DISINTERESSE PER IL PATRIMONIO IN ROVINA

DEL DISINTERESSE MILANESE PER IL PATRIMONIO IN ROVINA

Tra Soprintendenza e Comune non c’è dialogo. Un unico mega-assessorato si occupa contemporaneamente di Urbanistica, arredo e verde.  Manca una gestione del territorio agricolo e del patrimonio antico che, nelle periferie, è ormai in rovina. Solo la speculazione edilizia è a suo agio. Tutti errori da non ripetere  

Assiano, foto di Ettore Tamagnini per “La città dei 70 borghi”

I cinque anni appena trascorsi dell’amministrazione milanese, sono stati caratterizzati principalmente da un errore gigantesco: affidare a un unico assessorato sia l’Urbanistica, sia verde pubblico, arredo urbano, grandi parchi, giardini, aiuole e perfino Parco Agricolo Sud. Un super assessorato affidato a un unico super assessore, Pierfrancesco Maran, di fatto un potente vicesindaco, seppure palesemente privo di precedenti esperenze nei vari campi affidati. Basterebbe ricordare che Milano è il secondo comune agricolo d’Italia. Conserva nell’antica condizione rurale il 13% dei suoi 181 Kmq, per la verità ogni anno sempre più rosicchiato dall’edilizia.

niente coordinamento

Quintosole, casino di caccia XIV secolo, in rovina

Altra grave mancanza, è stata l’assenza di un coordinamento per la salvaguardia del patrimonio storico-rurale in rovina, di cui non si dispone nemmeno di un quadro complessivo, di un censimento generale e delle relative priorità d’intervento. Milano comune sa poco o nulla del sistema dei borghi antichi, un unicum di pregio sconosciuto agli stessi milanesi. Non si è valorizzato nulla dei tesori edilizi e naturali che Milano possiede al di fuori del centro storico, in prossimità o all’interno delle aree rurali.

La conseguenza è che nelle zone periferiche avanza non solo il degrado tipico delle fasce residenziali popolari, purtroppo avanza anche il degrado del patrimonio storico-artistico ivi presente, così prezioso proprio per la riqualificazione dei margini periferici, di cui si continua a parlare senza mai affrontare seriamente il problema.

terreno agricolo fuori controllo

Ronchetto delle Rane, il territorio agricolo

Conseguenza del mega-accorpamento assessorile è che il verde pubblico e agricolo non sono sufficientemente attenzionati da un responsabile ad hoc che risponda politicamente del suo operato alla cittadinanza, una figura incaricata cioè di salvaguardare il verde al top delle possibilità, in grado di interagire con i cittadini quando sollevano, quasi sempre a ragione, critiche e dubbi. Va ricordato che la giunta guidata da Beppe Sala ha promesso di piantare tre milioni di alberi nei prossimi anni per combattere l’inquinamento e i cambiamenti climatici che arroventano la città in estate.

Altra grave conseguenza è lo scarso controllo del terreno agricolo, di cui non sappiamo praticamente nulla su come sia trattato, se si compiono analisi per verificare la presenza omeno di diserbanti e pesticidi proibiti dalla legge. Alcuni angoli del Parco Agricolo Sud, infatti, ne parrebbero abbondantemente cosparsi, lo si nota a occhio nudo osservando la differenza cromatica giallo/verde tra le sponde delle rogge. Al contrario, le ragioni dell’edilizia prevalgono e s’impongono sempre, stradifese da normative e leggi in vigore, tutelate come meglio non si potrebbe grazie agli ampi interessi economico-finanziari in campo. Cose risapute, sono da empre nella storia di Milano, dove periodicamente si consumano fette di terreno agricolo semplicemente perché “costa poco”.

Comune e Soprintendenza non si parlano

Sella Nuova, ex comune antico

Milano ha sofferto della mancanza di dialogo, direi di più, della dualità di vedute aperta fra l’assessore Maran e la Soprintendenza. I due enti, incredibilmente, invece di collaborare attivamente, non si parlano. Alcuni esempi: l’assessore ha pubblicato un rendering dei restauri previsti per Sella Nuova senza sapere che il progetto iniziale era stato soppresso per modifiche richieste dalla Soprintendenza. 

Maran ha ammesso di non essere al corrente delle delibere delle Belle Arti che riguardano Milano. Nell’ottobre del 2020, l’assessore ha portato tranquillamente in giunta il progetto della Fondazione del Vecchio per il “restauro” del borgo di Macconago, con la chiesa pericolante, senza accorgersi che la Soprintendenza aveva vincolato il sito in luglio. In quel momento erano in atto i vincoli delle Belle Arti. Difficilmemte sarebbe stato possibile costruire palazzine in più, come invece vorrebbe il progetto approvato dalla giunta.

patrimonio pubblico distrutto

Cascina Triulza, Chiesa di San Sebastiano, distrutta non si sa come

Altri episodi. L’assessore Maran, rispondendo a una interrogazione del consigliere Simone Sollazzo, ha ammesso di non sapere che fine abbiano fatto la chiesa e  l’affresco di Daniele Crespi, XVII sec., nella cascina Triulza restaurata dalla Fondazione Expo 2015. La cascina passerà di proprietà al Comune senza le parti più pregiate.  Cascina San Bernardo, a Chiaravalle: sono cinque anni che i progettisti attendono direttive dall’ente che l’ha in affidamento, la Società Umanitaria. Ma l’Assessore non le sollecita.  Così come nulla sa dell’alzaia naviglio Pavese all’altezza di cascina Annone, riempita di ripetitivi quanto inutili segnali stradali che rovinano uno dei canocchiali paesistici più suggestivi di Milano. Sono solo alcuni episodi.

colpevole incuria, un reato

Assiano, borgo dalle orgini medievali 

Unica strategia, se così possiamo definirla, è invitare – senza alcuna convinzione – qualche soggetto, onlus o privato, che voglia prendere in affidamento siti spaventosamente dedradati. Spessissimo versano in simili condizioni per colpa del Comune stesso, come appunto nel caso di Sella Nuova, dove è proprietario. O la cinquecentesca cascina Monterobbio, alla Barona, affrescata da un Hayez giovane, in rovina. O Assiano, anche qui proprietà pubblica, sempre in desolante rovina. In molti casi, la proprietà pubblica non ha provveuto nemmeno alla messa in sicurezza del tetto. Eppure, sarebbe bastato semplicemente proteggerlo dalle intemperie con un telone provvisorio.  In qualche caso credo si configuri il reato di danneggiamento del patrimonio pubblico per colpevole incuria.

il verde vuole un difensore specifico

Cascina Annone sul naviglio Pavese. Qui una roggia derivata 

Durante la recente campagna elettorale non si è mai parlato dell’antico patrimonio urbano in rovina, come se il problema non esistesse. Probabilmente, nessun candidato ne è a conoscenza. Così come non si è mai parlato di gestione pubblica dell’ambiente. Il verde, soprattutto agricolo ha bisogno di un difensore specifico, prima ancora che di un assessore. Meglio se le due figure sono riunite in un’unica persona. C’è da chiedersi come sia possibile raggiungere l’obiettivo dei tre milioni di alberi, dichiarato spesso dal Sindaco Sala e dall’Assessore Maran, senza nominare un incaricato in grado di gestire un così ambiziosissimo dossier. L’obiettivo dei tre milioni di alberi non potrà mai essere raggiunto senza un’equipe di super esperti. Essi devono conoscere la città come le loro tasche, solo così potranno assumere il compito di reimpostare l’intera progettazione del verde urbano, in grado di allargarne l’estensione il più possibile.

subordinato al cemento

Cascina San Bernarco a Chiaravalle

Al contrario, negli ultimi decenni abbiamo visto solo una sua continua riduzione in ambito metropolitano. Le indicazioni del ministero dell’Ambiente per il Piano del Verde Urbano richiedono a priori capacità di coordinamento fra professionità notevolmente complesse. Ora, mentre l’edilizia ha molti difensori dei suoi interessi, il verde dalla sua ha solo la voce inascoltata dei cittadini. Di fatto, il verde è concepito come subordinato ai piani di cemento e fondamentalmente ornamentale, funzionale al mercato degli appartamenti. I danni derivati alla città sono enormi, dal clima all’inquinamento senza più freni. Regione, Stato, Unione europea sono ignorati da palazzo Marino, non vengono sollecitati a dare una mano. La ragione è che il verde e il patrimonio edilizio dei borghi non devono limitare le operazioni cementizie, per cui si parla sempre di espansione edilizia e mai di espansione del verde.  Con questa miopia si sta cancellando un patrimonio storico unico e di grande bellezza.




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