Milano, la Certosa di Garegnano

Garegnano, la Certosa – I parte “FRA DOLCI E LIMPIDE ACQUE”

LE ULTIME RICERCHE SULLA CERTOSA

L’ultimo libro-guida pubblicato sulla Certosa di Garegnano, apre uno sguardo importante su un luogo complesso. La fascia urbana è quella della periferia milanese con i suoi borghi. Qui siamo nell’ex comune di Garegnano, poi inglobato in Musocco. Il libro, ricco di novità e aggiornamenti, è di Roberto Gariboldi, titolo: “La Certosa di Milano in Garegnano“, 160 pagine di ricerca da lui personalmente condotta in anni, frequentando gli archivi. La Certosa di Milano, nell’antico borgo di Garegnano, è una delle decine costruite in Europa. Contiene tra affreschi e quadri un centinaio di opere, vero museo d’arte poco conosciuto, nonostante sia uno dei più significativi della città.

La navata, il soffitto e l’abside interamente riempiti da decine di affreschi. Autori: Daniele Crespi e Simone Peterzano (XVI e XVII sec.). Ecco perché la Certosa di Garegnano è definita “la cappella sistina di Milano” (VEDI QUI LO SPLENDIDO TOUR VIRTUALE)

I cittadini milanesi, peraltro, per la grande maggioranza, non sanno nemmeno che “viale Certosa”, il boulevard alberato a sei corsie che porta al Cimitero Maggiore, nella zona di Musocco, si riferisce proprio a questo  monumento, un tempo molto più esteso di quanto appaia oggi. La Certosa di Milano è collocata in una strada a parte, denominata via Garegnano, dal nome del borgo antico dove era situata. Qui, come spiega Gariboldi, lavorarono tra i maggiori artisti lombardi; qui vennero in visita Francesco Petrarca, San Carlo Borromeo (che vi si ritirava spesso), Filippo IV di Spagna (il re il cui impero non vedeva mai il tramonto del sole, come disse il bisnonno, Carlo V), scrittori come Stendhal e Lord Byron.

Partiamo da un presupposto: le certose sono probabilmente i monasteri più belli, più grandi ed eleganti mai realizzati. Pura architettura divina. Essi sono tra gli ambienti religiosi più intensi e interessanti esistenti al mondo. Qualcuno è anche classificato negli elenchi dell’Unesco come patrimonio dell’umanità.  Le certose in Italia arrivarono a 45 fondazioni, per alcune di queste non rimane traccia (per esempio a Mantova). Altre sono ruderi, musei, o abitate da altri ordini religiosi. Ancora con monaci certosini sono esistenti a Serra San Bruno in Calabria e a Farneta nei pressi di Lucca (maschili), a Dego in Liguria (femminile). Erano una più bella dell’altra. Altre decine erano sparse in Europa e per il mondo. Nel nostro continente, una quarantina è stata chiusa d’autorità (vedremo perché) nei secoli passati. In Lombardia, la più celebre è a Pavia, un sito magnifico.

Giovanni Visconti, vescovo e duca di Milano

La Certosa di Milano, oggi, non è così famosa, la maggioranza dei milanesi non sa nemmeno che esista, ma è preziosa lo stesso, splendida ugualmente. Resta una delle più belle chiese di Milano. Purtroppo, ebbe un destino sfortunato. Il libro di Gariboldi spiega come fu costruita nel XIV secolo in zona decisamente fertile, in parte già antropizzata.  Si conoscono perfino i nomi dei fontanili (oggi scomparsi sotto le case) compresi nei terreni donati per costruirla: Monteretto, della Fontana, Quartanasca, Roncavazzo, Prato Poreto e del Bosco. Probabilmente confluivano gli uni negli altri e questi a loro volta nel Nirone, un fontanile-fiume già noto in epoca romana, poco distante. Donatore dei terreni:  Giovanni Visconti (1290-1354), vescovo e al tempo stesso signore di Milano. Un personaggio straordinario della storia medievale, sotto il quale il ducato di Milano raggiunse la massima espansione territoriale, arrivando a includere addirittura Bologna e perfino la Repubblica marinara di Genova.

petrarca: “Tra dolci e limpide acque”

Giovanni Visconti chiamò alla sua corte il più importante letterato del secolo, Francesco Petrarca (1304-1375). Era il maggiore poeta e intellettuale del suo tempo. Gli affida soprattutto delicate missioni all’estero.  Si inaugurò così la serie di “inviti” umanistici ad alto livello. Nel secolo successivo avrebbe portato a Milano cervelli dal grosso calibro, come Bramante e Leonardo da Vinci.  La loro opera stava cambiando radicalmente il volto alla città e al Ducato. Furono bloccati dall’invasione francese e dalla conseguente sconfitta degli Sforza. Giovanni Visconti inaugurò e promosse anche una serie di varie costruzioni che avrebbero condotto, 11 anni dopo la sua morte, alla costruzione del duomo, avviata dal nipote di suo fratello Stefano, Gian Galeazzo Visconti (1351-1402),  primo Duca di Milano.

Gariboldi spiega che la Certosa della città è giusto fra le varie costruzioni avviate da Giovanni Visconti, il quale regalò, ai monaci certosini, terreni di proprietà famigliari. La donazione avvenne il 19 settembre 1349, per cui ci avviamo verso il settimo secolo di vita.

La fiancata conserva ancora l’aspetto originale del XIV sec.

Tocca proprio a Petrarca, giunto a Milano nel 1353, vedere la chiesa nelle fasi iniziali della costruzione, interamente in mattoni.  L’ambiente lo convince,  Garegnano, in una lettera del 1357, è descritta “circondata da ogni parte da fonti (…) dolci e limpide e tuttavia soavemente intersecantesi e fluenti”,  sembra di leggere una mappa del futuro catasto teresiano disegnata per quella zona, precisamente riguardante il fiume-fontanile Nirone, (Gariboldi riposta il passo per intero) con “pesci dalle fonti, gli anatroccoli delle rive, gli uccelli dei nidi, i leprotti, i caprioli, i cinghialini”, esattamente l’habitat del tempo intorno a Milano. E della della cascina Linterno, situata a un’ora di cammino da Garegnano. Qui  la tradizione vuole che Petrarca abbia abitato per qualche estate. La Linterno, nome che lo stesso Poeta avrebbe dato alla cascina, esiste ancora oggi, restaurata; è nell’antico Comune di Sella Nuova, vicino a Quarto Cagnino, fra i molti  borghi dell’Ovest milanese poi assorbiti da Baggio. Sono zone dove le tracce di fontanili sono marcatamente presenti.

il priorato di stefano maconi

L’ultimo decennio del XIV secolo fu caratterizzato dalla presenza nella Certosa di Milano di  Stefano Maconi (1347-1424), autentico personaggio dell’epoca.   Il suo priorato durò otto anni, dal 1390 al 1398. Prima di lui vi era stata una decina di altri priori. Era uno dei due segretari di Santa Caterina da Siena. In tempi recenti, quest’ultima è stata nominata dottore della Chiesa e patrona d’Italia insieme a San Francesco, compatrona d’Europa. Ma nel XIV secolo, senza essere tutto questo, era venerata comunque come grandissima santa già da quando era ancora in vita. Gariboldi ricorda che Caterina possiede una spiritualità fortissima, incanta i contemporanei. Maconi ha giusto il compito di starle vicino per trascrivere tutto quello che le passava per la testa, compreso le lettere inviate ad Avignone per convincere il Papa a tornare a Roma. A lui si deve, di fatto, la costruzione anche della seconda e ben più nota Certosa, quella di Pavia.  Di questo rapporto fra il primo priore e la santa di Siena, c’è un segno nell’affresco quattrocentesco della Sacrestia. La santa appare insieme a san Benedetto e san Bernardo.

La Certosa di Pavia, un capolavoro

Maconi è un monaco molto “a la page”, già in odore di santità in vita anche lui.  Gian Galeazzo Visconti nel 1389 fa di tutto per averlo a corte ed effettivamente lo convince, per poi affidargli la costruzione delle nuova Certosa di Garegnano. Motivo: non aveva tempo di pregare, i monaci l’avrebbero fatto per lui. Sia lui, sia la moglie, la cugina Caterina Visconti, ne diventano eccellenti amici. La Duchessa, che ha difficoltà ad avere figli, su consiglio di Maconi esprime un voto: costruire una seconda Certosa a Pavia qualora avesse superato con successo la gravidanza. E così avvenne nel 1396. A buon titolo si può sostenere, quindi, che la splendida Certosa di Pavia è figlia di quella milanese, non sarebbe mai esistita senza la seconda. Va detto, peraltro, che fra le due Certose, quella riflettente meglio lo spirito dei monaci del relativo Ordine di San Bruno, è proprio la chiesa milanese perché improntata a una maggiore sobrietà, meno sontuosa e artisticamente impegnata.

Colpo grosso alla Certosa

Nel XV secolo, la Certosa consolidò la propria posizione finanziaria con l’acquisizione e le donazioni di terreni, casate dei Visconti e degli Sforza impegnate per prime. C’è solo un unico punto nero: le ricerche in archivio condotte da Roberlo Gariboldi scoprono che nella primavera del 1449 fu saccheggiata dai banditi. Probilmente, sono gli stessi del temutissimo vicino grande bosco della Merlata. Quest’ultimo si estendeva selvaggio tra nebbie e paludi da Garegnano a Musocco, Pero e Rho. Decisamente era meglio non entrarvi e nemmeno avvicinarsi. Le bande erano composte da diverse decine di persone, qualcuna raggiunse il centinaio di uomini, in genere sottoposti a uno o due capi, nessuno dei quali ricordava veramente un Robin Hood. Ogni tanto sortivano dal bosco per rapinare i viandanti, talvolta uccidendoli; si sa di due frati uccisi per carpire loro le elemosine, assumere i loro panni e continuare la questua che, ovviamente, intascavano.

Dopo il medioevo, i borromeo e il peterzano

Simone Peterzano, pittore, maestro di Caravaggio

Dalla seconda metà del XVI secolo alla seconda del secolo successivo, inizia la trasformazione della Certosa. Architetto è Vincenzo Seregni (1504 o 9-1594).   Il Seregni era già noto per essere stato architetto-ingegnere del duomo, autore  (tra molte altre cose) del Palazzo dei Giureconsulti in piazza Mercanti e di San Vittore al Corpo. La sua vita lunghissima, morì 90enne, occupa l’intero arco del 1500 tra rinascimento a manierismo. E nella Certosa le tracce di tali stili si notano bene: nel 1574 Seregni lavorò al “cortile d’onore” e al  “grande chiostro”, purtroppo andato perduto nei secoli successivi.

 

Simone Peterzano, Epifania, i Re Magi. Affresco dell’abside [Foto R. Schena]

San Carlo Borromeo visita più volte la Certosa. Come Petrarca è innamorato dei luoghi e vi soggiorna più volte, adorato dai certosini. Le sue istruzioni su come deve essere concepita l’arte nel contesto della Controriforma,  sono applicate in modo severo, a  Milano e nella Certosa in particolare. Le istruzioni sono del 1577, anno di una terribile pestilenza. Poco dopo, nel 1578 i certosini milanesi chiamano il pittore Simone Peterzano, scelto perché – nota Gariboldi – particolarmente ligio ai dettami del cardinale. Il pittore,  bergamasco di origine, era stato a bottega dal Tiziano a Venezia, città dove era nato nel 1535. Il suo curriculum sbandierava di essere stato un suo allievo. Nell’arco di quattro anni, Peterzano eseguì gli affreschi del presbiterio (le pareti intorno all’altare) e del coro, citate come tra le cose migliori da lui dipinte. Spiccano la varietà dei colori, la grandiosità delle scene, le straordinarie figure maschili, fresche di palestra. Sembrerebbe che anche allora si praticassero  forme di culturismo.

Il libro di Gariboldi descive uno per uno tutti i dipinti della Certosa. Non parla del Caravaggio, ma si sa che uno o due anni dopo,  a bottega del Peterzano arriva tal Michelangelo Merisi, 13enne, nato a Milano (nel 1571). È soprannominato il Caravaggio per via dei genitori che provenivano da lì.   Peterzano fu per il Caravaggio sicuramente un maestro, ma anche una sorta di figura paterna. Purtroppo non si sa quasi niente  di questi 4 anni, che invece dovettero essere fondamentali per la formazione del celeberrimo pittore. Il Peterzano non fa a tempo a vedere l’allievo al massimo della maturità, muore infatti a Milano nel 1599, quando ormai il giovane era già filato a Roma (qualcuno dice “scappato”, a Milano era un adolescente “difficile”) e iniziava appena a farsi notare.   

Roberto Gariboldi

Roberto Gariboldi, La Certosa di Milano in Garegnano, 160 pagine, è acquistabile per 25 Euro all’interno della Certosa.

FINE DELLA PRIMA PARTE

La seconda parte la trovate QUI

 

 




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