“STORIE D’ACQUA”, di G. Pagani: rive milanesi degne dell’Unesco
autodidatta geniale
Gabriele Pagani è uno dei maggiori ricercatori di storia milanese e insubre, con una predilezione particolare per il sistema della acque irrigue. I suoi articoli e i suoi libri sono sempre il frutto di impegnative ricerche negli archivi storici, da cui escono spesso notizie di straordinario interesse.
L’ultimo lavoro di Pagani s’intitola Storie d’acqua. E’ la narrazione di tutti i più importanti corsi artificiali milanesi, insubri (quel territorio compreso grossomodo fra il Ticino e l’Adda) e varie aree lombarde. Meriterebbero di essere presi in considerazione da parte dell’Unesco perché rappresentano una rete di manufatti in pianura unico al mondo. Essi hanno determinato una civiltà affatto singolare, di grande valore economico ed estetico, di cui ancora oggi godiamo i frutti grazie ai borghi sopravvissuti, ancorché trascurati.
Storie d’acqua è un libro che chiunque può leggere, non fosse che per le decine di illustrazioni d’epoca ivi contenute. Si può dire mediamente una per pagina, fra fotografie e vecchie mappe, ognuna delle quali rappresenta, appunto, una storia sempre ricca da raccontare. E’ fondamentale per comprendere il territorio in cui viviamo, di cui si è persa la nozione formativa. Quando si parla di Milano città d’acqua, sono mostrate le fotografie d’epoca e i dipinti dei navigli. In realtà, l’area milanese-insubre è una imponente civiltà dell’acqua che nulla ha da invidiare al Nilo e all’Eufrate, e di cui i tre tanto nominati navigli, Grande, Pavese e Martesana, con la Cerchia Interna, costituiscono solo una piccola parte. Ai 180 chilometri fra navigli e canali vari, vanno aggiunti centinaia e centinaia di chilometri fra rogge e fontanili dispersi nei campi. E sono tutte zone altamente ciclabili.
I FONTANILI, FIUMI INVENTATI
Il fontanile, in particolare, pare essere un’antichissima tecnica tipicamente milanese. Pagani si pone di problema di definirne la natura: che cosa sono i fontanili? Perché sono così importanti? La risposta è semplice: sono fiumi. La differenza è che invece di avere la fonte fra i monti, ce l’ha in pianura e si chiama risorgiva. E l’alveo è sempre una costruzione umana. “Fiumi inventati”, li definisce l’Autore di Storie d’acqua.
I fontanili, un tempo erano enormi, lunghissimi, spesso navigabili. Il fiume di Milano era un fontanile. Il Nirone, o Nerone, il cui nome rivela già un collegamento con l’età romana, fu forse il più importante. La sua nascita risale con tutta probabilità in era celtica. Lo suggeriscono i ritrovamenti di una vicina necropoli, nell’area del piazzale del cimitero Maggiore, segno che il luogo dovette essere affollato già allora. Il Nirone, o Nerone, non è certo l’unico fiume nato in pianura. Pagani trova la bellissima grafica del fiume-fontanile risalente al 1762, dove sono indicate con precisione le teste contenenti le risorgive d’inizio, in quel di Baranzate. Il percorso prosegue per Roserio, Musocco, Quarto Oggiaro, Garegnano, Cagnola, Villapizzone, indi castello Sforzesco.
Insomma, la civiltà dei borghi milanesi.
Durante il viaggio in quella che dovette essere un magnifico territorio di freschissime acque e verdissimi prati, di filari di alberi e di borghi medievali, riceveva il contenuto di altri fontanili scavati nell’area, partiti da altre cascine e villaggi. Il Nirone confluiva, insieme al Seveso e alla Vepra, o Vetra, nella Vettabbia, che con tutto questo apporto doveva essere un altro corso navigabile. Oggi purtroppo lambisce Chiaravalle, il luogo di “partenza” della tecnologia dei fontanili, in condizioni malandate. E la Vepra era, a sua volta, un canale che prendeva le acque dall’Olona, entrava a Milano, confluiva in piazza Vetra dove formava un porto (la darsena di allora) fondamentale per la capitale dell’impero d’Occidente (dal 286 al 402), poi distrutto dai Goti nel VI secolo.
acqua, stupore del mondo
Siamo in un’epoca in cui la portata d’acqua dei fiumi e dei canali era ben superiore all’attuale, avverte Pagano. Quando nel 1887 il più importante scrittore agronomo inglese, Arthur Young visitò l’area milanese, nel sui Travel during years 1787, così si esprime: “… questo sistema irriguo è il più grande utilizzo delle acque mai avvenuto al mondo”. Ne erano già convinti il poeta Francesco Petrarca, che soggiornò a Milano per otto anni, dal 1353 al 1361, e lo scrittore francese Stendhal (1816-1821), che conosceva bene anche la zona di Garegnano con la Certosa. Molti altri stranieri esperti di agronomia si sono espressi in termini di meraviglia.
L’inventore della geometria descrittiva e ministro della Marina di Napoleone, il matematico Gaspard Monge, al seguito del Generale in Italia, così commentò la perfetta geometria dei campi: “Per tutto il viaggio, abbiamo potuto ammirare con quanta straordinaria ingegnosità i lombardi abbiano saputo utilizzare i corsi dei fiumi che scendono dalle Alpi per irrigare e rendere fertile questa vasta pianura, che altrimenti sarebbe stata del tutto simile alle aride lande di Bordeaux; l’intero territorio è attraversato da una fitta rete di canali che distribuiscono l’acqua nelle più svariate direzioni e a differenti distanze. Sembra che in questa regione ci si occupi d’irrigazione da tempo immemorabile; del resto, le opere realizzate sono incredibili”.
operazione unesco
Un mondo che in questi ultimi decenni è stato in buona parte distrutto e abbandonato, ma che non si è ancora perso e va urgentemente salvaguardato, a ogni costo. Quale ambiente unico di pianura, sarebbe interessante seguire l’iter della proposta di dichiarare patrimonio UNESCO l’intera rete irrigua, navigli compresi, o parti rilevanti si essa. Se ne sta occupando l’Associazione nazionale consorzio gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue, seguita dalla Regione Lombardia. Gabriele Pagani è convinto che sia indispensabile una migliore conoscenza dei fontanili, per poter capire le ragioni profonde, strutturali, della ricchezza della Lombardia in epoca preindustriale.
Il fontanile e la marcita sono i veri elementi rivoluzionari del territorio, capaci di determinare la fortuna della città nei secoli. Perché, come si sa, il fontanile consente le marcite, ossia la coltivazione dell’erba anche nei mesi freddi. Quindi più allevamenti, più villaggi e borghi produttivi, più organizzazione sociale, più ricchezza.
fiumi che straripano da sempre
Ancora in epoca romana, il Seveso fu deviato verso Milano. La città già allora era importante, ma priva di un grande fiume capace di facilitare i trasporti di merci e soldati. Oggi è quasi interamente interrato e alimenta, purtroppo, la fogna della metropoli, non senza causare parecchie alluvioni nel Nord della città, zona Niguarda, a causa dell’incontrollata speculazione edilizia. Questa ha consentito di costruire decine di palazzi nell’alveo di un corso d’acqua noto fin dai tempi più antichi per il suo puntuale straripamento, che allora era benefico, nelle campagne durante le stagioni delle piogge. Come il maleodorante Lambro, divenuto l’ennesimo fiume-fogna: oggi come ieri esce volentieri dal suo alveo, basta che piova per un po’.
Anche il Lambro Meridionale, che oggi raccoglie (all’altezza di piazza Napoli) le acque del maleodorante Olona, aveva le sue antiche origini in una serie di fontanili nel Sud di Milano. Una storia molto tormentata, del tutto analoga analoga a quella degli altri corsi milanesi. Sono tutti fiumi che percorrono una pianura già fortemente acquitrinosa di per sé, basta un po’ di maltempo per riempire i loro letti e provocare esondazioni, ma nelle amministrazioni comunali si è preferito dimenticarlo.
La Vettabbia e il Ticinello sono invece due piccoli canali tutt’oggi molto importanti per l’agricoltura milanese di periferia. Essi mantengono un paesaggio originale altrimenti destinato al degrado. Formano due grandi parchi speciali all’interno del Parco Agricolo Sud Milano.
il camparo (el campé)
Figura fondamentale per il governo delle acque e della loro distribuzione minuziosa sul territorio era il camparo, “el campé”, in dialetto. Si aggirava con una pala dal lungo manico tra i campi ad alzare e abbassare argini di terra o chiuse, seguendo una precisa tabella oraria. Scopriva eventuali abusi sgridava chi gli sembrava stessero per commetterli. Pagani rivela che al suo compito sovrintendevano due magistrati, a cui il camparo si rivolgeva per le contese più difficili da districare.
Cerchia interna sparita e navigli mai fatti
Pagani non manca di occuparsi dettagliatamente dei navigli milanesi, compresa la Cerchia Interna coperta nel 1929. Da 50 anni si parla riaprire quest’ultima, ora il progetto predisposto da alcuni docenti del Politecnico ci sarebbe anche, ma è chiaro che non sarà quella di prima, bensì un manufatto del tutto diverso. Il sistema dei navigli descritti da Pagani è forse la parte meno originale del libro, né poteva essere diversamente, visto che si sa già tutto sul loro conto.
Decisamente originale è invece il capitolo conclusivo I Navigli dell’Antico Stato di Milano, dove sono descritti unicamente quelli progettati e mai nati, compreso la fase in cui il ducato di Milano godette della massima espansione. Durante i primi anni del Quattrocento, il ducato arrivò a comprendere Bologna, Pisa, Siena, Perugia e perfino Assisi. L’elenco dei navigli progettati e mai realizzati è abbastanza lungo. E’ però del tutto sconosciuto, noti forse solo agli specialisti di archivistica, come Pagani, appunto, però mai oggetto di divulgazione. Storie d’acqua di Gabriele Pagani conclude con un appendice dove si fanno conoscere le acque termali di Milano. Il libro lo trovate QUI.
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