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«IL MIO AMARCORD OMOFOBO» Intervista a Pasquale Marrazzo

Il regista e autore di “Prossimo tuo” parla dell’adolescenza difficile a Quarto Oggiaro, nel pieno della periferia omofoba: « Non avevo alcuna coscienza di me, ma gli altri capirono qualcosa e iniziarono per anni a dare fastidio».  I due attori protagonisti, non gay, adattati alle scene di forti effusioni affettive

 

Pasquale Marrazzo, regista, durante l’intervista

Pasquale Marrazzo, 61 anni, regista di cinema e teatro, racconta l’omofobia nel suo film “Prossimo tuo”, appena uscito e da noi recensito (la trovate QUI).  Pasquale, da adolescente, visse davvero di persona in un contesto tendente al bullismo omofobo. Gli episodi subiti li ricorda bene e li ha portati nelle scene chiave del film. Non è la prima volta che un simile vissuto personale si trasferisca direttamente in una pellicola e diventi materia di condivisione.  Le prime scene del film, infatti, sono una ricostruzione di qualcosa che Pasquale ha vissuto di persona nel quartiere di Quarto Oggiaro, a Milano. Trattandosi di una zona residenziale nota alle cronache (Quarto Oggiaro poteva essere considerata una Scampia del Nord, ora non lo è più ma nemmeno Scampia oggi è più quella di una volta), si può dire che l’omofobia imperante creasse casi di emarginazione nell’emarginazione: esclusione doppia.

«Frequentavo la scuola media locale, tra Villapizzone e Musocco, due quartieri attaccati a Quarto Oggiaro. Ricordo la mia adolescenza come un incubo. Fra gli 11 e i 14 anni ero preso di mira dagli altri ragazzi, che evidentemente avevano intuito la mia omosessualità ancora prima che io avessi tempo e modo di rendermene conto. Non avevo alcuna coscienza di me, ma gli altri capivano qualcosa e iniziarono a dare fastidio con spintoni, insulti, sfottò.

Quanto tempo è durato?

«È andata avanti degli anni. Nel film mi sono ricordato di questi episodi, mai rimossi. C’erano anche ragazze che con me ci provavano al solo scopo di dimostrare che ero gay per averle rifiutate. Però non ho mai permesso che diventassi il loro zimbello, mi sono anche difeso fisicamente, affrontando sempre tutto da solo. Parliamo degli anni 70, la mia scuola media era considerata sperimentale, si tenevano corsi di arte varia, musica, pittura, era un laboratorio creativo. Nonostante questo, venivo attaccato.

Il rapporto con gli insegnati com’era? Si accorgevano del bullismo che ti circondava?

Michele Costabile e Jacopo Costantini, il bacio appassionato

«Gli insegnanti vedevano. Mi chiedevano come vivessi in classe. Io rispondevo che andava tutto per il meglio, in realtà non avevo gli strumenti per capire che cosa stava succedendo intorno a me. Solo in anni successivi sono diventato reattivo».

Secondo te, a distanza di oltre 40 anni è cambiato qualcosa da allora, nei quartieri?

«Le cose non evolvono facilmente, credo che anche oggi la questione omofobia si ponga in modo difficile».

Nel film, già dalle scene iniziali, si vede una squadra rincorrere i due protagonisti per menarli…

«…Ed era avvenuto così, si è verificato con me e un amico a Quarto Oggiaro nel parco che oggi è chiamato Villa Scheibler, ci hanno rincorso per darci degli schiaffi.  Hanno beccato il mio amico, che era dietro di me, la scena del film è identica, anzi, fu anche più violenta».

E le famiglie?

«Le famiglie erano pronte a dare il doppio delle botte. L’incubo è andato avanti degli anni, finì quando compii 16-17 anni».

In “Prossimo tuo”, l’aggressore viene a sua volta preso a schiaffi dal padre, non è un po’ tardi come intervento correttivo a posteriori? 

«Infatti. Prima gli solleva il volto con amore (vedi foto in alto, ndr), poi non resiste e lo prende a schiaffi, ma avrebbe dovuto prendersela con se stesso per non essere stato in grado di trasmettergli il valore del rispetto. La famiglia in questo è più importante della scuola, se fallisce su questo, fallisce tutta la mission educativa».

Michele Costabile con la T-shirt  ispirata a Kafka

Uno dei due attori, Michele Costabile e Jacopo Costantini, porta per quasi tutto il tempo del film una T-shirt gialla con il disegno di due enormi scarafaggi. Presumo sia un’allusione alla mostrificazione descritta da Kafka ne “La metamorfosi”.

«E’ così in effetti. La maglietta è stata realizzata apposta dalla costumista Lucia La Polla».

Andrebbe esposta in un museo. I due attori protagonisti, Michele Costabile e Jacopo Costantini, non sono gay, ma si sono adattati piuttosto bene alle scene di effusioni sentimentali, nel bacio in particolare. 

«Vero. Sono le nuove generazioni di attori, sempre più aperte, Jacopo e Michele sono trentenni. Un riflesso delle aperture sociali e della condanna dell’omofobia».

Che cosa mi dici di loro?

Un’audace scena del film

«Jacopo Costantini è perugino, al suo attivo ha un paio di film (da protagonista) e un po’ di esperienze teatrali, da ragazzo è stato membro dell’Agesci, l’associazione degli scout cattolici. Vive con una compagna orientale a New York, dove lavora come attore teatrale, parla benissimo l’inglese (traduce anche opere teatrali, ndr) e il suo vago accento italiano lo favorisce perché lo chiamano apposta per interpretare ruoli di nostri oriundi. Michele Costabile, coetaneo di Costantini, è nato a Roma ma cresciuto a Pescara, al suo attivo ha sei film (piccoli ruoli) e una trentina di esperienze teatrali, recitando tra gli altri con Elio De Capitani, Massimo Popolizio e me».




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