SUGLI EX SCALI FS UN’ONDATA DI CEMENTO SENZA PRECEDENTI
Altro che verde. Sta per abbattersi uno tsunami di due milioni di metri cubi di palazzi, con qualche giardino. Equivale a 10 grattacieli come il Pirellone, o a due Citylife, o tre Porte Nuove. I costruttori ammettono: il piano consente volumetrie pari all’intero edificato degli ultimi 20 anni. Palazzo Marino accorda loro indici di edificazione incredibili, un vero record
Articolo di spiegazione dettagliata di Roberto Schena, con la consulenza di Sergio Brenna
POCO VERDE
Finiranno tutti con occupare sei dei sette ex scali ferroviari situati in zone ben servite e vicine al centro storico, per questo molto ambite dai costruttori. Due milioni di metri cubi di edifici sono un mare di cemento, per avere un’idea basti dire che equivalgono a 10 skyscraper alti come il Pirellone o a 20 grattacieli di altezza media, con 15 piani ciascuno, oppure 40 palazzoni da 7/8 piani.
Il tutto distribuito intorno a spazi liberi segnati come verde e servizi, proporzionalmente molto esigui. Con queste operazioni urbanistiche, il guadagno di aree destinate a verde e a servizi per la città sarà infatti pari a 677mila mq in totale. E’ il tanto sbandierato 65% di verde rispetto al milione di metri quadrati di aree ferroviarie dismesse. Ma il problema come si vedrà non è l’estensione di verde, bensì il quantitativo di cemento concesso sul rimanente 35%. Lì si concentra l’interesse immobiliare maggiore, dato che si tratta di indici incredibilmente alti.
Sommando i vari pezzetti previsti a verde pubblico, si ottiene poco più di un’estensione equivalente al Parco Sempione. In altri termini, è come avere dato il via a costruire una mezza città sulle poche aree libere rimaste. La città riceverà in cambio uno spazio pubblico complessivo vasto quanto il parco Sempione. La notevole disparità del rapporto verde/cemento balza subito agli occhi. Le norme urbanistiche adottate per gli ex scali Fs sono sempre state interpretate a favore del costruttore.
pesante operazione speculativa
Vediamo perché è un’ondata di cementificazione senza precedenti. Intanto va detto che i progetti previsti per gli ex scali sono un di più rispetto alle pur ragguardevoli concessioni edilizie di ordinaria amministrazione. Ossia: non si costruisce solo sugli ex scali, ma un po’ ovunque. L’operazione “ex scali ferroviari” condotta dalla giunta di sinistra, con un totale di 675.000 mq di pavimento, pari appunto a due milioni di metri cubi di edifici, consente volumetrie quantitativamente due volte superiori all’operazione Citylife nell’ex Fiera o quasi tre volte Porta Nuova alle ex Varesine (1), distribuiti quasi tutti sugli scali Farini e Porta Romana. L’unico ex scalo consegnato esclusivamente al verde è San Cristoforo, lungo il naviglio Grande. Quest’ultimo è vasto da solo circa 140mila metri quadrati, destinati esclusivamente al verde. Va sottratto ai 677mila metri quadrati di verde complessivi previsti. Gli altri sei ex scali disporranno quindi di 537mila metri quadrati di spazi pubblici (si presume prevalentemente a verde, ma non è detto) a fronte dei 2 milioni di metri cubi di cemento che graveranno interamente su essi. Ciò comporta una riduzione delle distanze tra gli edifici ancora da costruire, peraltro già discretamente ammassati.
Lo dice anche il masterplan
La cosa curiosa è che lo stesso masterplan presentato da OMA insieme a Laboratorio Permanente , vincitori del concorso internazionale di progettazione indetto dal Comune di Milano in collaborazione con Rete Ferroviaria Italiana, rileva l’enorme quantità di edificato concessa dal primo con l’accordo. Lo si desume dal confronto degli skyline presenti nei masterplan. La pagina intitolata “Resilienza economica”, che pubblichiamo qui a destra, mostra chiaramente attraverso un grafico dei profili volumetrici che l’edificazione prevista accanto alle aree a parco negli ex scali ferroviari, ha già ora densità e altezze superiori a quelle degli edifici altissimi di Porta Nuova e Citylife. Nemmeno un costruttore contestatissimo come Salvatore Ligresti, in passato ultra privilegiato dalle giunte composte da socialisti e comunisti di Psi e Pci, ottenne così tante volumetrie e accordi di favore a dispetto del verde urbano. Ligresti è noto per le cementificazioni di aree agricole esterne, nel caso degli ex scali, le sole aree libere prossime al centro storico (gli ex Corpi Santi), Rfi ha incamerato un quantitativo di volumetrie all’incirca doppio.
spariti 100mila mq di verde
Non solo. Secondo i calcoli degli urbanisti, dagli ex scali sono spariti 100mila metri quadrati di verde. Dovrebbero risultare 777.000 mq, non 677mila. Il verde è stato sottratto in grande quantità a Farini: meno 145.000 mq e a Porta Romana: meno 95.000 mq (mentre sono in leggero surplus Lambrate e Greco). Totale sono 240mila di verde in meno, ma 140mila sono recuperati come si è detto a San Cristoforo. Dove sono finiti i 100mila mq mancanti? Mistero.Monetizzati dai costruttori? Maran assicura di no, per quel tipo di aree non sarebbe consentito, ma una cosa è certa, chi abiterà a Farini e Porta Romana dovrà portare il cagnolino a fare pipì piuttosto lontano, a San Cristoforo.
occasione sprecata
Quella degli ex scali Fs è un’occasione sprecata, purtroppo irripetibile, di aumentare il verde all’interno di una metropoli soffocata da un’alta densità abitativa. Stefano Boeri, architetto del Bosco Verticale, commenta la situazione: «Se penso alla riqualificazione degli scali merci di Milano, di proprietà delle Ferrovie, vedo difficoltà di vario tipo. Noi avevamo proposto che scali e binari diventassero “fiumi verdi”» (90% verde, 10% edificato), ma vedo avanzare progetti che ridurrebbero il verde al 50%, troppo poco. È un’operazione partita bene, con una regia pubblica, con il Comune attivo. Io credo bisognerebbe riaffermare che è una grande opportunità per portare natura in città».
Peccato che, come nota Sergio Brenna, urbanista, docente del Politecnico, con quel tipo di accordo, se il verde fosse il 90% di cui parla Boeri, le volumetrie dovrebbero restringersi fino a raggiungere i 600 metri di altezza. E’ proprio l’accordo a essere sbagliato: concede ai costruttori 0,65 mq di edificato per mq. Davvero tanto. Come mai tanta generosità?
Secondo Sergio Brenna, «la sostanza dell’Accordo lascia davvero perplessi. E’ vero che con lo 0,65 mq per mq si sono ridotte del 33% le spropositate quantità edificatorie (1 mq per mq! quasi come a Citylife e Porta Nuova) della precedente bozza di intesa del 2009 e del PGT adottato nel 2010 dal sindaco Letizia Moratti e dall’assessore Carlo Masseroli, ma i conti ancora non tornano. Infatti – afferma Brenna – si portano a circa 25 mq per abitante gli spazi pubblici realizzabili, ma con 21,5 mq/ab. di verde e solo 3,5 mq/ab. di servizi di quartiere, mentre il Decreto ministeriale n. 1444/68 prevede per questi ultimi un minimo 9 e a verde circa il 50% degli spazi pubblici previsti. Con questo accordo, non si può pensare nemmeno di portare il bambino all’asilo nido o al parco giochi e il cane a fare pipì!» (4).
la replica si sala & maran
Il sindaco Beppe Sala e l’assessore all’Urbanistica, nonché al verde pubblico, Pierfrancesco Maran si difendono. Dicono che l’indice edificatorio di Citylife e Porta Nuova era molto più alto (rispettivamente 1,15 e 1,65 mq/mq), mentre sugli ex scali è quasi la metà, lo 0,65. Tuttavia, bisogna considerare che l’edificazione si concentra quasi tutta su Farini e Romana, con indici di costruzione vicini a 1 mq per mq, cioè del 100%, l’indice fondiario, ossia di cementificazione, sarà ancora più alto che a Citylife/Porta Nuova. E’ la conferma che gli edifici da costruire saranno ancora più alti e ravvicinati. Con il progetto nuovo stadio San Siro, il Sindaco si è mosso in modo diverso: il parere favorevole è stato condizionato all’indice edificatorio 0,35 mq/mq del PGT. Perchè negli ex scali FS si è concesso lo 0,65?
L’operazione non convince l’interesse pubblico nemmeno dal punto di vista del guadagno finanziario. Dei due miliardi di Euro di controvalore totale ricavabile dai costruttori, il Comune di Milano incassa la somma in proporzione irrisoria di 50 milioni in oneri di urbanizzazione. Su questo punto, per chi volesse approfondire, esiste un brillante servizio di Report, Raitre. QUI l’articolo, e QUI parte del video realizzato.
Va anche detto che l’accordo stretto fra palazzo Marino e RFI non è che la ripetizione del testo elaborato dalla precedente giunta guidata da Giuliano Pisapia, con Lucia De Cesaris assessore all’Urbanistica. L’accordo, definito “una porcata” per il regalo di enormi quantità di cemento ai costruttori, non era passato nell’Aula del Consiglio comunale. Lo impedì l’opposizione della sinistra-sinistra, allora in maggioranza. Pisapia pretendeva che l’approvasse praticamente a occhi chiusi. Il successore, Beppe Sala, presentandosi alle elezioni, per la stessa ragione non ha voluto includere nella sua maggioranza la sinistra meno irriducibile, cosa che ha causato il passaggio al centrodestra di cinque municipi su nove.
per concludere
Una simile ondata di cementificazione si aggiunge a progetti edilizi già esistenti o in essere, con rischi concreti di creare un’ampia bolla immobiliare. Anche perché tanta espansione edilizia non è giustificata da un pari sviluppo economico, come poteva valere per Ligresti all’inizio degli anni 80. Evidentemente il fallimento di quest’ultimo non ha insegnato nulla. Da qui la fame di kermesse internazionali. Dopo Expo, le olimpiadi. Lo scalo Porta Romana – uno dei più estesi – si appresta a ospitare le Olimpiadi invernali del 2026. In quest’area sorgerà un villaggio olimpico per gli atleti. Le residenze verranno poi in parte convertite in housing sociale e in parte destinate agli studenti universitari. Si spera con buoni esiti. Dopo le Olimpiadi ci si inventerà qualcos’altro. A Milano sono sempre gli interessi immobiliari a chiedere di ospitare le grandi kermesse.
Sui suoi 618mila metri quadrati, lo scalo Farini ospiterà 1500 gli appartamenti “tra edilizia residenziale sociale e convenzionata”. Se ne sa molto poco, certo non saranno case popolari, quelle di cui c’è un grande bisogno. Ma non basta. Ci si è scordati di chiedere a FS anche i 17,5 mq/ab. aggiuntivi per parchi territoriali e grandi attrezzature urbane, chiesti invece a Citylife e Porta Nuova (2), che qui si realizzerebbero invece erodendo i servizi di quartiere.
Occorrerebbe, quindi, chiedono gli specialisti, riaprire il dibattito su questo aspetto e, quanto meno, che il Consiglio Comunale in sede di ratifica chieda il superamento di questa incongruenza, portando lo spazio pubblico totale a 42-44 mq/abitante (3), come per tutti i grandi piani di trasformazione urbana (come in prospettiva le ex caserme) e l’It= 0,47-0,50 se si tratta solo con FS, oppure – fermo restando It=0,65 mq/mq – “perequandone” lo 0,20 mq/mq con le altre proprietà dove collocare più utilmente i parchi territoriali e grandi servizi (dopo Expo, Parco Sud, Goccia/ex gasometro AEM, ecc.). Altrimenti non ci sarà barba di concorso pubblico di architettura in grado poi di rimediare a questo difetto d’origine.
NOTE
- Precisamente: Citylife (300.000 mq di pavimento pari circa a 1 milione di mc e 311.000 mq di spazi pubblici richiesti di cui ben 146.000 monetizzati =46% e solo 165.000 realizzati). Porta Nuova (230.000 mq di pavimento pari a circa 700.000 mc e superficie pubblica richiesta di 300.000 mq di cui solo 190.000 mq realizzati e il resto= 40% monetizzato). Quindi AdP ex scali è circa il doppio di Citylife e poco meno del triplo di Porta Nuova.
- Anche se poi monetizzati a prezzo di saldo: 300 €/mq per aree usate edificatoriamente pagandole alle proprietà 2.000 €/mq!
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*Non è più prevista alcuna ratifica (né altro) da parte del Consiglio comunale: i piani attuati conformi all’Accordo di programma come oggi già ratificato saranno approvatidirettamente in Giunta. L’unica possibilità per far ridiscutere le previsioni è vincere il ricorso al Consiglio di Stato.
- Di Sergio Brenna leggi anche Milano, scalo ferroviario Farini. Un ricorso in difesa dello spazio pubblico
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