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Cinema / “PROSSIMO TUO”, L’OMOFOBIA SOTTO LA CENERE

Ambientato in un quartiere periferico come Quarto Oggiaro, ecco un film che riflette un episodio di aggressione realmente vissuto del regista Pasquale Marrazzo. Nelle periferie di Milano (e ovviamente non solo) si sconta ancora l’ignoranza e la violenza

 

La scena dell’aggressione

E se ciò che sembra non possa mai più accadere, invece accadesse? Per esempio, sembrava che la guerra fosse bandita dall’Europa, invece per più volte nel volgere di trent’anni è accaduto, in Jugoslavia, in Serbia e in Ucraina. Anche i pestaggi omofobi sembrano irripetibili, la società sarebbe ormai troppo evoluta per attuarli, invece ogni tanto si legge e si sente qualcosa del genere dalle cronache, non sono affatto spariti dalla circolazione. Così come non è affatto sparito l’ostracismo familiare. La nevrosi sociale è appena trattenuta da qualche tenue foglia di fico.

Michele Costabile e Jacopo Costantini

Ci pensa il film di Pasquale Marrazzo “Prossimo tuo – Hotel Milano”, uscito in questi giorni di maggio 2023, a levarla di mezzo. La pellicola (si dovrebbe parlare di video, il cinema è ormai da tempo interamente digitalizzato) parte esattamente da questo presupposto, ricostruisce un’ambientazione nell’evoluta Milano del tutto antitetica, fortemente scettica, nient’affatto tranquillizzante per le relazioni omofile. Ambientato in un quartiere periferico come Quarto Oggiaro, la trama riflette un episodio simile, realmente vissuto del regista Marrazzo. C’è sempre della brace accesa sotto la cenere, basta gettarvi sopra qualcosa di infiammabile ed ecco alzarsi un incendio. Forse è il caso di ricordare come nella Germania del primo dopoguerra, quindi prenazista, stavano per essere abolite le leggi ottocentesche che punivano con anni di carcere l’omosessualità. Anzi, furono abolite tout court dal Parlamento socialdemocratico di Weimar, peccato che il presidente Paul von Hindemburg si rifiutasse di ratificare quella legge, poi definitivamente affossata dal nazismo, che rincarò la dose di galera e avviò una campagna di arresti conducenti fino ai lager e ai triangoli rosa. Gli omosessuali, peraltro, furono gli unici a non essere scarcerati nel 1945, gli Alleati preferirono tenerli in galera, non si sa mai. E la posizione della chiesa, come sempre, allora come oggi, non aiutava, semmai aggravava.

Il paesaggio di Quarto Oggiaro elemento essenziale di “Prossimo tuo”

Si deve dunque giungere agli anni ’70 per procedere all’abolizione di tutte le leggi punitive in Europa, l’Italia era l’unico Paese a non averle, anche se l’omofobia sussisteva comunque e ovunque. Il presupposto del film è che un giorno, da qualche parte, per opera di non si sa chi, riemergano episodi di violenza paranazista (ma la violenza omofoba non è prerogativa del solo nazismo).  Riki e Luca, interpretati da Michele Costabile e Jacopo Costantini,  ne rimangono vittime, in un primo momento riescono a fuggire, in una successiva occasione Luca cade nella rete e finisce massacrato all’ospedale. Da questo momento, invece della solidarietà, scatta un meccanismo infernale che per la verità qualunque persona omosessuale conosce bene, o per averlo vissuto o per averlo visto capitare a un amico, un conoscente.

La famiglia dell’aggredito non ha mai accettato l’omosessualità del giovane per cui si oppone a qualunque tentativo di Riki di recarsi in ospedale al suo capezzale. Inizia una serie di tira e molla con tutti i parenti fino a quando non giunge la notizia più importante, che risparmiamo al lettore per non anticipargli l’intera trama.

Michele Costabile e Jacopo Costantini in “Prossimo tuo”, inquadratura del paesaggio di Quarto Oggiaro

Michele Costabile

L’avventura, terrificante, ha una sua precisa dimensione kafkiana, fra l’altro Riki indossa quasi tutto il tempo una maglietta gialla sulla quale sono disegnati dei grossi scarafaggi, un simbolo dei rimasugli nevrotici covanti sotto la cenere dell’omofobia. Il riferimento a Kafka è d’obbligo, ci vuole un attimo per procedere con la mostrificazione di chi assume un comportamento ritenuto “anormale”. Il film però non è pura rappresentazione della violenza, ha modo, attraverso dei flashback, di mostrare le fasi dell’innamoramento, che fra maschi ha sempre una valenza poetica del tutto particolare, come ce l’ha fra donne. I momenti di grande tenerezza da soli valgono l’intero lavoro, il film avrebbe anche potuto narrarceli per tutto il tempo, se non fosse per l’interruzione dell’odio intervenuto dall’esterno, sarebbe stato appunto un altro film. Una di queste scene ricorda per la tenerezza espressa l’episodio del basilico piantato in un vaso, narrato nel Decameron da Pasolini/Boccaccio. Il voler rimanere accanto all’amato per sempre, anche dopo la vita.

Intervista al regista Pasquale Marrazzo, la trovate QUI.




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