IL VERDE DI MILANO NON HA IL SUO ASSESSORE, E SI VEDE
La decisione di affidarne la gestione all’Urbanistica si è rivelata fallimentare. L’idea di fondo era coniugare licenze edilizie e verde argricolo-urbano: le prime funzionano egregiamente, il secondo è un disastro
A Milano la giunta ha dichiarato di voler arricchire la città di tre milioni di alberi, ma la gestione del verde è palesemente insufficiente. Alla tutela del verde è stato tolto l’Assessorato specifico da sempre dedicato, da almeno tre anni non c’è più l’assessore ai Parchi e giardini di una volta. E l’intero verde milanese è stato messo sotto tutela dell’assessorato all’Urbanistica. In altri termini, Milano è forse l’unica città al mondo a non avere un assessore competente che si occupi esclusivamente di alberi, prati e paesaggio rurale. Il settore è in subordine all’edilizia. Nel migliore dei casi è accoppiato.
la tutela ambientale degradata ad “arredo urbano”
Si chiama infatti Assessore a Urbanistica, Verde e Agricoltura, ed è seguito da Pierfrancesco Maran. Di fatto è un mega dipartimento del Territorio difficilissimo da seguire. Riesce a curare bene solo lo sviluppo edilizio, il resto è gestito in modo solo approssimativo. Il verde, come si può comprendere, ha poco a che fare con le licenze per costruire. Della mancanza di un assessore, ce ne ne siamo accorti solo ora che Stefo Mansi l’ha fatto notare. «C’è l’assessorato alla ‘Partecipazione’, quello allo ‘Sport’, al ‘Bilancio’, alle ‘Attività economiche’ – scrive – ma manca un centro di controllo e coordinamento del verde che sia slegato dalle logiche della ‘riqualificazione urbanistica’».
L’idea di fondo (di Sala e Maran, ndr) «coniugare tutela del verde e costruzioni, varianti urbanistiche, progetti edilizi, si è dimostrata fallimentare – prosegue Mansi – e la tutela ambientale è stata degradata a semplice ‘arredo urbano’ nonostante i grandi valori paesaggistici e naturalistici esistenti a Milano, gli ambiti del mai costituito Parco Ovest (San Siro, Sistema Ippodromi, Piazza d’ami, Cave, Trenno, Boscoincittà), un enorme polmone verde lungo ben 7 chilometri da Figino a P.le Lotto». Come ha dimostrato la vicenda degli scali ferroviati dismessi, non si pianta un filo d’erba se non c’è una enorme colata di cemento da qualche parte a controbilanciarlo.
il verde ha problemi diversi dall’urbanistica
Il solo verde agricolo a Milano occupa ben il 20% del territorio comunale, circa 40 chilometri quadrati dei 181 complessivi. Sono molti. Vi sono legate le aree più belle, il paesaggio storico residuo, gli antichi borghi (in rovina), le grandi cascine: è tutto un mondo specifico con problematiche diverse dall’edilizia, quando non opposte, addirittura contrastanti. Meritano un assessore proprio che sia al tempo stesso un “difensore” delle ragioni del verde. Non è un mistero che le aree agricole di Milano soffrano moltissimo una situazione di pesante degrado, fra discariche abusive, corsi d’acqua inquinati tra i peggiori del continente, come Lambro e Lambro Meridionale/Olona, impiego di diserbanti nonstante sia proibito. Il verde a Milano non suscita tanti entusiasmi fra i politici, forse è per questo che è fuori controllo.
Mancano guardie ecologiche, ma anche il rapporto verde-cittadini che vogliono curarlo è inesistente e perfino “preoccupa” l’amministrazione, che sembra temerlo, invece di incoraggiarlo. Per riprendere in mano la situazione, occorre un rapporto più stretto fra palazzo Marino e cittadinanza, il verde e l’agricoltura non sono un ritaglio dell’urbanistica, ha problematiche specifiche che vanno esaminate con dedica particolare.
le zone umide non riconosciute
Ci sono realtà specifiche, come i grandi polmoni urbani (parchi Sempione, porta Venezia, Lambro) con specificità storiche proprie. Ci sono fontanili e rogge da curare, zone umide non riconosciute, come Muggiano, dove addirittura è aperta la caccia, cascina Annone, Monluè-Ponte Lambro, c’è un parco agricolo-urbano come il Ticinello e il suo circondario a Selvanesco, dove si coltiva ancora l’erba a marcita, c’è un parco delle Cave e un Bosco in città e Piazza d’Armi da integrare con nuove piante e tracciati di collegamento, ci sono le cascine di parco Forlanini da curare, le 40 cascine di proprietà comunale. Insomma, a Milano esiste un mondo totalmete a parte, specifico, storicamente qualificato, a cui l’attuale gestione assessorile non riesce a far fronte, se non altro per la sua complessità. Subordinare tutto all’Urbanistica, la dice lunga sulla considerazione che si ha del verde pubblico a palazzo Marino.
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