L’INTELLETTUALE DI DESTRA CHE DIVERTIVA LA SINISTRA
Un ricordo personale dell’ex assessore alla Cultura di Milano, i suoi rapporti con la Lega, la (poco evidente) simpatia per la destra, il narcisismo snobistico che piaceva a una sinistra in mutazione genetica
CATTOLICO TRADIZIONALISTA, MA NON LO DIMOSTRAVA
la lega che non ama l’arte moderna
Non c’entrava nulla con la cultura nordico-federalista, i leghisti dell’arte moderna non ne volevano sapere, avevano idee legate alla tradizione, non all’astrattismo. Un gallerista era quanto di meno adatto potesse sposare la Lega, allora partito popolare e di sinistra. Ricordo l’opposione feroce dall’interno della Lega quando propose una mostra su Frida Kahlo, soprannominata da loro “la pittrice coi baffi”. La mostra non passò. I 36 consiglieri leghisti non erano poi così ignoranti come li si dipinge, c’erano persone più che preparate. Ma Daverio ottenne una grossa rivincita con il carnevale dell’anno seguente, il più spettacolare e il più grande che abbia mai visto Milano. Colossale. Con un milione di persone in piazza a osservare artisti di alto livello ingaggiati in Europa dal Comune e messi in ogni angolo del centro. Piazza Duomo trasformata in un paesaggio da sogno. Non si ripetè mai più, troppo pericoloso tanta gente in piazza. Troppo impegnativo per i servizi comunali, dall’Amsa ai trasporti. Da allora, Davero divenne il cocco della giunta, dei direttori di giornale e perfino della Lega, che pure continuava a ridere e scherzare sul suo modo stravagante di vestire. Daverio era un finto dandy, un dandy non riuscito, vestiva veramente male. “Ci manca solo che si metta una cacca di cane in testa e siamo a posto”, commentò un consigliere comunale leghista.
la turta di spus non gli piaceva
Studiò come riorganizzare la cultura e il sistema museale milanese, mai toccato dalla loro fondazione, con idee importanti che non fece in tempo ad attuare, furono poi realizzate da Albertini. Impedì la ricostruzione del fontanone di piazza Castello, diceva che era un’opera stile fascista, magari stava bene davanti alla stazione Centrale, ma non lì. Commise un gosso sbaglio, il classico errore dello snob, perché poi com’era prevedibile il fontanone lo pose comunque cinque anni dopo Albertini, piacque molto ai milanesi e il sindaco fu sommerso dagli elogi. Daverio, che aveva ideologicamente ragione, avrebbe avuto l’autorità di chiedere un nuovo più moderno progetto, evitando la riedizione pura e semplice della tozza turta de spus pro orfani di guerra. Era l’idea del fontanone popolare che non gli piaceva, troppo volgare, a meno che non si trattasse della fontana di Trevi.
Bellissimo ritratto, purtroppo rimpiango anch’io la sua scomparsa; mi riprometto di approfondire questo sito, ne ho uno anch’io, ma Le invidio l’impaginazione “vivace”.