“Scatolone” calato in città. Tutte le Esselunga sorgono su terreni di proprietà Mediobanca
Crolla il mito dei grandi centri commerciali e qualcuno parla già di fallimento come minimo antropologico ma, fra un po’, anche economico. Alcune testate anglosassoni, da cui proviene la formula urbanistica, già segnalano la loro chiusura a causa di un vero e proprio rivolgimento del consumatore medio. Intanto, l’e-commerce è in forte concorrenza, ma c’è anche una crescente preparazione da parte dell’acquirente, stimolato a compiere scelte più oculate, sempre meno consumistiche ed eteroorientate. D’altra parte, salari e occupazione da un pezzo non sono più quelli del boom. La moltiplicazione dei centri commerciali costituisce poi importante fattore di contraddizione: a forza di libero commercio ovunque e comunque, di licenze distribuite al miglior offerente, la concorrenza esasperata, favorita da burocrati e politici “disinteressati”, accelera la sua stessa morte per autosoffocamento. Ma c’è di più. I centri commerciali rappresentano un incredibile fallimento sotto tutti i punti di vista. Nonostante abbiano teorizzato e distrutto il piccolo commercio, con gravi ripercussioni sull’occupazione e sulla varietà dell’offerta, non sono stati in grado di costruire un’alternativa capace di ricreare la città, di farla vivere, di rilanciare il suo modus vivendi. Per lo più si tratta di grossi, brutti “scatoloni” calati in città o, peggio, in campagna, che contengono merce da vendere senza saper valorizzare il movimento che pure essi stessi creano. Ma anche l’impiego dell’architettura moderna con le sue soluzioni artistiche non aiuta. Attira l’attenzione, forse, senza riempire il vuoto. Essi sono divenuti la negazione radicale della socialità e della cultura; quelli che contengono librerie o caffé letterari-teatrali si contano sulla dita di una mano. Ci si va per acquistare prodotti e si esce senza vedere o notare cosa. Tutto, qui, è denaro, solo ed ossessivamente denaro. In realtà il consumatore si mostra sempre più sensibile anche ai prodotti locali, al chilometro zero, a un’alleanza diretta con gli allevatori e i coltivatori senza più intermediari. Questo è il futuro. Questo articolo è stato ispirato da una segnalazione di Piergiorgio Papetti. Interessante il link: http://www.amicidipontecarrega.it/?p=5293
Spesso le soluzioni architettoniche sono ripetute in modo scehmatico
“Parmaitaly”, una delle cattedrali nel deserto che si sono mangiati un pezzo di campagna per distruggere il piccolo commercio senza ricreare la città
L’architettura moderna produce forme che colpiscono l’occhio ma attirano nel vuoto. Qui un centro commerciale a forma di uovo, a Chiasso
Centro commerciale Gran Sasso, Piano d’Accio, Teramo. Nemmeno il rispetto del paesaggio
Sarebbe da gestire molto meglio Quinto Romano, rendere i marciapiedi più accessibili , rendere efficiente l' ufficio postale di Caldera con personale all' altezza loro […]
secondo voi è possibile che Milano inglobi (facendo propri quartieri) ulteriori cittadine ora presenti nella prima fascia? Ad es. Novate Milanese, Bresso, Rho ecc
La nostra Azienda A.Salvi&C SPA è in Bovisa in via Cosenz 32 dal 1942. Oggi,mio nonno fondatore della Società nel 1920 non riconoscerebbe il quartiere […]
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