CAPODIMONTE, SCANDALOSA LA NOMINA DI BELLENGER
Non è nemmeno dottore in storia dell’arte, ma in filosofia alla Paris X-Nanterre, non certo una scuola d’arte. Successivamente, ha conseguito una specializzazione in storia dell’arte alla École du Louvree alla Sorbona, ottenendo il dottorato di ricerca. Nel 1986 ha conseguito il titolo di Conservateur des Musées de France. Lungo l’intero percorso professionale di Bellenger non esiste nulla di specializzato o concentrato in storia dell’arte italiana.
Sylvain Bellenger |
La nomina del 60enne Sylvain Bellenger al museo di Capodimonte ha dello scandaloso. Dal 2005 al 2010 ha lavorato all’Institut National d’Histoire de l’Art (INHA) di Parigi, che non è un museo ma un istituto che fornisce servizi per la ricerca e dove era semplice curatore capo, una funzione dirigente di medio livello. A dirigerlo c’era e c’è tuttora Antoinette Le Normand-Romain, uno dei maggiori storici dell’arte francese, in particolare di Auguste Rodin.
Per il resto, la biografia professionale di Bellenger si svolge negli States: nel 2012 è capo dipartimento di pittura e scultura europee medioevali e moderne all’Art Institute di Chicago. Dal 1999 al 2005 è stato curatore della pittura e scultura europea al Cleveland Museum of Art. Ha collaborato con la Getty Foundation, la National Gallery of Art di Washington, a Yale e a Palazzo Farnese a Roma, noto come sfarzosa sede dell’ambasciata di Francia. Ancora prima ha collaborato con istituti museali francesi di media importanza: dal 1992 al 1999 come direttore e curatore capo del Château and Museums of Blois, comune di 50 mila abitanti. Il castello è uno dei principali della Loira, una reggia certo molto più bella e vasta di Capodimonte, sede estiva dei Borbone, ma ben lontana dal contenere un’analoga imponenza d’opere d’arte, nulla di minimamente paragonabile. Capodimonte, forse non tutti lo sanno, contiene capolavori assoluti di Caravaggio e della sua scuola, di Raffaello, Tiziano, Parmigianino, Bruegel il Vecchio, El Greco, Ludovico Carracci, Guido Reni, Simone Martini, Colantonio, Caravaggio, Ribera, Luca Giordano, Francesco Solimena, esattamente l’arte di cui Bellenger non è specialista. Dal 1987 al 1991 è stato direttore dei Museums of Montargis, in Francia, magnifica località sempre della Loira, 16mila abitanti (70 mila con l’area urbana), un sistema museale più che rispettabile ma anche qui di dimensioni provinciali, nulla a che vedere con la grande arte internazionale. Bellenger sostituisce Linda Martino, nominata dall’ex soprintendente Fabrizio Vona, che cerca di arginare le urgenze del museo, senza alcun potere di gestione, nemmeno per la manutenzione. Questa estate, il museo è rimasto privo di aria condizionata per un guasto irrimediabile al vecchio impianto; la sostituzione costa diverse centinaia di migliaia di Euro, soldi mai arrivati da Roma, sicché il museo ha dovuto chiudere alcune importanti sale per eccesso di caldo, anziani e bambini sono troppo esposti. Capodimonte, che contiene tra le collezioni d’arte più importanti del pianeta, non riesce nemmeno a organizzare un sito internet decente, quello a disposizione fornisce in pratica solo gli orari. Problemi simili hanno tutti i musei campani, affidati alla Segreteria regionale, il cui bilancio in rosso non consente interventi urgenti. Infatti, il problema di musei nazionali statali, campani o non campani, non sono i direttori o le soprintendenze, che già fanno miracoli in simili condizioni, ma proprio il ministero della Cultura, il quale negli ultimi anni non ha fatto altro che tagliare fondi, nell’incoscienza assoluta. Ora, i nuovi direttori che dovrebbero compiere la “rivoluzione” annunciata dal ministro alla Cultura Dario Franceschini, sanciscono la nascita di musei-enti autonomi, con direttori-manager provvisti di poteri di spesa, non più dipendenti dai dirigenti delle soprintendenze. Al momento, oltre a Capodimonte, anche il museo di Paestum e la Reggia di Caserta sono senza guida. Ora, un francese, un tedesco, un bolognese e un toscano sono chiamati da Franceschini a “cambiare volto” rispettivamente ai musei di Capodimonte, Paestum, Museo archeologico nazionale di Napoli e Reggia di Caserta. In Campania, a quanto pare, non si trova uno specialista degno di dirigerli, eppure, da secoli, sono tutti musei creati e tenuti da studiosi di origine napoletana e campana, ben prima che nascesse il Regno d’Italia e quando ancora nel resto della Penisola pochi aristocratici sapevano che cos’era un museo e come si allestiva. Avranno da Roma i soldi necessari almeno per cambiare le lampadine, negati agli altri, oppure i direttori non italiani sono stati nominati perché così bravi da trovarseli da soli?
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