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AI, PAOLO BENANTI: FRATE OMOFOBO MA “INTELLIGENTE”

Il Governo italiano e l’Onu nei mesi scorsi hanno nominato un prete francescano tra gli esperti che dovrebbero elaborare le strategie dello Stato sull’Intelligenza Artificiale. Finora, però, il personaggio è noto solo per i suoi deliri contro gay pride, “ideologia gender” et similia

Padre Paolo Benanti in una recente conferenza

Chi è questo signore sorridente? E’ un vero esperto di evoluzione tecnologica e di era digitale, parla a ingegneri e industriali, un professore di logica e filosofia, vero piacere sentirlo e imparare da lui molte cose sulla modernità tecnologica. Si chiama Paolo Benanti, è un frate francescano ordinato prete, neopresidente della Commissione Intelligenza Artificiale, detta impropriamente Commissione Algoritmi. In altri termini, rappresenta le istituzioni italiane nel fissare i paletti al dilagare dell’AI in ogni campo e nel futuro prossimo del Paese.

Ha da poco sostituito Giuliano Amato, silurato dalla Meloni con poche parole e in maniera informale durante la conferenza di fine anno. Il 19 ottobre scorso, Giuliano Amato era stato nominato presidente della Commissione Algoritmi, un gruppo di ricerca creato dal governo Meloni per studiare l’intelligenza artificiale. Attaccato dalla Meloni ha dato subito e volentieri le dimissioni. Benanti era il vicepresidente, nominato su suggerimento vaticano, oggi è “l’esperto di AI”  per conto sia del governo italiano, che lo ha voluto a presiedere l’organismo a cui affidare l’elaborazione della strategia nazionale sull’Intelligenza Artificiale, sia contemporaneamente per conto del Segretario generale delle Nazioni Unite, che lo ha indicato membro dello «High-Level Advisory Body on Artificial Intelligence» dell’Onu.

Il francescano: “Queer significa finocchio”

Non si comprende, quindi, come sul piano bioetico Benandi non riesca e esprimere concetti più profondi, votati all’intelligenza autentica, per la precisione, bensì solo idee identiche alle sparate di una testa di legno come il generale Roberto Vannacci. In una rarissima intervista, concessa unicamente a La Voce, testata apparentemente parrocchiale, in realtà portavoce delle stesse istanze promosse da Vox, il partito spagnolo con cui parla di frequente la Meloni (e a cui pare abbia fatto perdere le elezioni), nell’ultima parte, pubblicata QUI con il significativo titolo “No alla cultura dell’unisex”. Benanti cita «quei fenomeni da baraccone che vediamo al Gay Pride» e ha specificato che «l’utilizzo del termine queer è lo stesso che a Roma facciamo di “finocchio” […] Quando giocavo al campetto dai salesiani – prosegue il frate eterosessuale convinto – bastava mettere in dubbio la mascolinità dell’avversario per far scattare una rissa. Ora questi lo prendono come un vanto».

“Nel corso della lezione – spiega La Voce – padre Benanti ha proiettato molti video per dimostrare la novità assoluta del linguaggio attraverso il quale si esprime la teoria del gender”. In altri passaggi dell’articolo viene definita “ideologia gender”, un eufemismo per indicare, in pratica, il movimento lgbt. Il problema è che Benanti queste idee non le riporta mai in un contradditorio pubblico con interlocutori di pari livello, ma solo in contesti dove il consenso è scontato. Benanti non si confronta, non si misura. Non accetta il dialogo. Scivola via che è un piacere.
Curriculum: etica cattolica, omofoba e senza aperture
Il prete francescano che combatte complotti omosessuali e gender come un buon padre di famiglia che indica ai figli il corretto modo di intendere la sessualità, forse non è cosa nuova, certo è una delusione. Fra’ Benanti non può vedere (come tanti del resto) i gay pride e la gestazione per altri, detta anche da lui volgarmente “utero in affitto”, tutto un mondo che, a suo avviso, rappresenta “il post-umano”, frutto del complotto gender. Occhio quindi all’intelligenza artificiale che proietta il geneder a destinatari inconsapevoli. “La soluzione del problema non è la libertà dell’orientamento sessuale o la teoria del gender”, teorizza Marta Ginettelli, della redazione dell’ultracattolica La Voce, interfaccia della spagnola Vox, riportando il pensiero del frate espresso in una sua lezione: non c’è libertà possibile per l’omosessualità; la sessualità giusta è una, unica: eterosessuale.
Pochissimi, fuori dal suo ambiente, lo conoscono veramente, eppure dovrebbe essere lui a occuparsi di intelligenza artificiale per conto degli italiani. Con quali criteri è un mistero. Con quali iniziative, altrettanto. Ha pubblicato qualche volume, tra cui uno che è un biglietto da visita: Digital Age, teoria del cambio d’epoca, persona, famiglia, società, oltre a una serie lunghissima di monografie, capitoli e articoli spazianti dalla teologia morale alla bioetica, in decine di voci diverse in tutti i rami della scienza e di storia della stessa. Un pozzo di scienza QUI l’elenco completo.  Però un  dibattito pubblico con possibile contraddittorio che sia uno non lo fa. Come la Meloni. Parla solo con chi si fida e s’inchina. Non è una bella premessa.

Sfugge sistematicamente a ogni confronto

Padre Paolo Benanti a quasi sei mesi dall’insediamento non si lascia intervistare, non si interfaccia con i media, con cui pure dovrebbe relazionarsi per professione, non si lascia conoscere, evita come il diavolo l’acqua santa i dibattiti pubblici e soprattutto evita le domande scomode. In rete si trovano solo alcune sue conferenze. Ben fatte, ma sta alla larga da certi argomenti etici.
Sfugge al confronto, padre Benanti. Sfugge alle testate giornalistiche, a qualsiasi testata, anche prestigiose e sfugge alle telecamere dei dibattiti più professionali, non si mostra, non si fa conoscere, evita gli studi televisivi e la pubblicità sotto qualsiasi forma. Non discute con nessuno, solo con se stesso e gli adoratori del Benanti-pensiero.
Padre Benanti è conosciuto praticamente solo dalle gerarchie ecclesiastiche e da alcuni politici (quali?) che l’hanno inserito nella cosiddetta Commissione Algoritmi e non si sa nemmeno chi vi partecipi, o lo sanno in pochissimi. Anche la Commissione sembra segreta, non si sa che cosa produca o dovrebbe perodurre, Benanti non l’ha mai detto. Chi dovrebbe farci dormire sonni tranquilli, esprimendosi con chiarezza riguardo il futuro mediatico, culturale, economico, è avvolto dalle nuvole, risponde unicamente a strette elite consenzienti.

La decisione di lanciare una commissione in tema di AI parte da Alberto Barachini, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria. Classe 1972, Barachini è stato a lungo un noto giornalista dei tg Mediaset. Dal 2018 è senatore, eletto in Lombardia con i voti di Forza Italia.  Più che altro puntava sulla presenza in Commissione AI di Giuliano Amato, cattolico più equilibrato. E invece niente, Meloni dispettosa con Forza Italia ci dà un taglio.

“Consigliere del Papa”, ma spara cretinate alla Vannacci 

Benanti è consigliere di Papa Francesco sui temi, appunto, dell’intelligenza artificiale, soprattutto dell’etica della tecnologia. Da quando il vecchio Bergoglio, assillato dalle congreghe di cattolici tradizionalisti, si è convinto che il “pericolo gender” esiste veramente, la sua carriera ha spiccato il volo. La “teoria del gender”, tanto per intenderci, è quel complotto universale le cui pretese consistono nell’abolire le differenze culturali di genere. Una sorta di nuovi Savi di Sion, ossia i gay militanti, operano per rovesciare l’ordo naturalis stabilito da Dio. Essi sono Satana.

Stemma della Pontificia Università Gregoriana

Docente alla Pontificia Università Gregoriana, è un autentico sostenitore dell’esistenza del complotto che promuove la “sessualità sbagliata” nel mondo, nonché la gpa, che lui intende essenzialmente come concessione innaturale all’omogenitorialità, al complotto gender, quindi “come dice Dio” è da vietare. Figuariamoci se la Meloni non è d’accordo, anzi, è presente e futuro della chiesa. Il generale Roberto Vannacci potrebbe definirle Paolo Benanti il suo teologo preferito.

Benanti, nelle sue appassionate lezioni di storia della tecnologia è un vero istrione, un attore da Oscar. Le altre, quelle in tono minore, rarissimamente sono rese note, ma è proprio qui che cita episodi della pubblicità televisiva commerciale dove secondo lui si promuoverebbe l’idea del gender ricorrendo ovviamente alla persuasione occulta. Anche questa è intelligenza artificiale, sottinteso. E’ il retropensiero della comunicazione commerciale a dover essere corretto, non lo si può lasciare libero, occorre un tipo di controllo più ideologico sui media. Sono esattamente gli stessi pensieri del radicalismo intergralista. Sentite QUI una sua appassionata lezione,  è anche divertente ascoltarlo promuovere cretinate.
Gli unici che riescono ad avvicinare il padre francescano e a trascinarlo in una conferenza sono legatissimi al mondo cattolico, QUI un incontro organizzato dai Francescani .   L’unico giornalista che abbia fatto luce sul personaggio è Andrea Capocci, del Manifesto, con un’inchiesta intitolato “Paolo Benanti, il frate nerd fervente militante «anti-gender», in Il Manifesto, 7 gennaio 2024, punto di partenza di questo articolo.



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