Il patrimonio dimenticato vol II

IL DIMENTICATO PATRIMONIO, INTRODUZIONE AL 2° VOLUME

La pubblicazione del secondo volume completa un lavoro di ricerca iniziato nel 2015 sulla Grande Milano, nata dall’annessione dei Corpi Santi nel 1873 e di 12 Comuni limitrofi nel 1923. Il 2023 sarà giusto il centenario e il centocinquantenario dei due avvenimenti: una grande occasione di bilancio 

Il  libro del patrimonio dimenticato

Il presente è il secondo volume di quest’opera dedicata alla città di Milano, e completa il viaggio alla ri-scoperta del suo patrimonio dimenticato. Se il precedente richiamava l’attenzione sui misconosciuti borghi ducali all’interno del perimetro cittadino, questo è dedicato all’area Martesana e ai Corpi Santi, antico comune dalla forma a girandola, diffusa a partire dalle mura spagnole.

Questo comune sorgeva infatti su un vasto territorio stranamente di forma circolare, a spirale, che disegnava un 9 rovesciato, come visto allo specchio. Il comune dei Corpi Santi era vasto sei o sette volte Milano città, ma con un terzo dei suoi abitanti. Celeberrimo per le bellezze paesistiche e per i suoi borghi, le sue cascine, le sue osterie, le sue trattorie magari con locanda, i Corpi Santi erano il granaio di Milano, il suo orto, il suo frutteto, da lì provenivano latte e formaggi, carne di ogni tipo, legna… grazie a una fitta rete di piccoli centri abitati, identificabile in un vero e proprio sistema complesso. In altri termini, il suo territorio era ‘strano’ perché pensato dall’amministrazione austriaca per rifornire la città di quanto necessario al suo sostentamento.

l’eden dimenticato

Godendo di questo rapporto con la città, chiunque abitasse nei Corpi Santi non pagava dazi per entrare e vendere a Milano. Un bel privilegio.
I Corpi Santi erano il posto dove si andava per delle lunghe escursioni domenicali, con gli amici a piedi o in calesse con la fidanzata. Grandi personaggi come Carlo Maria Maggi, il creatore di Meneghino, Carlo Goldoni di passaggio a Milano, Stendhal, autonominatosi ‘milanese’, identificano chiaramente nei loro scritti alcuni di questi posti, dove recarsi per trascorrere una giornata serena, con pranzo e dopopranzo galante, o allegro con gli amici. I Corpi Santi, proprio perché sono paesaggio dolce e natura civilizzata, si prestano a essere considerati una speciale area dei sogni. Un piccolo Eden, un regno di Bengodi o della Cuccagna.

 IL PARCO AGRICOLO SUD RINNOVA L’IDEA DEI CORPI SANTI

Porta Magenta, già Vercellina (oggi piazza Baracca) prima della demolizione nel 1897

Le località amene dei Corpi Santi e di altre aree dentro e intorno a Milano, come si sa, sono oggi quasi interamente scomparse, abbattute e sostituite da palazzi e fabbriche che, sebbene abbiano aumentato a dismisura il benessere collettivo, hanno ridotto in briciole ogni rapporto con il passato e di bellezza storica. Ne escono fortemente penalizzate le periferie, lasciate senza identità. Qualcosa d’importante, tuttavia, che non sia il mero rimpianto, c’è ancora. Quello che rimane dei Corpi Santi, o che gli assomiglia, è come se si fosse trasferito nel territorio prettamente milanese del Parco Agricolo Sud, con una estensione a mezzaluna da est, che scende lungo tutto il sud della città e corre verso ovest, o viceversa, nelle aree agricole residue. Le quali ultime sono pur sempre il 25% dell’intero territorio comunale. Il Parco Agricolo Sud ha di fatto preso il posto dei Corpi Santi.

DIFFERENZE TRA PARCO AGRICOLO E PARCO URBANO

Parco agricolo e parco urbano sono due realtà completamente diverse, del tutto alternative. La differenza fondamentale è che il primo è stato tramandato per secoli, definito nel passato da contadini che conoscevano la loro terra, guidato da monaci con un senso religioso del lavoro, strappata agli acquitrini e alla monotonia della pianura. Il parco agricolo offre un paesaggio meraviglioso, musicale, pittoresco. Nel parco agricolo, a differenza del parco urbano, la presenza umana non è la sola ad abitare concretamente il territorio, trovano infatti spazio sia la fauna naturale di cielo e di terra, migliaia di esemplari e decine di specie, l’elenco è lunghissimo, sia gli animali da cortile, quindi non solo i cani e i gatti abituali compagni in città, ma anche mucche e cavalli, capre, maiali, asini, pollame. Inoltre, esiste una serie di aree umide ospitanti varie specie di pesci e di anfibi, con cui dobbiamo ugualmente convivere. Sono dei ‘milanesi’ anche loro, gli animali accampano diritti quanto noi.

RITORNO DELLA NATURA IN CITTÀ

Cascella, Cascina Portello, Ingresso, 1928, particolare

La città però non è preparata a una simile convivenza. Lo si vede quando i residenti di palazzi situati vicino a una fattoria dotata di stalle raccolgono firme per far sloggiare gli animali perché ‘puzzano’; occorrerebbe invece ricordare che i nostri avi ci convivevano e che grazie a loro hanno costruito le fortune di Milano. Se l’odore di stallatico risulta insopportabile, si vada ad abitare in un’altra zona della città, non c’è molto altro da dire.
Va ricordato inoltre alle imprese costruttrici e agli amministratori cui spetta il compito di rilasciare permessi edilizi che è meglio adottare una politica non invasiva di un’area rurale, evitando così l’esito certo di generare conflitti fra città e campagna, dove quasi sempre è la prima a vincere, a prezzo di un grande danno arrecato all’ambiente, alla collettività e al suolo. Lo stesso dicasi per l’illuminazione notturna. Nei dintorni di un’area agricola priva di illuminazione è insensato rivendicare la messa a dimora di lampioni: la campagna, di notte, deve rimanere al buio o illuminata solo dalla Luna. E se si vuole fare una passeggiata serale, magari alla scoperta delle lucciole, ci si va tutt’al più con delle torce elettriche, diversamente si infastidiscono piante e fauna.

Mario Sironi: Paesaggi urbani, Gasometro, 1943

Il Parco Agricolo del Ticinello non è la Biblioteca degli Alberi sotto il Bosco Verticale, qui il bosco è decisamente orizzontale e vecchio di secoli, lo hanno piantato i nostri avi, contadini o monaci, creando un paesaggio unico e meraviglioso.

ALTERNATIVA AL MONDO URBANIZZATO

Decidere di fare una passeggiata in un parco agricolo significa camminare in campagna per godere dei suoi pregi. Non ci si va per esibire costose tenute da jogging ma possibilmente indossando calzature idonee che potrebbero impolverarsi o infangarsi, gli stivali di gomma se per caso ha piovuto a lungo. Se non si vuole vedere il fango sotto le suole dopo qualche giornata di pioggia semplicemente ci si astiene dall’andarci. Non s’invocano le stradine d’asfalto o di calcestre (a meno che non servano per ragioni autentiche, di mero servizio).
Occorre tenere ben presente, magari findai primi anni di scuola, che l’ambiente milanese si compone di una parte alternativa alla parte urbana, qualcosa che si potrebbe definire il suo opposto, l’alter ego rispetto all’abitare in un continuum di cemento, una seconda realtà all’interno o parallela a un’altra, con le sue leggi distinte da rispettare. Qui si conservano ancora in parte le culture legate alla terra, in opposizione alla città dove prevalgono le tendenze a rinnovare o a spazzare via tutto del passato, perfino se illustre.

IL MONDO RURALE DEVE ESSERE GESTITO MEGLIO

Chiesa Rossa, frammento di scuola giottesca

I cittadini vanno invitati a riflettere sull’ambiente in cui vivono e vanno ricondotti al contesto storico, di cui hanno perduto il senso. Il 20% circa del territorio comunale, pari a quasi 3.000 ettari dei 18.000 complessivi, è ancora agricolo. Sono 30 chilometri quadrati dove tuttora lavorano 117 aziende. Milano è il secondo comune rurale d’Italia, cosa di cui cittadini e istituzioni faticano parecchio a tenere conto, anzi, in certi momenti sembra che un simile dato di fatto dia fastidio, per diverse ragioni. Quando il Comune di Milano possedeva la Centrale del Latte, che ritirava quello prodotto dalle sue cascine, i milanesi consumavano latte e yogurt a chilometro zero. Oggi non più. Venduta la Centrale del Latte, latte e yogurt provengono da altre province e regioni, quando non da stati esteri. Decine di cascine sono o chiuse o in rovina a causa della scarsa o nessuna manutenzione, vittime di una vera e propria sindrome dell’abbandono. Anche questo è parte del patrimonio dimenticato.

Oggi il Comune di Milano ha il grosso problema di trovare una nuova funzione per interi complessi rurali. Queste cose accadono anche perché non vi è mai stato un assessorato all’agricoltura appositamente preposto a tutelare il territorio e i prodotti. Peccato che non sia stato introdotto il brand “Città di Milano”, che per certi versi potrebbe già essere un marchio di eccellenza nel settore alimentare. A Milano serve un ‘avvocato dei suoli’ pronto a chiedere conto del continuo tentativo di consumarli. Non è interesse di nessuno delegare una simile problematica esclusivamente all’Urbanistica.

I LUOGHI STORICI SALVATI DAI CITTADINI

La gesetta de lusert al Lorenteggio: esiste ancora perché non è stata dimenticata

Una parte speciale del libro è dedicata al Riparto V dei Corpi Santi, corrispondente a Porta Nuova-Ponte delle Gabelle. Oggi è ‘la zona dei grattacieli’, che raggiunge le ex Varesine, ma l’intorno è una realtà straordinaria della vecchia Milano. Purtroppo, nulla di quest’ultima pare più suscitare interesse. Eppure resta la parte di città più amata dai cittadini: che cosa c’è o c’era al Ponte delle Gabelle e perché fino a Porta Nuova è così monumentale? Dal ponte delle Gabelle sono partiti i primi treni della linea Milano-Monza, nel 1849, la seconda d’Italia dopo la Napoli-Portici. Le due relative stazioni ferroviarie, d’epoca, ci sono ancora, camuffate da interventi di ammodernamento alquanto radicali. Il capitolo indica come scoprirle.

Sempre qui, al Ponte delle Gabelle, dove verso la fine dell’Ottocento i barconi trasportati dal naviglio Martesana entravano a Milano, sono sorte le Cucine Economiche. L’edificio è tutt’oggi esistente. Si tratta della prima mensa pubblica di Milano e forse del Paese, una delle prime in Europa; fin qui nulla di così straordinario, se non che il luogo si è conquistato un posto nella storia dell’arte grazie ai quadri di Attilio Pusterla, pittore di grandi tematiche sociali, bravo quanto Pellizza da Volpedo, l’autore del celeberrimo Quarto stato. Emigrato negli Stati Uniti ebbe grande fortuna, suoi sono gli affreschi della Corte Suprema di New York. Attilio Pusterla è molto studiato e ricordato là, mentre a Milano, sua città natale, è completamente dimenticato.

punto d’incontro “magico”

Al Ponte delle Gabelle si congiungevano il naviglio Martesana e il Seveso, approfittando dell’abbondanza di acqua è sorto il primo, o uno dei primi, centri balneari della città. Ci sono delle bellissime fotografie d’epoca a riguardo. In questo punto cessa l’area Martesana, di cui si raccontano le vicende, comprese quelle legate al naviglio ducale. Ducale perché interamente progettato e realizzato dai signori di Milano, tanto da suscitare l’ammirazione di Leonardo da Vinci. Questo era, in effetti, il naviglio più bello e frequentato: a cavallo, in carrozza o a piedi, con intere comitive che uscivano dalla città o per recarsi in una osteria o per un picnic tra alberi, marcite e fontanili, dove d’estate ci si bagnava pure, godendo dei freschissimi 11 gradi.

il passato dimenticato

Il secondo volume della “Milano dimenticata” prosegue con i casi davvero esemplari di due chiese millenarie, salvate a furor di popolo. Due tra le costruzioni in assoluto più antiche di Milano sono state letteralmente strappate alla rovina e all’abbattimento cui erano destinate dall’impegno continuo dei residenti. Due storie esemplari di cittadini che hanno compreso come un manufatto di pregio storico, infatti, aumenta il valore estetico del quartiere, con ripercussioni positive, tra le altre cose, anche sul valore degli appartamenti degli edifici adiacenti. Le due chiese sono la gesetta de lusert, al Lorenteggio, e Santa Maria la Rossa al Fonteggio, nota a Milano semplicemente come Chiesa Rossa, sorta su una precedente villa patrizia d’epoca romana.

Foto in alto:  la forma particolare del Comune dei Corpi Santi e, a fianco, la legendina per individuare i toponimi, pubblicata nel II volume




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