L’Ema va ad Amsterdam

La perdita dell’Ema serva da antidoto al narcisismo milanese

L’illusione di essere fra le città “top”

La lezione di questi giorni è che le sedi istituzionali importanti preferiscono le city “smart”, come Parigi e Amsterdam. Esse sono, appunto, tra le prime 5 in classifica nel mondo. E Francoforte, che ha perso con Parigi, è città smart, sicuramente più di Milano.  Ma meno affascinante. Il problema di Milano, detto con tutto l’amore possibile per questa città, è il suo insopportabile narcisismo che le ottunde la mente. Pensando di essere già arrivata al livello delle capitali europee.
Il narcisismo le deriva dalla consapevolezza di essere la più smart delle metropoli italiane. Stiamo ai parametri internazionali. Purtroppo, Milano non è fra le prime 60 a livello mondiale.  E nemmeno fra le prime 10 a livello europeo.  

Roma e Napoli seguono più sotto (ma non di molto) e questo basta ai milanesi per montarsi la testa. 

Idee confuse su che cosa sia una città smart

In realtà per gli standard internazionali Milano ha ancora poca attrattiva. Sono i milanesi a ritenere che grazie ai progetti di Porta Nuova e City life, Expo, i trasporti e la moltiplicazione della utostrade, la sanità che funziona, abbiano raggiunto i livelli top. Adesso ci si mette la “città verticale” sugli scali ferroviari a creare illusioni. Non è così. C’è ancora parecchia strada. Non è aggiungendo cemento su cemento, seguendo miopi logiche spartitorie da “mani sulla città”, che si diventa smart city. Il modello è vecchissimo. Fallimentare.
E’ questa la durissima lezione che viene dalla vicenda Ema. Dove l’essere arrivati in ballottaggio è stato di per sé una sconfitta. Al sorteggio non dovevamo arrivarci perché  con Amsterdam non c’era partita e ci saremmo messi nelle mani della dea bendata. Non è un modo professionale di agire.

Ema: piove sempre sul bagnato 

L’esclusione di Milano è ingiusta perché in Olanda già ci sono molte sedi internazionali parecchio importanti, dalla Nato, ai tribunali internazionali, all’ente di ricerca spaziale. Una logica più equa avrebbe portato l’Ema a Milano. Ma è evidente: tutti preferiscono una sede “smart” per cui alla fine piove sempre sul bagnato. 

Occorre davvero che nel post Ema, l’Amministrazione milanese studino come diventare una smart city, senza guardare in faccia a nessuno, perché come ormai è lampante le cose non ci vengono regalate. Non solo. La speranza, nell’ottenere l’Ema, l’agenzia Ue del farmaco, era di riempire, grazie all’indotto, le centinaia di appartamenti di lusso rimasti vuoti perché costruiti all’avventura, senza badare al fabbisogno, reale. E’ amaro doverlo dire, ma con un’Ema milanese avremmo avuto una ulteriore spinta al cemento.
I milanesi sono ormai gli unici a credere che le smart city si costruiscano col cemento e non, all’opposto, ridisegnando la città secondo criteri di vivibilità finora molto trascurati.




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