IL TEATRO BURRI AL PARCO SEMPIONE, IDEA SENZA SENSO

 

Il Teatro Burri dovrebbe essere ricollocato qui in mezzo al “cannocchiale”, poco dopo il laghetto

La prima fu un errore, ma la seconda imposizione del Teatro Continuo di Alberto Burri (1915-1995) al parco Sempione sa di intervento arrogante. Avere rimosso il teatro a suo tempo, nel 1989, non è stato il gesto di un “assessore ignorante”, ma un atto di civiltà, dovuto ai cittadini, che ne chiedevano – anche tramite associazioni qualificate – lo spostamento altrove. Si trattava di un’opera imponente, a forte impatto, totalmente fuori dal contesto storico-estetico del parco Sempione, abbruttita da vari vandalismi, un vero e proprio pugno nell’occhio a cui dovrebbe energicamente opporsi la Soprintendenza. 

Milano, il 'Teatro' di Burri ricostruito al Parco Sempione
L’impatto degli spettacoli. La fanfara dei bersaglieri
sul palco, nel 1983, roulotte di servizio e torrette per le luci,
migliaia di spettatori sull’erba.


Fu costruito nel 1973 in occasione della XV Triennale, doveva essere una collocazione provvisoria ma vi restò fino al 1989 dopo essere stata utilizzata per anni in spettacoli impropri e kermesse affollatissime, devastanti per il parco Sempione, che in quella zona aveva perennemente una grande chiazza di terra, al posto dell’erba (vedi foto qui sotto). Per non parlare dei danni alle piante esotiche secolari di cui è ricco il parco.

Milano, il 'Teatro' di Burri ricostruito al Parco Sempione
 (Fotogramma)  


L’opera, che si vuole ricostruire per l’Expo, interamente pagata da privati, era un vero e proprio teatro all’aperto con quattro originali quinte alte sei metri, di colore bianco e nero. Indiscutibilmente interessante, sia come architettura teatrale, sia come monumento, era tuttavia totalmente estranea all’ambiente in cui si scelse di collocarla. Aveva senso nel contesto provvisorio della Triennale d’Arte del 1973, non certo come struttura permanente, ridondante fra altri monumenti. Collocata nel bel mezzo di una creazione paesistica tipicamente da “cannocchiale” (cioè anche nel senso di qualcosa di bello che si deve raggiungere), e quello del parco Sempione è signor cannocchiale perché  doppio (il castello da una parte e l’Arco della Pace nella parte opposta),   la sua funzione di “valorizzare” qualcosa che è già splendido per conto suo risultava totalmente inutile e presuntuosa. Venne smantellata su suggerimento o comunque senza l’opposizione delle associazioni ambientaliste, che infatti dall’89 a oggi mai ne chiesero la ricollocazione, pur collaborando nella gestione del più importante parco storico milanese; gli unici a protestare erano Burri e i suoi amici, cui veniva tolto una posizione di grande evidenza. 
Ovviamente salterà sempre fuori il solito sapientone a dire: “A me il teatro Burri piace”. Il punto però non è se mettere il like sì o no. In sé l’opera non è brutta, anzi è valida anche per la funzione ricreativa a cui era destinata, ma adatta a rivalutare non uno spazio già di per sé ricco di secolare monumentalità, ma un’area periferica degradata, cosa che all’artista e ai suoi sostenitori non era e non è gradita proprio per la collocazione urbana, quasi fosse diminuente per l’Autore e gli affaristi collegati alle sue opere, collaborare alla lotta al degrado metropolitano. 

Il Teatro Burri com’era. Il contesto della ricollocazione è questo
Il Teatro Burri era un invito a compiere vandalismi 

Burri, pur riconoscendogli lo status di grande artista universalmente riconosciuto, peraltro non è nuovo a polemiche simili. Egli è stato autore di un’altra opera di paesaggio molto criticata, il Grande Cretto di Gibellina (qui sotto la foto), un’autentica colata di cemento con cui ha letteralmente ricoperto i ruderi della cittadina siciliana interamente distrutta da un terremoto nel 1968, rendendola mai più riconoscibile e nemmeno in parte ricostruibile. La scelta dell’Artista è indiscutibilmente di operare interventi a forte impatto su territorio, senza preoccuparsi troppo delle reazioni.  

Il Grande Cretto di Gibellina  

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“Salviamo il Parco Sempione dal Teatro Continuo di Burri”



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