TORRE IN FIAMME, L’ENNESIMA “GAFFE” NEL SUD MILANO
La costruzione della Torre del Moro è il risultato di un’intensa speculazione edilizia concepita oltre 20 anni or sono da un “piano di recupero” comunale. Come mostra la mappa, il grattacielo bruciato si aggiunge agli ecomostri in serie di cui è ricco il territorio dell’antico Vigentino
Entriamo nella zona più degradata della città, dove la prosopopea degli skyscraper cede il posto ai disastri urbanistici. É il regno della speculazione e delle ferite inferte al Parco Sud. Per realizzare questo grattacielo “a forma di nave”, si è demolito 20 anni fa un grosso borgo ottocentesco denominato Graffignanone. Almeno quest’ultimo ha retto 150 anni… Il grattacielo denominato Torre del Moro è durato meno di dieci anni ed è bruciato in un attimo.
A un’analisi immediata del territorio circostante, il grattacelo bruciato di via Antonini non fa che aggiungersi ad altri noti fallimenti urbanistici verificatisi in zona, quanto di peggio sia stato realizzato a Milano, come mostra la mappa in alto. Poi c’è un’impressionante lista di torri rimaste vuote, tale da configurare una città fantasma. Quasi un giallo, quasi una zona maledetta. Il tutto, costruito distruggendo parecchi ettari di Parco Sud, di terreno agricolo acquistato a basso prezzo e, con l’aiuto del Comune, trasformato in quelle che avrebbero dovuto essere aree d’oro e invece si sono rivelate un fallimento sotto ogni punto di vista.
geografia di ecomostri
A 100 metri in linea d’aria dal grattacielo, proprio di fronte, spiccano i “monumenti” abbandonati di Ligresti in via Lampedusa, una dozzina di torri costruite su terreno aricolo, rimaste quasi sempre vuote. A 500 metri, sulla via Ferrari, gli altri “monumenti” abbandonati: due interi quartieri dotati di una considerevole quantità di torri, totalmente falliti, o poco o mai abitati. Qui gli impiegati non sono mai nemmeno entrati. Chi e perché furono consentite tutte queste volumetrie rimaste deserte? In base a quali criteri di mercato sono state concesse, con grande spreco di territorio agricolo del Parco Sud? In altre parti si notano costruzioni mai terminate. Solo di recente, un progetto di housing sociale ha avviato il recupero di circa il 50% degli edifici abbandonati, ma l’intera area appare comunque in stato di abbandono.
Il grattacielo bruciato si trova fra Morivione e Vigentino, la località precisa è Castellazzo, grazioso borgo antico fondato da monaci girolamini nel medioevo, oggi così mal tenuto da essere sparito dalla toponomastica. Il grattacelo è quasi confinante col Parco Sud, non lontano ci sono cascina Campazzino, in pessimo stato, il villaggio IV Giugno, in stato pietoso e gli orrori vari della via Campazzino. Nel complesso, ci si trova nella fetta di città più degradata di Milano. La Torre del Moro si aggiunge così a un contesto inquietante.
che cosa c’era prima: il Graffignanone

Scorcio parziale del Graffignanone, abbattuta per erigere la Torre del Moro. Il borgo era immerso nel verde rurale del Vigentino
E’ interessante notare invece, come preesistente alla torre bruciata, nello stesso luogo, sorgesse il Graffignanone, un fabbricato lungo, di ringhiera, risalente probabilmente a metà Ottocento. Aveva, già allora, un asilo e una scuola elementare. Vi abitavano 140 famiglie con circa 500 bambini. La Torre del Moro era abitata da 150 persone per 70 famiglie. Il Graffignanone era dunque l’insediamento più importante nell’area intorno a Castellazzo.
La costruzione del grattacielo, alto 80 metri per 20 piani fuori terra, è parte di un “piano di recupero” del Comune di Milano risalente agli inizi del 2000. Tuttavia, di vero “recupero” non si è trattato, c’è stato, piuttosto, un abbattimeno con nuova costruzione ai danni di un insediamento caratteristico preesistente. Il grattacielo fu terminato nel 2011 e occorsero diversi anni prima di vendere tutti gli appartamenti. Lasciamo la parola a un testo di Riccardo Tammaro, storico dei borghi milanesi, riguardante il Graffignanone, che riprende a sua volta alcune note di Luca Sarzi Amadè nel suo Milano fuori di mano.
LA MALEDIZIONE DEL VECCHIO BORGO
Scrive Riccardo Tammaro: “Tra le cascine inurbate, un certo numero di esse si trova (o trovava) nella zona di piazzale Chiaradia, ed è da qui che inizieremo; l’insediamento più importante della zona era senz’altro il Graffignanone, demolito completamente nel 2002 dopo lo sfratto delle famiglie che ancora vi abitavano. Prendendo il nome dall’antica cascina Graffignana, località già riportata sulla carta del Claricio del 1600, il Graffignanone era in realtà un piccolo borgo, quasi un paese, costituito da case di ringhiera, al cui interno si trovavano anche le aule di un asilo e di una scuola elementare (al pianterreno), oltre ad una panetteria. Il suo lato prospiciente la via Antonini (civico 32) era una lunga fila di casette a uno o due piani, orientate verso sud-est, parallelamente alla via Verro. In esso vivevano 120 famiglie con circa 500 bambini, nel momento di suo massimo sviluppo”.
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