“G8, PROCESSO AL PROCESSO” QUEI PICCHIATORI MAI CERCATI
La voce degli agenti condannati al processo per i fatti della scuola Diaz di Genova. Un libro mette in dubbio le verità della sentenza e sottolinea che i responsabili dei pestaggi non sono mai stati nemmeno cercati. E’ la prima indagine mai pubblicata su un intero reparto di polizia
La sera del 21 luglio 2001, il sovrintendente L., appena entrato nella scuola Diaz, si intromise fra un agente e una ragazza che stava subendo le sue manganellate. Si beccò due bastonate ma riuscì a proteggere la giovane, terrorizzata. In tribunale, sia lei, sia gli astanti, testimoniarono il fatto. L’ispettore Angelo Cenni si avviò verso lo scantinato, qui notò che tutte le porte erano chiuse col lucchetto. Lo scrisse sulla sua relazione, una testimonianza riconosciuta dal Tribunale come importante. Era la prova della montatura poliziesca contro gli occupanti, accusati di avere rotto i lucchetti e di essersi impossessati di materiale edile ivi racchiuso, a scopo aggressivo.
L’ispettore Panzieri e l’agente N. costretti a firmare il falso verbale degli arresti nonostante i ripetuti dinieghi, per conto dell’intero reparto di cui non erano responsabili: citati come testimoni, subiscono una condanna per falso, senza processo. Sono alcuni degli episodi riconducibili ai sette capisquadra del VII Nucleo passati incredibilmente come aggressori, protagonisti delle violenze arrecate agli occupanti.
La verità è diversa
A quasi 20 anni esatti (19 per la precisione), dai fatti della scuola “Diaz” durante il G8 di Genova, esce “G8, processo processo”, un pamphlet che riaggiusta le cose da dire sulla vicenda. E’ forse la prima inchiesta giornalistica mai condotta su un intero reparto specializzato di polizia. Sotto esame il disciolto VII Nucleo sperimentale del Primo reparto mobile di Roma. Il VII Nucleo tentò di opporsi in tutte le maniere al blitz, sapeva perfettamente, per ragioni di preparazione professionale, che nella scuola non c’erano black bloc da acciuffare, come fu loro detto.
colpevoli mai cercati
Delle altre centinaia di agenti col volto coperto, non uno è stato individuato, fra chi ha davvero alzato le mani, mandando all’ospedale un’ottantina di attivisti sui 93 presenti. Lo ammette lo stesso Pm. Ma è vero che non poterono essere identificati? A tale proposito, la risposta fornita da “G8, processo al processo – Indagine su sette capisquadra di polizia travolti da errori commessi dalla Giustizia”, è netta: le indagini non furono adeguate. I sette capisquadra condannati a varie pene sono perciò a tutti gli effetti dei capri espiatori. Un lavoro difficile, quindi, per più motivi, per esempio perché diversi agenti non possono parlare, ma soprattutto controcorrente rispetto a un’opinione pubblica e una che non ha voglia di mettere in discussione quelle che sembravano delle pacifiche certezze.
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