Brebemi, l’autostrada dei soliti noti
Una grande inchiesta
Questo video e il presente articolo si basano su un’intervista a Roberto Cuda, giornalista d’inchiesta, autore di Anatomia di una grande opera – La vera storia della Brebemi. È un’inchiesta fondamentale per conoscere come si muove il sistema delle “grandi opere”. E la Brebemi, l’autostrada Brescia-Bergamo-Milano, segnata dalle carte come A35, ne è uno dei maggiori simboli. Un fallimento reso evidente dallo scarso traffico, nonostante abbia arrecato un danno ambientale al cubo (vedremo perché). L’idea dell’A35, nasce a metà degli anni 90 da Francesco Bettoni,. Allora era presidente della Camera di commercio di Brescia e oggi della Brebemi spa. E’ subito appoggiata da Giovanni Bazoli. Quest’ultimo era presidente (oggi emerito) di banca Intesa-San Paolo. Anche lui bresciano come Bettoni. La volontà d’attuazione, in altri termini, parte da un ambito prettamente attinente la seconda città lombarda. In quel momento, il tratto dell’A4 che collega Brescia con Milano era fortemente congestionato. Era, occorre usare il verbo al passato, perché con la costruzione della quarta corsia nel tratto Milano-Bergamo, aperta già nel 2007, congestionato non lo era più da due anni prima che iniziassero i lavori dell’A35.
I nomi dei soli noti
Adducendo pretestuose ragioni “dell’intenso traffico” comunque permanente, il progetto della nuova infrastruttura guadagnerà il sostegno pressocché unanime di tutti i partiti. Salvo i Verdi e Rifondazione comunista. Anche Filippo Penati, presidente Pd della Provincia di Milano 2004-2009, appoggia. Notoriamente, Penati era in buoni rapporti con Gavio, concessionario del tratto Milano-Torino dell’A4 e socio Brebemi. Al Pirellone si era appena insediato Roberto Formigoni. Il “governatore di un’era” (1995-2013), è un convinto sostenitore dell’impresa. Solo la Provincia di Milano restò titubante, per anni. Infatti, Penati e i 32 Comuni interessati alla Bebemi prima si mostrarono ostili al progetto, poi con l’elezione del primo alla presidenza di palazzo Isimbardi, la musica cambiò completamente. Si promosse, addirittura, anche un’altra opera: la Teem. Gli stessi identici protagonisti della Brebemi, cioè Intesa, Penati, Formigoni (poi Roberto Maroni), Gavio e, naturalmente aziende costruttrici, private e coop, le ritroviamo nella Teem, la Tangenziale est esterna Milano, opera concepita “in aiuto” alla Brebemi (come lo è la progettata Toem). Per far digerire meglio la Teem ai cittadini, come opera di compensazione, fu promesso il prolungamento della linea 2 della metropolitana. Un monumento rimasto sulla carta, a tutt’oggi mai neppure iniziato.
Fallimento annunciato
Poco dopo l’apertura della Brebemi, avvenuta nel luglio del 2014, un vasto settore di opinione pubblica si rese conto che l’A35 non funzionava come da programma. A differenza dell’A4, l’A35 è situata molti chilometri più a sud dal grosso dell’abitato metropolitano. Passando in mezzo alle campagne più verdi e fertili della regione (seriamente danneggiate), collega fra loro piccoli comuni che in tutto non raggiungono i 100mila abitanti. Nella costosissima arteria a tre corsie, il traffico raggiunge a malapena le dimensioni di una strada provinciale. E’ di circa la metà dei 60mila veicoli previsti. Secondo fonti Aiscat, sui 62 chilometri dell’autostrada viaggiano appena 15-20mila mezzi. La tariffa è quasi doppia rispetto all’A4. Le previsioni di un costante aumento dei volumi di traffico erano sbagliate. L’A35, in questi anni di crisi economica, non ha fatto altro che subirne l’inversione di tendenza. Come se non bastasse, le tre corsie dell’A35, già sovrastimate, corrono parallele all’alta velocità di prossima apertura.
Ruolo delle banche pubbliche e private
La formula di pagamento dei lavori si chiama Project financing. E’ applicata in tutta l’Ue ed è caldamente appoggiata dai politici perché in teoria prevede di far pagare interamente un’opera pubblica ai privati. Nella realtà succede ben altro. Il lettore segua con un attimo di pazienza. Intesa-San Paolo, la banca stessa che ha dato i soldi, spiega Roberto Cuda nel libro-inchiesta, è contemporaneamente il primo azionista della Brebemi attraverso la società Autostrade lombarde. Come mai tanto strano interesse di una banca per un’autostrada? Il mondo delle concessionarie autostradali è di privilegio senza pari. La Brebemi è costata un miliardo e 600 milioni di costruzione, 2,4 di costi complessivi, compresi tasse e oneri vari. Ma di quel miliardo e 600 milioni , 320 sono venuti direttamente dallo stato (60 messi dalla Regione), quindi non è una struttura “interamente finanziata dai privati”, ma anche dai cittadini in quanto “denaro a fondo perduto”, regalato. Non solo: su 1,8 miliardi, 1,5 viene da due banche pubbliche: la Cassa depositi e prestiti e la Banca europea degli investimenti.
I costi di costruzione, dunque, sono già stati coperti. Alla fine dei 26 anni di concessione (allungata pure di 6 anni), Brebemi avrà diritto a una buona uscita di un miliardo e 200 milioni. Come molte delle concessionarie autostradali, Brebemi ha diritto a un rendimento garantito, del 6,8%. Se però le cose vanno male, nel caso delle concessionarie, interviene lo stato. Il rischio imprenditoriale, nel project financing, è ridotto al minimo nominale. Non a caso ha finito col sollevare non poche perplessità ovunque sia stato applicato in Europa. Di fatto sono contratti blindati, garantiti dallo stato, mutevoli in corso d’opera. E molto dubbi sul piano delle corrette gare d’appalto.
Aperta violazione delle norme Ue
Questa situazione configura molto probabilmente una violazione delle norme italiane ed europee. Sarà da accertare alla luce delle spiegazioni chieste dall’Ue al governo italiano. Secondo alcuni, siamo già oltre la legalità, anche se non siamo nel campo del dolo aperto. Della vicenda Brebemi si è interessata l’Anac, l’autorità nazionale anticorruzione diretta da Raffaele Cantone, che ha già messo in dubbio alcuni processi decisionali, su come è stata strutturata l’operazione Brebemi. Per concludere, dicevamo che l’A35 ha cagionato un danno al cubo. In effetti, da Milano a Bergamo scorre un triplo nastro. Uno è quello delle sei corsie autostradali, uno è quello dell’alta velocità, è un terzo è dato dalla “terra di nessuno” compresa fra l’A35 e la Tav. Si tratta di campi resi inaccessibili agli agricoltori espropriati. Il terreno sottratto alle centinaia di aziende agricole che si sono malauguratamente trovate lungo il triplo percorso (triplo danno) è ingente e deve ancora essere risarcito. Il vero guadagno, l’hanno le imprese costruttrici, le uniche davvero garantite da simili operazioni. L’inchiesta di Cuda ricorda il forte legame, in denaro e in posti nei consigli d’amministrazione, esistente fra i costruttori e il mondo della politica, più volte emerso in diverse indagini aperte dalla magistratura.
Roberto Cuda, Anatomia di una grande opera – La vera storia della Brebemi, Edizioniambiente, € 12.
Chiedetelo qui, http://www.edizioniambiente.it/libri/1093/anatomia-di-una-grande-opera/
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