EXPO: L’ALBERO DELLA VITA O DEL PLAGIO


A sinistra l’albero della vita realizzato a Singapore, a destra quello di Expo 2015
(http://urbanfilemilano.blogspot.it/2014/12/zona-expo-lalbero-della-vita-e-i html)

Doveva essere la nostra tour Eiffel e invece è una scopiazzatura. Questa notizia è del dicembre scorso ma è passata quasi inosservata. La ripropongo approfondita, perché merita. L’albero della vita, simbolo di Expo, è una mera ripetizione degli alberi della vita realizzati due anni fa a Singapore dall’architetto inglese Chris Wilkinson insieme al progettista Andrew Grant, che ora rivendicano paternità e copyright. 
In questo link http://www.kuriositas.com/…/the-supertrees-of-singapore.html è possibile vederle, si tratta di 18 costruzioni “avveniristiche”, un’attrazione pacchiana capace però di destare una certa meraviglia, concepite appositamente per stupire, in perfetto stile “venghino! venghino!”. L’albero della vita dell’Expo milanese, spacciata come opera originale, è di Marco Balich, regista di grandi eventi fortemente voluto dal commissario del Padiglione Italia, Diana Bracco. Ha ricevuto un compenso di due milioni di euro sotto forma di consulenza indiretta e ha rinunciato allo sfruttamento delle royalty legate all’immagine dell’opera. Se ne comprende il motivo, Balich non ha mai né confermato, né tanto meno smentito di avere copiato.

L’albero progettato da Balich per Expo

Lo sfruttamento dell’immagine, se mai ci sarà a questo punto, sarà appannaggio di Pirelli, Coldiretti e il pool d’imprese riunite sotto la sigla Orgoglio Brescia che l’hanno sponsorizzata e costruita. Il primo ad accorgersene, quando si era ancora in tempo, è stato Vittorio Sgarbi già a settembre, quando definì “il cosiddetto Albero della vita una carnevalata o un’americanata buona per Las Vegas, inutilmente dispendiosa e simbolo di un’Italia che non esiste, estranea alla bellezza e alla civiltà artistica che faticosamente abbiamo inteso far riemergere a Milano (…)”. Sgarbi sapeva che era una scopiazzatura e di Balich diceva tutto il peggio possibile (“architetto da discoteca”). Nel novembre del 2014 sul settimanale “Oggi” metteva nero su bianco: “Ognuno si assumerà le proprie responsabilità davanti al mondo intero, se non per dire che è un problema di contenuti, non solo estetici, che potrebbero rivelarsi clamorosamente autolesionisti”.

I 18 “alberi” di Singapore

 E avvertiva: “Anche attraverso la visione dei depliant delle agenzie turistiche, arrivati alle pagine riguardanti Singapore, ci accorgeremmo subito che l’Albero della Vita assomiglia maledettamente a un’attrazione locale, i Supertrees dei Gardens by the Bay, al punto che se qualcuno dovesse gridare al plagio, e non si può sperare, italianamente, che non ci sia, ci sarebbe poco da difendersi dietro l’orgoglio patrio (http://blog.oggi.it/…/11/05/expo-quellalbero-ha-gia-un-sosia)”. Tanto più che i Supertrees, “definiti “baracconata orientale”, sono stati realizzati in grande stile, mentre quello di Balich, sebbene in tono meno chiassoso, “rischia di essere una pallida scopiazzatura”, una mortificazione per il design made in Italy. Il critico d’arte ha tentato in tutti i modi di opporsi alla sua costruzione, proponendo, in alternativa, per rimediare, una veloce sostituzione con i Bronzi di Riace, a costo quasi zero, nel chiaro intento di valorizzare il turismo della Magna Grecia e di coinvolgere maggiormente il Paese, mentre così l’Albero della vita “rimarrà il simbolo vuoto” di un’area che nel dopo Expo sarà senza significato.




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