Tre donne sotto i ponti con nove cani

IL CASO DI TRE DONNE FINITE SOTTO UN PONTE CON 9 CANI

Periferie border line. Giambellino, o meglio, Molinetto del Lorenteggio: ecco una vicenda che sembra uscita da un racconto di Cesare Zavattini, nella città che non è mai cambiata dai tempi di “Miracolo a Milano”
Caro sindaco Sala, caro assessore Maran, voi che vi occupate tanto degli alloggi di lusso dove far vivere la gente per bene, possibile che non riusciate a trovare un alloggio decente a tre povere donne disperate, sfrattate, costrette a vivere in una tenda sotto un ponte di Milano? Ovviamente senza i 9 cani adottati, anche loro devono capire che non si può ottenere l’impossibile. 

Vicenda nota da tempo

Il caso delle tre donne è peraltro noto nel quartiere,  il Corriere che ha realizzato questo video, non lo sa. Prima di essere sfrattate, hanno infilato i loro cani in vari scantinati delle case Aler approffittando della mancanza delle portinerie, tutte tolte per tagliare la spesa sociale, fino a quando non sono state più volte denunciate alla vigilanza dagli inquilini, che a dire il vero è sempre intervenuta, non fosse che per le condizioni igieniche. La polizia locale conosce bene il caso. Il Comune sa, sa bene. Da anni.
 
La vicenda sarebbe degna di una scena di “Miracolo a Milano 69 anni dopo”. Sembra uscito dalla penna di un grande scrittore, Cesare Zavattini, dalla fotografia di un grande del neorealismo, Aldo R. Graziati, il Tissè italiano, dalla regia di un grande autore, Vittorio De Sica. Dietro il ponte-abitazione, da un paio di mesi hanno abbattuto il Molinetto del Lorenteggio, antico borgo milanese. Le demolizioni dei borghi continuano. E’ la fetta di Milano che non è mai cambiata in 69 anni.  

la fatica di affrontare l’assistenza sociale

Il problema grosso del Comune è che non ha voglia di seguire casi border line come questi, non ha disposto forze sufficienti per seguire i quartieri popolari, pieni di altrettanti casi complessi. L’assistenza costa. Riempirsi la bocca di belle parole per fare bella figura (e magari farsi eleggere al Parlamento Ue, come l’ex assessore all’Assistenza Pierfrancesco Majorino) ha un risvolto: costa fatica, tempo e denaro, tanto impegno, tanta responsabilità. E rende pochissimo in termini elettorali, quasi niente.
Quindi, delle due l’una: o è la città dell’accoglienza autentica, o dell’accoglienza conclamata e basta, fumo negli occhi, efficiente solo quando si intascano daneè.



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