I tre Ronchetti (2) – L’IMPORTANZA DEL RONCHETTINO
Fra i Tre Ronchetti del Gratosoglio, il Ronchettino è il minore per estensione, ma è l’unico ad avere goduto di un progetto di recupero, uno dei pochi interventi a favore dei borghi milanesi. Diciamo subito che non siamo di fronte a un capolavoro urbanistico, a un reimpiego modello delle emergenze storiche, però se non altro si è attuato un tentativo intelligente di valorizzare qualcosa che uscisse dallo schema del quartiere popolare costituito dai ben noti casermoni. Il Ronchettino è formato da appena tre corpi, tre cascinette, risalenti però al XVI secolo, indicati dalle mappe e noti alla diocesi di allora come lo erano il Ronchettone e, soprattutto, Ronchetto delle Rane. Il Ronchettino è una delle rare aree pedonalizzate delle periferie milanesi (spesso violata dalle auto, però, vedi le foto); accanto si è costruito un piccolo centro commerciale e il tutto è stato legato tramite una sorta di piazza senza nome, rivestita e pavimentata in mattoni di cemento, davanti alla quale c’è il capolinea del tram. Come finis terrae non è granché, però il Ronchettino emerge come un gioello di famiglia in mezzo alla bigiotteria dell’edilizia popolare anni 60-80, fatta di edifici Aler “a scatoloni”. La piazza senza nome rimarca una reliquia storica forse modesta, ma tanto più importante quanto meno ci si occupa delle periferie e se ne distrugge la memoria. Un “miniborgo” che giustamente si è tentato di valorizzare, poiché in realtà introduce al rapporto città-campagna presente negli immediati dintorni; da questa postazione, i campi sono ben visibili a ovest appena al di là dell’arteria di via dei Missaglia e non visibili da qui ma presenti poche centinaia di metri più in là, a est, dopo il fiume Lambro Meriodionale. Ambedue le ali sono terre del Parco Sud.L’ala est, in particolare, attraversata dalla via Rozzano (foto piccola qui sotto), una strada campestre che tra l’altro conduce a varie cascine ancora attive, oltre il maleodorante fiume, è soggetta a pesanti discariche abusive che ne impediscono un uso a parco: c’è molto verde, qui, ma paradossalmente non si possono fare passeggiate, il luogo è addirittura pericoloso, andrebbe risanato e invece è destinato a peggiorare.
Ecco come un privilegio, abitare ai confini del Parco Sud, diventa una iattura. Un borgo è patrimonio culturale del territorio, fa parte della sua bellezza, della sua vivibilità: nuovo e vecchio Gratosoglio, quest’ultimo rappresentato dai Tre Ronchetti, si danno la mano con argomenti molto legati, non si dà recupero dell’uno senza l’altro.
Anche il Ronchettino, come il borgo delle Rane, è dunque da salvare. La porzione più bella ed esterna del miniborgo delle tre cascinette è occupata da un ristorante elegante, piuttosto quotato e caro, a dimostrazione che anche in periferia, se adeguatamente recuperata, possono essere lanciate iniziative commerciali di livello. L’altra porzione, lasciata deserta per decenni, è stata recentemente occupata da una cinquantina di giovani, i quali la stanno facendo funzionare, ma a modo loro, con abbondanza di murales variopinti, realizzata con gli spray. Non brutti, bisogna dire. Il difetto principale dei ragazzi è di essere invisi ai partiti, che sollecitano alle forze dell’ordine lo sgombero, ricorrendo a due principali argomenti: l’appropriazione in modo illegale e l’inagibilità, offrendo in cambio altri spazi dell’Aler. I giovani rispondono che per accedere ad uno spazio Aler bisogna versare una caparra, che non hanno, avere il denaro (che non hanno) per pagare “l’affitto, le spese, la Siae per gli eventi, insonorizzare lo spazio, giacché gli spazi Aler sono tutti posti sotto le abitazioni e la loro presenza arrecherebbe disturbo. Inoltre, per poter somministrare bevande e cibo, i responsabili dovrebbero frequentare un corso che rilasci un attestato dalla Regione Lombardia”. È chiaro come in queste condizioni non si va da nessuna parte, mentre il rapporto con i gio
vani di un quartiere problematico dovrebbe essere considerato prioritario.
Ristorante e centro giovani possono convivere? In teoria nulla osta, anzi, sono iniziative conciliabilissime, arricchiscono i centri città di tutto il mondo, ma occorre una presenza dell’amministrazione pubblica, una sorveglianza e una cura ancora lontani da venire o anche solo pensare.
Infine, un’importante annotazione toponomastica riguardante i Tre Ronchetti. La via in cui si affaccia il Ronchettino non è chiamata col suo nome, ma è stata intitolata a un politico, Lelio Basso, peraltro degnissimo, ma non si capisce che relazione vi sia e perché impedire a una strada di chiamarsi col nome secolare con cui è nota. Lo stesso discorso vale per Ronchetto delle Rane. La via che porta al borgo millenario invece di chiamarsi dei Tre Ronchetti o via del Ronchettone, in omaggio ai campi che attraversa e noti con questo nome, si chiama Via Manduria, amena località messapica in quel di Taranto. La strada che passa in mezzo al borgo e porta ad altri campi, incece di chiamarsi via Ronchetto delle Rane, si chiama via Pescara, poiché notoriamente il borgo tipico si affaccia sul mare Adriatico. La via Ronchetto delle Rane, o via dei Tre Ronchetti, nemmeno esistono. Capita spesso nelle periferie, una dimostrazione palese di come l’apparato amministrativo non sappia rispettare le identità.
Se si considera che dove ora sorge il mercato comunale (compresa l’area dei parcheggi intorno ad esso) esisteva una complesso di cascine, il ronchettino era come superficie il più ampio dei Ronchetti. Saluti da un vecchio abitante di Gratosoglio
Grazie per il commento