LEOPARDI, PIU’ ATEO E FAVOLOSO DI COSI’ SI MUORE

Utile, gradevole film per scoprire o riscoprire Giacomo Leopardi, troppo spesso si dimentica che è stato il maggior poeta e filosofo (ateo) del XIX secolo, sicuramente uno degli studiosi più colti, moderni e raffinati del tempo, ancorché penalizzatissimo dalla cultura cattolica prevalente per decenni nelle nostre scuole e variamente dominante anche fuori, anche oggi. 
Merito notevole del regista napoletano Mario Martone e della splendida prestazione attoriale di Elio Germano averci restituito una figura incredibilmente attuale, appannata dalla noia scolastica, ma che in realtà vedeva avanti un secolo rispetto alle idee scientifiche positiviste  dominanti allora come in tanta parte del Novecento.  
La prima parte de “Il giovane favoloso” è la migliore, descrive un rapporto con la famiglia a Recanati e col padre in particolare, che lo voleva nella carriera ecclesiastica. Il padre Monaldo ama fino alla follia questo suo figlio geniale, quasi lo uccide con la sua sorveglianza soffocante; la seconda parte è basata sul rapporto ancora oggi poco chiarito (né forse mai lo sarà) con il “sodale” Ranieri che scuote fortemente l’eterosessualità ufficiale del maggiore poeta italiano dell’Ottocento. Qui “il giovane favoloso” è piuttosto un signore malinconico “diversamente abile”, afflitto da grave deformazione alla schiena, forse nel film un po’ esagerata per sottolineare quanto fosse fragile nelle emozioni, oltre che di salute, dove nel bel Ranieri vede soprattutto la proiezione del suo alter ego più fortunato.  Un’amicizia non omosessuale, a quanto pare, quanto piuttosto omofila, lontana da un “sodalizio” sessuale, come poteva essere quello fra Rimbaud e Verlaine ma pur sempre a suo modo tormentata da una certa passione dovuta alla sessualità a dir poco incerta, di sicuro inespressa, del Poeta. 
Le scene meno convincenti probabilmente riguardano una Napoli anni 30 dell’Ottocento, qualche decennio prima dell’impresa di Garibaldi, che Martone traduce in veste felliniana, e qui sembra di rivedere le scene iniziali e finali di “Satyricon” (1969). Un errore, a mio avviso, consolida l’idea di una città perennemente brutale e ignorante, quando al contrario soprattutto in quella fase fu una delle metropoli più colte e avanzate in Europa, regnante un brillante Ferdinando II non ancora trentenne.  Delle due ore e mezza di durata del film, forse 10 minuti della mezz’ora finale potevano essere tagliati. 

Elio Germano “giovane favoloso”. Notare la somiglianza con il busto sottostante 
Busto di Leopardi esposto nel museo Tripisciano di Caltanissetta



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