, a Rozzano durante una manifestazione avvenuta questo aprile, è stata organizzata un’attività sperimentale di navigazione con guida dalla conca di Rozzano a quella di Moirago, a bordo di un Taxi Veneziano, il “Corsaro dei Navigli” che opera anche in Darsena.
4) E’ vero che vi opera la soprintendenza, ma c’è un progetto in atto per renderlo nuovamente navigabile, con costi stimati intorno ai 30 milioni, per ristrutturazione conche, rifacimento ponti a raso e manutenzione argini e canale.
Gentile Federico,
La ringrazio per il Suo commento. Ecco la mia replica.
1) La didascalia della foto afferma giustamente che quello è un ponte e raso, s’informi. La prego comunque di farmi pervenire alcune immagini dei ponti a raso da Lei menzionati, in modo che possa pubblicarle e tutti possano rendersi conto.
2) Le informazioni di base che ho fornito sono corrette: il canale è stato declassato e ormai da molto tempo non è più navigato. Circa le date della cessazione dipende dalle fonti, non escludo che le Sue siano più esatte, per cui sono disposto a correggere l’articolo qualora mi facesse pervenire un maggiore riscontro, a beneficio della pignoleria scientifica.
3) Non ho scritto che nel Pavese potrebbero navigare solo i canoisti, ma testulamente: “consentirebbero il passaggio solo a imbarcazioni piuttosto strette (sarebbero contenti canoisti e vogatori)”, quindi anche i motoscafi possono passare, ma d’altra parte i transiti di taxi, veneziani o no, non muterebbero la sostanza del ragionamento: quel canale è troppo stretto per una navigazione turistica non elitaria. E si presta poco o nulla all’ammirazione del paesaggio, avendo pareti troppo alte.
4) Lei poi sa bene che i progetti partono sempre da cifre minime per poi raggiungere una somma tre o quattro volte superiori. Ma io Le chiedo: abbiamo 30 milioni da spendere per far navigare dei motoscafi veneziani sul naviglio Pavese? Le sembra ci sia un senso in un simile progetto?
Il link corretto con i documenti.
http://www.comune.milano.it/wps/portal/ist/it/servizi/territorio/riapertura_navigli
Per non parlare dei problemi dei sottoservizi presenti. Acqua Potabile, Gas, Energia Elettrica, Fognatura e Telefonia. Non è uno scherzo, ma soprattutto i problemi per gli attuali Passi Carrai.
“attirare i milioni di turisti interessati alla “città d’acqua”
Milano non vuole attirare milioni di turisti (quelli li lasciamo alle citta’ d’arte) , vuole attirare turisti di qualità’, che spendono molto 🙂
“…poiché il turismo milanese è in larghissima maggioranza un turismo d’affari, presumibilmente poco sensibile al tema dei Navigli”
le cose stiano cambiando, e i turisti di Milano non sONO più’ solo uomini d’affari (che comunque vanno al ristorante e nei vari locali offerti dal panorama Milanese). Qui un esempio: http://duomo24.it/2018/07/14/turismo-a-milano-luglio-2018-appassionati-arte/
Ha ragione quando scrive che fuori Milano ci sono dei gioielli e il progetto “l’anello dei borghi” e’ interessante. Ma se il tutto non e’ collegato con Milano, poche persone potranno scoprire le bellezze di quei luoghi. Quanti Milanesi hanno mai visto l’abbazia di Garegnano?
Come in ogni progetto, per la riapertura dei navigli ci sono molte incognite e anche molti problemi da risolvere, ma il progetto va visto nel suo insieme. “Rimane da chiedersi come mai, date simili premesse, valenti professori del Politecnico caldeggino la “riapertura” della Cerchia Interna” Forse perché vedono più “lontano”?
Ma infatti vorrei vedere più vicino, non così lontano, che mi sa di truffa ideologica. Un progetto per salvare la città d’acqua in progressivo degrado non c’è, in ballo ci sono solo dei canali di cemento forse belli ma del tutto inutili, i turisti sarebbero molto più contenti se visitassero la città d’acqua nel suo complesso che, le assicuro è molto più vasta e affascinante anche perché lei non sa che almeno è AUTENTICA. Per favore si guardi gli articoli che pubblico in questo sito sui borghi milanesi, dopo ne riparliamo.
Che i canali siano “del tutto inutili” e’ una sua idea, che non coincide con quella degli esperti del politecnico. Che sia la sua la truffa ideologica?
“i turisti sarebbero molto più contenti se visitassero la città d’acqua nel suo complesso” sono d’accordo con Lei, ma deve collegarli con la realtà’ milanese, altrimenti sono oasi irraggiungibili.
“anche perché lei non sa che almeno è AUTENTICA.” Scusi perché’ io non dovrei sapere? A proposito di “autenticità'”, anche il Castello Sforzesco e’ stato ricostruito, come altri edifici a Milano, e allora?
Se vuole vedere un esempio di canali interni a una città’, utilizzati a scopo turistico si faccia un giro (virtuale) a San Antonio: https://www.thesanantonioriverwalk.com/. Qui un canale con poco meno di cent’anni e’ l’attrazione maggiore della città. Ovviamente per i nostri navigli, c’e’ bisogno di un investimento iniziale, ma la stima della cifra di 800 milioni non e’ cosi’ lontana dal vero.
Guardi che a proporre la riapertura non sono io ma la giunta milanese con due docenti a cui si oppongono altri docenti dello stesso Politecnico, quindi io non truffo nessuno, semmai mi oppongo a buon diritto a un’idea dispendiosa. E inutile. La invito di nuovo a leggere gli altri articoli sui borghi milanesi in questo stesso sito, altrimenti non capiamo di che cosa si sta parlando. La città d’acqua dei borghi e dei fontanili e delle marcite e delle rogge è unica al mondo, lei non ne sa nulla, non ha alcun bisogno della riapertura di una cerchia interna, la cui funzione è morta da decenni, semmai assorbirebbe molte energie e molto denaro mentre l’intero patrimonio AUTENTICO della città d’acqua sta cadendo a pezzi. Non c’è alcun progetto di recupero a riguardo, solo vaghe idee e molto disintersse. Abbiamo a che fare con una grossa truffa ideologica che serve solo a speculare sul centro storico. Non mi prenda per fesso. Per favore, si legga gli articoli sui borghi milanesi contenuti in questo sito, quando lo avrà fatto ne riparleremo. Altre polemiche campate per aria non le accetto.
Io so solo che vivo in una città che ancora oggi dai turisti e dagli stessi Milanesi.viene considerata solo da piazza San Babila (quadrilatero compreso) a piazza castello.. quando vedo un turista tracimare oltre l’arco Sempione quasi mi commuovo… Abbiamo trovato parchi cittadini (enormi) più altri parchi/ giardini realizzati recentemente (basti pensare a porta nuova o CITYLIFE) E devo sentirmi dire dai miei amici romani che a Milano c’è un parchetto risicato (quello sempione) indegno di una città che vuole essere metropoli .. quando gli faccio notare che a Milano c’è anche trenno/boscoincittà/parco Delle cave/ parco nord mi guardano tra lo stupito e l’incredulo.. perché non sono in centro , è nemmeno i milanesi ci vanno tranne gli abitanti dei rispettivi quartieri / borghi che lambiscono.. c’è qualcosa di profondamente sbagliato a Milano … E avere la Martesana e la darsena non basta perché il turista (d’affari o di massa che sia)È non ci va, non sa.cosa sia, perché sono fuori dalla Milano che tutti vogliono: le boutique, il duomo, il castello, l’arco, al massimo il cenacolo (che già per il turista.medio sta quasi in un’altra città)… Questo perché fuori dal centro storico Milano e.frammentata , piena di palazzacci anche all’interno dei bastioni.. perché ci sono tante, troppe zone residenziali con palazzi magari bellissimi (basti pensare a zona Magenta/fiera/Sempione/porta Romana /maggiolina, ma che non offrono niente : cioè non offrono quello che la gente (italiani compresi) si aspettano da Milano: movida, negozi di moda, ristoranti, angoli pittoreschi… Vagli a spiegare che ci sono palazzi in xx.settembre, via Ariosto, via cappuccini, Francesco sforza o dietro la statale che manco a Parigi li trovi… Spiegarglielo voi… Il fascino della austera eleganza della Milano di fine Ottocento! Dei cortili interni di via circo o via cappuccio, di via Ariosto o di Matteo brandello! Al turista non frega niente, italiano, americano o romano che sia!! Aprire i Navigli interni? Sì, quelli sarebbero visti da tutti e sarebbero un veicolo per portare milioni di “pitechi” fuori dalle cosiddette “tourist traps” di Piazza duomo, via Dante e adiacenze ! Ci rifletta ! Saluti
Scusa Simone ma l’hai letto l’articolo? Mi sa di no, infatti non entri nel merito. Leggilo perché non ne esce un quadro interessante per i turisti, se invece fosse sarei il primo a dire di sì. E comunque già oggi la darsena è stra-frequentata dai turisti, da lì si dipartono ben due navigli, ma non mi risulta che attraggano frotte di vacanzieri.
Grazie Roberto, un po’ di chiarezza finalmente..