Oggi sono anonimi rioni periferici con molti problemi, a partire dall’ordine pubblico. Un libro del prof. Scala spiega che cosa insegnano gli antichi Comuni del circondario. Negli anni del fascismo: asfissiante il controllo politico, ma affiancato da una rete di intervento sociale
Diciamo che le periferie, nel sostituire in modo così nefasto i borghi antichi, non sono mai state il forte di nessun ceto politico al mondo. Va detta una cosa: il regime fascista era partito bene, perché di quartieri periferici ne ha realizzati molti e spesso ci ha messo povera gente espulsa dal centro e dalle manie di grandezza dell’urbanistica ufficiale, ma le sezioni del Partito nazionale fascista sapevano controllare caso per caso, famiglia per famiglia i quartieri popolari soprattutto per quanto riguarda gli aiuti.
Il partito era concepito come momento di controllo politico, fungeva da polizia nemmeno tanto segreta, ma era soprattutto un servizio alla persona. A parte i molti pacchi alimentari periodici quando servivano e i regali ai bambini alla Befana, segnalava i disoccupati delle famiglie più bisognose, l’Omni provvedeva ai più piccoli, tutti erano ospitati negli asili e tutti frequentavano la scuola, in estate c’erano le colonie marine dove mai avrebbero potuto mandarli le famiglie: rimettevano i salute bimbi gracili.
Non esistevano le Scampie e i Giambellino
Il pnf raccoglieva fondi per le famiglie più povere, e giustamente perché la raccomandazione (da veri incoscienti) del regime era di fare tanti figli comunque. Non esistevano le Scampie e i Giambellino come le conosciamo oggi, però, tanto meno si trasformavano in centri fuori controllo, case occupate, di racket vari nemmeno l’ombra, i negozianti taglieggiati non si sapeva che cosa fossero. TUTTI i caseggiati avevano le portinerie, nella coscienza che i quartieri popolari erano delicati e problematici e non potevano essere abbandonati a se stessi, come stupidamente avviene oggi. I fascisti avevano una concezione asfissiante dell’ordine pubblico, però funzionava. Sarebbe bastato avere un concetto democratico dello stesso per farlo funzionare ugualmente e meglio, invece purtroppo è stato lasciato andare con la crisi dei partiti.
Il problema della governance nelle periferie
Le governance dei quartieri popolari, tutte in mano ai Comuni, resse anche dopo il fascismo, anche dopo le grandi ondate immigratorie degli anni 60. Iniziò a crollare con lo spaccio di droga, diffusa proprio fra le vie più povere dove era mancato l’intervento sociale, ma è decisamente precipitata verso la fine del XX secolo e peggiora nel XXI, quando vengono tolte le portinerie, ossia anche il minimo livello di autocontrollo popolare. Il paragone con i quartieri odierni è umiliante. Sono responsabili il Comune e la Regione, che si spartiscono la governance dei quartieri popolari senza combinare niente.
Un libro interessante, da cui tra l’altro abbiamo tratto queste notizie, è: “Precotto, Villa e il Regio vale per Monza”, del prof. Ferdinando Scala, docente all’Università Cattolica. Il libro ripercorre l’intera storia di Precotto, che perse l’autonomia comunale nel 1923. I borghi di Milano e Precotto era uno di questi, conservano la memoria di un sistema sociale definitivamente distrutto. Sicuramente lo studio di un antifascista, belle le pagine dedicate ai partigiani e alle vittime della guerra. Esemplare nel resoconto delle trasformazioni epocali.
Sarebbe da gestire molto meglio Quinto Romano, rendere i marciapiedi più accessibili , rendere efficiente l' ufficio postale di Caldera con personale all' altezza loro […]
secondo voi è possibile che Milano inglobi (facendo propri quartieri) ulteriori cittadine ora presenti nella prima fascia? Ad es. Novate Milanese, Bresso, Rho ecc
La nostra Azienda A.Salvi&C SPA è in Bovisa in via Cosenz 32 dal 1942. Oggi,mio nonno fondatore della Società nel 1920 non riconoscerebbe il quartiere […]
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