L’oratorio della Campazzo

L’ORATORIO DELLA CAMPAZZO STA SUBENDO UNA BRUTTA FINE

Ma i soldi per riparare il tetto ci sono da oltre tre anni, non si capisce che cosa aspetti il Comune a iniziare i lavori. Intanto il tetto è mezzo sfondato, l’acqua piovana filtra nel soffitto e le mura necessitano di intervento. Siamo nel Parco agricolo del Ticinello, un modello di area verde

Il grosso “buco” formato sul tetto

Goccia dopo goccia, l’acqua piovana s’infiltra in queste costruzioni di epoche in cui i mattoni erano d’argilla cotta al sole. In pochi anni, tre o quattro al massimo, i mattoni impregnati di umido, invasi dai semi delle piante, si sbriciolano e non solo il tetto, ma anche le mura sono crollati. Basta una tegola messa fuori posto da un temporale per provocare, col tempo, guasti devastanti. E qua le tegole fuori posto ce ne sono parecchie. Occorre manutenzione seria e continua. 

Della tomba del teologo aveva trattato il volume “Milano, la città dei 70 borghi” pubblicando una serie di bellissime immagini sul contesto in cui è inserita, il parco agricolo del Ticinello. L’argomento è stato ripreso on line qui https://www.ilcielosumilano.it/2016/06/13/la-tomba-del-teologo-1808/.  La chiesa-tomba si trova alla cascina Campazzo, di cui è l’oratorio, una piccola costruzione a capanna del 1812. Il teologo, gesuita, si chiamava Anton Luigi de Carli (1732-1807 o 1808), all’epoca noto scrittore di religione e riconosciuto predicatore, dotato di qualità oratorie. La famiglia possedeva il terreno della Campazzo e della vicina Campazzino, lì volle fosse costruito un oratorio dedicato a San’Ignazio d’Antiochia, con la funzione futura di ricovero delle sue spoglie, nel mezzo della sua adorata campagna, fra i suoi contadini, perché appena dietro la chiesetta, come si può vedere dalle foto, c’è la casa colonica, restaurata da poco a spese degli attuali gestori del fondo, tra l’altro. 

La lapide all’interno ricorda il luogo di sepotura del gesuita

la burocrazia uccide

Per sua sfortuna, il prevosto-teologo visse a cavallo di un’epoca disgraziatissima per il mondo della fede: vide lo sciogliersi di diversi ordini religiosi, tra cui nel 1782 i gesuiti, di cui faceva parte, ma soprattutto aveva già assistito all’esproprio e alla svendita della Certosa di Garegnano nel 1779 e, vent’anni dopo, all’uguale sorte della vicina basilica di Chiaravalle, appartenente da 600 anni all’ordine cistercense, chiusure ambedue decise dalle autorità austriache prima e francese poi. Il tutto per finanziare la sanità pubblica e l’istruzione direte voi. Macché: le loro guerre (vedi Vol. I di Milano, il patrimonio dimenticato). Ora, la chiesetta è gravemente ammalorata. Un grosso buco nel tetto lascia filtrate acqua piovana, se non si provvede, nel giro di breve tempo avverrà un crollo.

La chiesa attaccata alla casa colonica appena restaurata

I lavori di restauro sono finanziati. Questo fa, appunto, impazzire.  Avrebbero dovuto iniziare nel 2017 grazie ai fondi di partecipazione scelti dalla cittadinanza, pari a 100mila Euro. Le gare d’appalto per l’asegnazione dei lavori sarebbero già partite, ma è evidente che con queste lentezze non si va da nessuna parte. Se si aspetta ancora un po’, il degrado aumenta e il costo supererà il budget. Sarà un grosso problema dover rimediare. Da qui l’appello a chi di dovere perché faccia in fretta: la burocrazia uccide. Queste costruzioni antiche reggono i secoli, in compenso necessitano di manutenzione continua, attenta. O dopo una vita di molti secoli, se trascurate, le vediamo scomparire sotto i nostri occhi.

Fotografie di Marina De Lorenzo
Testo di Roberto Schena

Mura e infissi malandati

Il soffito a cassettoni intriso di umidità

Interno dell’oratorio di Sant’Ignazio d’Antiochia alla Campazzo con la bella balaustra di marmo




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