DARLING PRIMA E DOPO

 
 
 
  Chi conosce il teatro di Ricci/Forte sa quanto impegno e perfino fatica fisica costino agli attori le rappresentazioni. Bisogna proprio amarlo molto e intensamente il teatro dei due Autori, per accettare una parte nelle loro pièce. Il profondo coinvolgimento loro richiesto è anche una maniera automatica di selezionare professionisti o performer autenticamente interessati e convinti. Altro che casting.
Ho assistito alle prove di Darling (ipotesi per un’Orestea) il 6 febbraio 2015 a Vicenza. Questo video di 25 minuti, con le sue brevi interviste informali, volanti, è anche occasione di incontro ravvicinato con Stefano Ricci in veste registica; credo sia la prima volta in cui appare direttamente all’opera. Non solo. Sul palcoscenico era stato montato un vero, pesantissimo container e per un lungo momento ebbi la sensazione di avere a che fare con dei macchinisti, non con degli attori.  Li vidi trasformarsi in danzatori e in interpreti. Il video documenta, appunto, questa sorta di continuo passaggio, scenico e interiore, dal faber al sapiens e viceversa, sino al gran finale degli uomini-scimmia ciondolanti da una gabbia, vestiti solo di guanti ed elmetto militare. Una scena che ad alcuni ha ricordato le scimmie dell’Odissea di kubrickiana, a me Un anno sull’altopiano: Lussu notava come la guerra riportasse alla nudità primitiva. 
Il container montato in scena
Si possono criticare gli spettacoli di Ricci/Forte? Certo, ci mancherebbe. Pochi però l’hanno fatto, peraltro senza seguito, il successo è innamorato di loro due. Un appunto che può essere mosso, riguarda proprio la fatica notevole imposta gli attori e qui nelle prove è ben documentata; in verità, parlando con gli attori si scopre quanto sia accettata con naturale serenità; è estrema prova, dura esperienza, “gavetta” autentica riservata a pochi, fra l’altro. Gli attori sono contenti di dare tutto di se stessi, ecco il punto. Il pubblico ne è estasiato. Siamo piuttosto lontani dalle accademie, l’attore franco-belga-portoghese Gabriel Da Costa lo spiega qui con il suo ottimo italiano nella breve intervista che gli ho fatto (purtroppo l’audio non è perfetto, probabilmente per interferenza di un radiomicrofono acceso nelle vicinanze, penso, me ne scuso).  
Stefano Ricci all’opera

 

Il linguaggio espressivo duro e border line di Ricci/Forte riesplode in Darling sia nei testi, sia nella voce, sia attraverso la rappresentazione simbolica. Per esempio, mentre in Troia’s discount c’erano carrelli da supermarket a trasportare, fra la merce, gli attori stessi, “carne umana semovente da consumo”, nella metafora, qui, come per proiezione su un grande schermo,  è addirittura il container di cui si è detto sopra a occupare il centro del mondo, a essere scenografia unica, ingombrantissima e pesantissima. Sempre contenitore di merce è e sempre vicende umane ad alta macelleria contiene. 
E’ curiosamente la prima volta in cui Ricci/Forte usano una scenografia. In effetti, i due Autori, non va dimenticato, usano modalità “metaprovocatorie” a dir poco provocatorie, con un impiego del nudo, piaccia o no, inscenato ancora per stupire, per colpire, per debanalizzarlo, toglierlo dal porno e restituirlo alla sua sensualità.

 

Sbagliato però leggere la loro drammaturgia in chiave sociologica. Colpisce molto un pubblico e una critica sempre più vasti la loro estetica omoerotica, l’ironia omoeretica od omofila, evidente anche quando fanno indossare il tutù sopra le tute arancioni dei macchinisti-danzatori-attori, contrastando le immagini sempre più tragiche che ormai tale indumento evoca. 
 
Ricci/Forte hanno trovato un registro nuovo: qui non ci sono le raffinate atmosfere di Jean Genet, magari disegnate da Jean Cocteau. Semmai è casa Carioni versione disintegrante. In Darling ci sono tre giovani (oltre al già citato Da Costa, Piersten Leirom e Giuseppe Sartori, intervistato in un precedente video http://youtu.be/SxW69–RIo0) e una madre inquietante, Anna Gualdo; non è una vera storia di famiglia, anche se le caratteristiche nevrotico-criminali non mancano. Perché è giusto quel container lì al centro a fungere da protagonista, il contenitore di tutte le merci e quindi di tutte le vicende e di tutti i feticismi possibili. Un totem smontato pezzo per pezzo per riportarlo alla sua essenza di gabbia per primati senza pelliccia.  
Testo e video di Roberto Schena
A cura di Esplorazione urbana n. 44

Il link del video: http://youtu.be/emPCszwGHzw

Piersten Leirom, Giuseppe Sartori e Gabriel Da Costa
Anna Gualdo e Giuseppe Sartori
Piersten Leirom
Gabriel Da Costa



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