FAMILY DAY, FLOP DI MEDIA E CHIESA
“A domani ragazzi, godiamocela, perché il 30 gennaio 2016 lo racconteremo ai nostri nipotini”. In questo tweet del giorno prima, peraltro molto condiviso, Mario Adinolfi rivela che ci sperava davvero in una grandiosa manifestazione che avrebbe spazzato via se non tutta, almeno una parte della proposta di legge sulle unioni civili. E invece ieri non c’erano più di 15-20 mila persone, stavolta non si è mobilitata nemmeno una parrocchia, nonostante esse stesse avessero annunciato che valanghe di fedeli si sarebbero riversate nel catino del Circo Massimo. Da quando preti e suore vestono abiti civili non sono più riconoscibili, ma in mezzo a quella gente dovevano essere tanti, delle diverse migliaia residenti a Roma e fra le delegazioni provenienti da fuori. Tuttavia, non s’è vista l’ombra di un vescovo. Dei 1000 pullman annunciati, è tanto se ne sono arrivati 100. Nonostante la benedizione dei vescovi e la veemenza dei partiti del centro destra, il battage mediatico e il sostanziale sostegno fornito da almeno un mese, nonché “l’impegno morale” del ministro degli Interni Angelino Alfano, al Family day del 30 gennaio si sono riunite per lo più le frange più conservatrici e integraliste del mondo cattolico: soprattutto i Neocatecumenali di Kiko Arguello, autentica psico-setta, secondo il giudizio del Cesap (Centro Studi Abusi Psicologici), giunto al gran completo da tutta Italia. Più tiepidi, stavolta, Comunione e Liberazione, Focolarini e Azione Cattolica.
Molti i militanti romani e i parlamentari di Forza Italia e Fratelli d’Italia, oppure i neonazisti dalle teste rasate dell’estrema destra, da Forza nuova a Casapound. Non sono mancati i soliti neofascisti nostalgici. Nessun’altro e quasi tutti romani o laziali. I cittadini romani li hanno ignorati. I leghisti, nonostante le luci accese del Pirellone, se ne sono ben guardati dal giungere in massa dal Nord, il governatore Maroni era presente ma un po’ da solo, o forse accompagnato da una delle sue segretarie: eppure sono tra gli omofobi più feroci esistenti sulla piazza. l governatore del Veneto, Luca Zaia, non s’è visto.
I 15-20 mila, per lo più giovani indottrinati, applaudivano ad affermazioni a cui non credono essi stessi per primi, come quando Massimo Gandolfini, uno dei promotori dell’evento, rivolgendosi proprio a loro ha affermato: “Il sesso non è il piacere sessuale è la procreazione, la trasmissione della vita, una creatura nuova”. Ai partecipanti è stato sconsigliato di parlare coi giornalisti, evidentemente più per timore delle sciocchezze che avrebbero potuto uscire, che delle testate, tutte amiche. In effetti, i partecipanti hanno ubbidito, con una sorta di consegna del silenzio, cosa che però non ha impedito a numerosi interventi dal palco di lanciare le affermazioni le più omofobe e indegne. Sabato 30 gennaio si è mobilitata veramente l’Italia integralista, l’Italia che ha problemi a distinguere fra religione e stato, libertà laiche e coercizione fideista. Per loro sfortuna, i risultati sono stati incredibilmente deludenti.
Un risultato tanto più sconfortante per gli organizzatori se si pensa che la mobilitazione è stata capillare, con tanto d’interventi puntuali sui social media, dove non si erano mai visti tanti integralisti all’assalto di ogni post favorevole alle unioni civili. Per ora, il fronte spaccato è il loro: non hanno aderito luterani, valdesi e nemmeno fedeli di religione ebraica, stando alla smentita del rabbino capo Riccardo Di Segni. D’altra parte, nel mondo protestante e in Israele le unioni civili, se non l’omomatrimonio, con stepchild adoption, sono una realtà da molti anni. Il fallimento di questa “giornata nazionale dell’omofobia” è evidente. Dal palco gli organizzatori hanno detto di essere in due milioni, un numero sfacciatamente esageratissimo. A ridere della cifra annunciata erano i manifestanti stessi, il card. Ruini (che assisteva in tv insieme a un giornalista del Corriere). I media, escluso La Stampa, hanno riportato acriticamente la cifra “ufficiale” dei due milioni, senza preoccuparsi di assimilarsi al risvolto grottesco di una simile bugia: i soli abitanti della capitale sono 2milioni 800mila, avrebbero dovuto essere mobilitati l’esercito, le ambulanze, gli ospedali, la Protezione civile per far fronte a un megaevento del genere. La Questura, controllata da Alfano, parla di 300 mila presenze, una cifra comunque pompatissima: un modo di fare non nuovo, nel 2007 il gay pride sfilò per oltre 4 ore e la Questura affermò che i partecipanti non erano più di 30 mila!
La manifestazione del 30, come gli altri Family day, del resto, vive della piaggeria indecorosa dei media nostrani, così come ormai è la religione stessa ad avere come unico sostegno i grandi media, con il numero dei fedeli sempre più ridotto. Solo la stampa estera pare essersi accorta del carattere apertamente omofobo-integralista della giornata, stupefatta dal dover assistere a una mobilitazione contro delle semplici unioni civili. In Spagna e in Francia i cattolici erano sì scesi in piazza a centinaia di migliaia, ma in ballo c’erano proposte di legge che consentivano matrimonio egalitari o e adozioni altrettanto egalitarie. In Francia sono riuscite nell’intento di bloccare le seconde, in Spagna né l’uno, né le altre. In tutta Europa e nel continente americano le unioni civili sono una realtà da un paio di decenni, senza avere mai suscitato un solo moto di protesta.
Dopo settimane di pubblicità gratuita sulle prime pagine e in apertura del telegiornali, per il Family day è una sconfitta in piena regola, gli organizzatori non s’aspettavano una partecipazione così bassa, avevano preso il Circo Massimo per farci stare almeno il doppio delle persone poi effettivamente confluite. Partecipazione non superiore agli altri due Family day. Non a caso Bergoglio, informato preventivamente dello scarso entusiasmo del mondo cattolico, ha fatto di tutto per tenere fuori la chiesa da cotanta intromissione ecclesiastica negli affari di uno Stato. I suoi due predecessori avrebbero coperto di elogi e benedizioni la “grande iniziativa”, invece L’Osservatore romano ha snobbato alla grande. Per lo più, i cattolici si vergognano di quella gente in piazza, solo i media nostrani non l’hanno capito e non se ne sono accorti. La chiesa di Ruini e Ratzinger, che per circa 20 anni aveva impedito qualsiasi minima legislazione di tutela per le coppie di fatto, con il card. Bertone, attuale presidente della Cei, perde colpi a vista d’occhio, “non c’è più trippa per i gatti”, si potrebbe dire. I numeri non consentono di gridare al trionfo, non sono sufficienti per imporre la modifica sperata alla volontà dal Parlamento, riguardo la proposta di legge Cirinnà. La stepchild adoption, se sarà toccata, non lo sarà con la scusa delle numerose proteste viste nella giornata di sabato 30 gennaio 2016.
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