Teatro – IL CALAPRANZI di Harold Pinter

Torna il Calapranzi, all’Out Off
dal 23 al 28 giugno 2015

Testo e videointervista di Roberto Schena
A cura di Esplorazione urbana, n. 66




Link del video: https://youtu.be/YG_rHPBuVOo

 

 

 

Torna a Milano in cartellone, per pochi giorni, il Calapranzi, di Harold Pinter (1930-2008), premio Nobel per la letteratura nel 2005.  Il calapranzi sarebbe il montacarichi utilizzato dagli alberghi per trasportare i pasti da un piano all’altro, titolo originale è The dumb waiter, che suona: “il cameriere muto, scemo”, come in effetti sembra essere questo aggeggio. 
In realtà in questa commedia dove sono protagonisti Gus e Ben, è proprio lui a comandare, sì, un ascensore, un robot elementare che porta ordinazioni… ma anche ordini, tramite biglietti, pizzini. Come nelle corde di Pinter, inizia un dialogo sul filo dell’assurdo, condotto dalla coppia, davvero una strana coppia, trattandosi di due killer in attesa della prossima commissione. 
Il calapranzi, come sottolineato dal registra Antonio Mingarelli, è in realtà il non volto del potere, il vero potere, che è quasi sempre invisibile, nonostante la sua presenza si faccia molto sentire, pesi parecchio nella vita dei due, come di tutti noi. 

 

Antonio Mingarelli


Gus e Ben, a dispetto della loro inammissibile professione, sono una coppia di fatto comica, anche ridicola, compie gesti senza significato, come quello di consegnare al calapranzi il cibo acquistato altrove, invece di riceverlo, totalmente dipendente da un Fattore Invisibile e incomprensibile… come tutti noi, del resto. “Il teatro di Pinter non concede nulla di catartico, a questo né il pubblico, né gli attori sono abituati”, spiega il regista Antonio Mingarelli.

Fabrizio Martorelli e Alberto Onofriettis 
sono Gus e Ben

 Fabrizio Martorelli è Gus, Alberto Onofrietti è Ben, due interpreti noti, di cui la Milano del teatro non può che essere grata e orgogliosa. Gus e Ben sono due nomi e ruoli altamente intercambiabili, potrebbero essere due giovani come due anziani, recitano battute complementari, i veri “camerieri scemi” e i protagonisti inquietanti sono loro, imprigionati nell’incapacità di uscire dall’ambiente claustofobico in cui si sono cacciati.  




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