MILANO CITTA’ D’ACQUA? NON LO E’ PIU’ DA MEZZO SECOLO

Mappa del 1870: idrografia di Milano con i corsi d’acqua, sia naturali, sia artificiali, attraversanti la città

E non lo tornerà mai più, ammesso lo sia mai stata veramente, giacché non bastano tre navigli a definirla tale. Tutti i canali, incluso rogge e fontanili, sono stati coperti, ma città d’acqua potrebbe, almeno in parte, tornare se… 

Giovanni Segantini, Ponte sul naviglio a San Marco (Milano), 1880

Fino agli anni 80, Milano, forse, poteva ancora essere definita così. Ma oggi? Intanto vediamo il motivo di quell’epiteto esornativo.

perchè era “città d’acqua”

I fiumi che attraversavano o lambivano la città, come Olona, Lambro Meridionale, Seveso, per secoli furono una benedizione per l’agricoltura dei Corpi Santi. La parte urbana vera e propria, come mostra la mappa del 1870, era solcata dal Nirone, detto anche Piccolo Sevese, un fiume che nasceva dalla confluenza  di importanti rogge e fontanili, come il Lambro Meridionale, del resto. C’era la Fossa Interna, o Cerchia dei Navigli, collegata ai tre navigli Grande, Martesana, Pavese, di fondamentale utilità per i trasporti delle merci in ogni settore. La Darsena era uno dei porti fluviali più importanti del continente. Diversi i canali: della Vetra, di Porta Romana, del Borgonuovo a Nord. Appena fuori dalla Cerchia, poi, a cominciare dal Redefossi, canali e fontanili si moltiplicavano, la carta del 1870 che pubblichiamo qui ne elenca parecchi: i fontanili San Vincenzo in Prato, San Carlo, San Siro, i cavi Ticinello e Vettabbia, mentre canali di dimensioni inferiori sono decine, l’elenco sarebbe lunghissimo. Ogni via importante si può dire che fosse affiancata da un corso non di rado navigabile, tipica eredità dell’urbanizzazione romana.

Il Naviglio Morto. 1844, dipinto di Giuseppe Bernardino Bison

Tale rete, quasi interamente all’aperto, fungeva anche da sistema idrico/fognario, era ottima per annaffiare piante, orti e giardini, bagnare e pulire le strade, qualche volta – se l’acqua era pulita – a lavare i panni. Guardata con spirito odierno, non è sbagliato definirla “impressionante”, o pittoresca, tale da caratterizzare il panorama urbano, dipinto da molti pittori paesaggisti. Appena fuori le mura, fiumi, canali, rogge e fontanili, anche navigabili si moltiplicavano. In ere in cui la portata d’acqua era ben maggiore, la campagna offriva per quasi tutto l’anno lo spettacolare allagamento artificiale delle marcite e delle risaie, tanto che Milano con le sue mura spagnole poteva sembrare un’isola sorgente magicamente dalla pianura.

perché oggi non lo è più

Angelo Inganni, Naviglio con neve, 1845

Purtroppo tutto questo enorme patrimonio di civiltà legata all’acqua, oggi non c’è più. E dubitiamo molto possa tornare. Fiumi, canali e fontanili in area urbana sono tutti tombinati, ridotti a fogne maleodoranti, per fortuna al chiuso. La Cerchia dei Navigli è tombinata e anche a riaprirla, i con gli incavi dimezzati e di cemento, come proposto dall’Università di Pavia, non cambierebbe l’immagine di una città pesantemente asfaltata. Il naviglio della Martesana, poi, proveniente dall’Adda, porta in città quantitativi risibili di acqua. Il naviglio ducale, oggi, è per lo più un rigagnolo alto non più di 25 centmetri la maggior parte dell’anno.

E così i cavi Ticinello e Vettabbia, un tempo molto lontano questo secondo navigabile fino al Po, Fontanili non ce ne sono più, a parte la zona di Muggiano e Assiano e per giunta mal tenuti. Rogge men che meno, sono tutte chiuse con meticolosa, scientifica, diabolica azione suicidaria. Il parco delle Risaie nel quadro del Parco Sud e le marcite del Parco del Ticinello, sono le uniche autentiche zone d’acqua rimaste, insieme al Parco delle Cave di Baggio. Ma nemmeno i borghi vicini possono essere guardati come dei borghi d’acqua. A Quarto Cagnino hanno coperto tutte le rogge, Quinto Romano ha i fossi delle rogge ma non l’acqua (e non avrebbe senso se vi tornasse); solo di borgo Linterno si può parlare di marcite, mentre Baggio è purissima piastra cementizia,  senza nemmeno un rivo attivo, pur essendo un tempo rinomata zona di  risorgive. Sella Nuova idem come Quinto Romano. Solo Morivione, attraversato dalla Vettabbia, può essere devinito borgo d’acqua. Ma si tratta di un caso unico. 

Dopo il loro suicidio culturale, l’autogenocidio che ha portato alla distruzione di una montagna di scorci d’epoca, se i milanesi rimpiangono quella che era la loro città dove protagonista fu l’acqua che scorre fra le vie, non devono fare altro che ridare vita a canali, rogge, fontanili, marcite e risaie. Ma solo là dove è possible, senza forzature, senza false ricostruzioni, che poi Milano sembra una Las Vegas senza gli stessi soldi.




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