3. LA “VECCHIA MILANO”: CONCETTI, IDEE E IMMAGINI
La “Vecchia Milano” (con la V maiuscola), è una visione più artistica che temporale, tramandata da noti pittori. Hanno dipinto atmosfere uniche, scorci irripetibili legati alla loro epoca. Nel 1957 una grande mostra reagiva alle “voci d’allarme per le imponenti trasformazioni urbanistiche”…
Oggi si è perso il significato della “vecchia Milano”: non si capisce più se sia qualcosa da distruggere, essendo inservibile, o da amare e conservare e perché, come e quando. Ma a che cosa corrisponde il concetto di “vecchia Milano?”, anzi, “Vecchia Milano”, visto che qualcuno di qualificato lo scriveva, già 70 anni fa, con la v maiuscola. Probabilmente a un’idea artistica a cui hanno lavorato decine fra pittori, ingegneri e intellettuali. Tuttavia, a molti milanesi l’espressione o non piace o li lascia indifferenti per via di quell’aggettivo, “vecchia”, associato al nome dell’amata città, che si vorrebbe sempre rinnovata e aggiornata. Il “vecchio” non entusiasma, apprezzato dalle tendenze di moda è solo il “nuovo”. Proviamo invece a definirlo in maniera accettabile per tutti, ricorrendo all’aiuto di diversi testi d’antan trovati casualmente in una vecchia libreria.
SPRAZZI DI LUCE SUlla CITTÁ DISSOLVENTE
In realtà, nel concetto di “Vecchia Milano” entrano diversi film potenziali, molte storie intrecciate, il passaggio delle varie epoche. Solo gli ignoranti non le vedono. Per tentare di conservarlo in un momento in cui sembrava che la città, con lo sviluppo impressionante degli anni Cinquanta, la Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, chiamata comunemente “Museo della Permanente”, o solo “Permanente”, con sede in via Turati 34, organizza una mostra apposita nel 1957. Di quest’ultima rimante un ricordo, il catalogo delle opere esposte, intotolato come la mostra “Milano di ieri e di oggi attraverso l’arte”, grande come un manualetto, perfettamente tascabile. L’ho trovata e acquistata fra gli scaffali della libreria Scaldasole, nella via omonima in Porta Ticinese.
É appunto dal catalogo delle opere esposte che emergono le due città, vecchia e attuale. “Da tempo persone illustri e qualificate, modesti cittadini, enti e autorevoli circoli culturali milanesi, levano voci di allarme per le imponenti trasformazioni dell’assetto urbanistico, che travolgono irrimediabilmente, con la loro essenziale urgenza, importanti documentazioni dell’antico volto della città”. Così scriveva l’assessore all’Istruzione, oggi diremmo alla Cultura, del Comune di Milano, Lino Montagna (1910-1992), vicesindaco in anni successivi.
IERI E OGGI si mischiano
La Permanente è un ente morale, nel 1957 siedevano nel consiglio direttivo personalità industriali del calibro di Giovanni Falck, Marianne Caprotti, Gioseppe Torno, la cui presenza era significativa di quanto l’industria cercasse di attenuare l’impatto sull’ambiente tradizionale. Il catalogo riporta 114 tavole dei 149 quadri esposti alla grande mostra, divisa in due parti: Milano di ieri, sostanzialmente corrispondente al XIX secolo, e Milano di oggi, XX secolo, i primi 50 anni. Buona parte delle 114 tavole, quasi tutte in bianco e nero, non sono rintracciabili in rete. Ed è straordinario appurare come le immagini della sezione Milano di oggi riprodotte dal catalogo, siano quasi totalmente assenti dalle rete, anche se magari qualche altra opera dei relativi artisti si trova sempre.
Ciò significa che sono tenute gelosamente in custodia dalle propietà. L’unica possibilità di vederle, ossia di osservare il passaggio dal vedutismo storico a quello odierno, è attraverso le tavole riprodotte dal presente catalogo.
I grandi vedutisti del XIX secolo
La breve introduzione del critico d’arte Paolo Arrigoni, che scrive Vecchia Milano con la v rigorosamente maiuscola, cita gli artisti più importanti del vedutismo milanese. Il primo è stato Giovanni Migliara (Alessandria 1785 – Milano 1937), chiaramente influenzato dal Canaletto e attratto dalle grandi scenografie urbane, come il duomo e l’ospedale maggiore (oggi università Statale). Contemporaneo è Giuseppe Canella (Verona 1788 – Firenze 1847), particolarmente affezionato alle vie e alle piazze. Viaggiando a lungo in Europa, tiene conto di quello che vede in altri artisti, in particolare dei pittori fiamminghi. Luigi Bisi (Milano 1814 – Milano 1886), professiore di prospettiva a Brera e dirigente della stessa, architetto restauratore di importanti monumenti. Angelo Inganni (Brescia 1087 – Gussago 1880) è, insieme al Migliara, che fu suo maestro, il maggiore vedutista dell’Ottocento, straordinario nel ricostruire le quinte scenografiche degli angoli più tradizionali della città.
…e del XX
Nel XX secolo l’influenza dell’impressionismo nei pittori diventa netta, per cui cambia il linguaggio del vedutismo. In alcuni casi diventano quasi pure macchie di colore. Tuttavia, alcuni pittori del XX secolo, peraltro noti anche topograficamente, pur senza rinunciare ai tratti moderni riescono ugualmente a rendere riconoscibile l’atmosfera della Vecchia Milano nei suoi angoli più studiati. Lo si nota nelle opere del monzese Mosè Bianchi, Filippo Carcano, Angelo Morbelli ed Emilio Gola, perfino il ferrarese Filippo De Pisis e il beneventano Ettore Cosomati, due dei maggiori paesaggisti del Novecento. Anzi, la stessa poetica è spesso trasportata in scorci di vie e piazze costruite completamente dall’edilizia degli anni recenti.
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