Milano e dintorni, i libri d’antan

Milano e borghi vari, libri d’antan / 2. LA CITTÁ DI STENDHAL

Una guida del 1822 (in ristampa anastatica) rivela tutti i segreti di ogni via, di ogni palazzo della Milano romantica di inizio Ottocento. Descrive nel dettaglio ogni angolo della stessa Milano conosciuta dello scrittore francese e fa comprendere perché mai l’amasse così tanto, fino ad autodefinirsi “milanese” per l’eternità

Copertina della Nuova guida di Milano, di Francesco Pirovano, 1822 (ristampa anastatica)

Articolo di Roberto Schena

L’introduzione a “Nuova guida di Milano”, del pittore decoratore Francesco Pirovano, pubblicata nell’anno di grazia 1822 assicura che il tomo, di ben 500 pagine, 18×11 (sembra una odierna guida del Touring), finì tra le mani di Stendhal. Una considerazione non da poco, giacché l’opera del Pirovano descrive minuziosamente ogni via, piazza, quartiere, villa, ossia quella stessa città conosciuta e così adorata dallo scrittore francese, milanese d’adozione empatica (per conoscere che cosa ha scritto Stendhal di Milano leggere QUI).

La mappa di Milano nel 1822, allegata La Nuova guida di Milano, di Giovanni Silvestri, 1822 (ristampa anastatica)

amato / odiato

In realtà, Stendhal nel 1822 era tornato a Parigi da un anno, e Milano la vedeva solo attraverso gli occhi dei benestanti viaggiatori milanesi che nella capitale francese frequentavano gli stessi salotti dove egli era solito farsi vedere. La tanto da lui decantata borghesia milanese cominciava a prenderlo a sassate, metaforicamente parlando. Infatti, averlo conosciuto pesava con imbarazzo nel clima della Restaurazione, con gli austriaci, i precedenti padroni, nuovamente in casa lombardo-veneta e la penosa corsa ad ingraziarseli.

Lo scrittore tornerà a Milano solo nel 1828: fu costretto a chiedere un permesso di 15 giorni agli austriaci, i quali non solo glielo negheranno, ma gli censureranno tutte le opere, lo ostacoleranno nella sua nomina a console francese prima a Trieste, poi perfino negli anni a seguire a Civitavecchia, in quello stesso Stato della Chiesa che aveva messo all’Indice tutte le sue opere.

Veduta di Porta Romana, illustrazione della Nuova guida di Milano, 1822

Il vademecum più aggiornato

Stendhal tesseva le lodi di Milano, sulla sua lapide volle perfino fosse scritto “milanese”, ma è dai francesi che fu veramente scoperto e portato alla gloria. I milanesi non erano in condizione nemmeno di rendere allo scrittore il dovuto omaggio. Di porgere un ringraziamento per avere così felicemente descritto città e cittadini in diversi interventi e lavori letterari. La nuova guida del Pirovano ebbe successo, fu ristampata a più riprese: nel 1824, 1829, 1831, quindi è provabile che Stendhal ne possedesse una.

Il teatro Filodrammatici, illustrazione de Nuova guida di Milano, 1822

Del Pirovano è difficile reperire notizie biografiche, possiamo solo leggere la presentazione all’edizione riprodotta anastaticamente, curata da Marco Bona Castellotti, docente di Storia dell’Arte Moderna all’Università Cattolica di Brescia. Pirovano, non ha lasciasto nulla di scritto riguardo se stesso; era un decoratore, forse frequentando le case patrizie per ornarle si rese conto delle formidabili collezioni alberganti in quelle dimore. Da dove provenivano? Molto probabilmente da chiese e monasteri chiusi e saccheggiati  durante il giuseppinismo asburgico e la Repubblica Cisalpina. Le famiglie facoltose, i quei quarant’anni, hanno acquistato a buon prezzo sia i terreni, sia gli edifici, sia gli arredi in essi contenuti, compreso i tesori accumulati in secoli.

città d’arte e pubblico ornato

Stendhal in abito consolare

Bona Castellotti, infatti, rileva come “tra il 1780 e il 1820, si assista “a quel fenomeno di portata gigantesca che caratterizza lo smantellamento delle antiche raccolte”, tale da rendere Milano una delle città più visitate in Europa proprio per il commercio di oggetti d’arte. Un elemento caratteristico della città che sarà mai più lasciato fino ai giorni nostri. Pirovano cita gli edifici religiosi divenuti altro dopo la loro soppressione per decreto di Giuseppe II e Napoleone. Dedica un intero capitolo, il secondo, ben 80 pagine, alla descrizione delle maggiori ville o dimore cittadine, indicando, questa la grande novità editoriale, gli affreschi e le collezioni di qualsiasi tipo, dai quadri agli oggetti di chimica, dalle decorazioni agli affreschi presenti.

Milano è la città d’Europa con le strade più comode e i cortili più belli all’interno delle case. Si capisce anche perché fu istituita la celeberrima Commissione d’ornato.  Fu incaricata di sorvegliare che i progetti non presentassero brutture degradanti,  volgarità stilistiche, abusi debordanti. Sorvegliava perfino i tendaggi esterni, le insegne dei negozi, i colori impiegati per le facciate. Nel complesso, Milano presentava una “generale lindura, grazie all’azione censoria della commissione di ornato anche nei minori fabbricati (Luigi Tatti)”.

Assenti i corpi santi (purtroppo)

Porta Romana con i bastioni, Incisione di F. Agnelli da disegno di G. Garavaglia, 1674. Stendhal vi passeggiava spesso

Purtroppo manca ogni riferimento al contado, ai Corpi Santi, alle grandi abbazie e certose, come Chiaravalle e Garegnano o Pavia, per dire solo delle più vicine. Stendhal ne era un assiduo frequentatore, conosceva benissimo questi posti, così come era pratico della campagna extra moenia, immediatamente circostante le Mura Spagnole. Conosceva le migliori osterie rurali dove andare a pranzare, o bere. O dove rinfrescarsi con un bagno in roggia, riposando (magari in compagnia) in qualche rinomata locanda (Cassina dei pomm, per esempio). Pirovano si ferma di fronte alle mura, purtroppo. La tendenza a trascurare il pur meraviglioso contado meneghino è antica. Solo nell’edizione del 1829 accenna a qualche località extra moenia, ma è difficile reperirne una copia, non possiamo controllare chi e che cosa abbia menzionato.

La guida si avvale di una magnifica mappa di quella Milano lì, dove si può ammirare la bellezza incredibile della forma perimetrale, impressa con la costruzione delle Mura e dei Bastioni d’epoca spagnola. Da un disegno posto in basso, emerge una veduta da skyline che parte dal campanile di San Gottardo, prosegue con le Colonne di San Lorenzo e si conclude con la quinta dell’arco di Porta Ticinese. Il duomo è in copertina, si può notare un minor numero di guglie e un tiburio notevolmente rialzato.

 

 

 




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