LA GERMANIA HA UN DEBITO PIÙ RILEVANTE DEL NOSTRO
I tedeschi truccano i conti, fanno apparire il debito pubblico nazionale molto più contenuto di quello che in reltà è. Il debito pubblico tedesco è peggiore del nostro. A poco a poco, i cittadini europei aprono gli occhi sulla logica teutonica. Altro che Grecia. La riunificazione della Germania è costata molto ma aggregando i dati in maniera diversa questo non risulta nelle sue reali dimensioni. Berlino, infatti, a differenza di tutti gli altri paesi europei non conteggia il passivo della sua cassa depositi e prestiti (la cassa statale che presta soldi agli enti locali), come non cont
eggia il passivo molto profondo dei Comuni e delle banche dei Lander, istituti di credito locale che non rispondono alla Bce (anche perché negli altri paesi Ue non esistono), per cui la Bce non li calcola, mentre l’Ue si guarda bene da rilevare le due mancanze. I passivi delle Landersbanken ammontano a ben 637 miliardi di attività deteriorate, soprattutto perché nel 2008, quando scoppiò la crisi finanziaria, erano imbottite di mutui subprime.
I debiti incredibilmente alti e i rischi di default delle loro banche private, prime fra tutte la Deutsche Bank e Commerz
bank (due dei principali gruppi bancari mondiali), accumulati tramite speculazioni azzardate negli anni 2000-2010 sono peraltro noti e ben superiori al nostro sistema bancario; il loro eventuale falllimento non è da escludere a priori, trascinerebbe l’Ue e il mondo in una crisi esplosiva, senza precedenti.
Grazie alla moneta unica, a loro favorevole come non mai (e alla conseguente soppressione della lira italiana, l’unico paese Ue davvero concorrente) le loro industrie esportano prodotti in Europa e in tutto il mondo come mai era avvenuto prima, con cifre assolutamente record. Questo le consente di ottenere un notevole surplus della bilancia dei pagamenti (il dare-avere nel commercio con l’estero), molto più alto dei parametri internazionali sopportabili, fissati nei trattati sia in ambito mondiale, sia in particolare dell’Ue, oltre i quali, secondo gli accordi, uno stato è obbligato ad attenuare gli squilibri. Per farlo, dovrebbe comprare i prodotti degli altri Paesi che non hanno sbocchi sui mercati interni, dove i consumatori non fanno altro che tirare la cinghia. Ma ciò non avviene e Berlino, invece di acquistare (import), inonda il mondo dei suoi prodotti (export). Anche qui, nel silenzio degli organismi preposti al controllo europeo e mondiale.
Ogni tanto una boccata di verità.
Occorreva concludere con le parole di Claudio Borghi: “La Germania è seduta sul ramo che sta tagliando.”
Quando il ramo comincerà a scricchiolare, i teutonici saranno i primi, come accade coi sorci, ad abbandonare la nave Europa.