Degrado dei quartieri

Milano, quartieri popolari sempre più ingestibili e malfamati

Sono ben 16 le zone a edilizia pubblica dove prevale l’abbandono al degrado estremo. La follia di avere tolto le portinerie. Comune e Regione non collaborano, nemmeno si parlano e giocano allo scaricabarile l’uno con l’altra. Resoconto di un incontro fra Aler e cittadini esasperati.

I responsabili: Comune e Regione

Emergency stabile in via Odazio

Recentemente si è tenuto un incontro fra alcuni cittadini di un quartiere Aler di Milano, esasperati dal crescente degrado e alcuni responsabili dell’ente regionale. Ha partecipato il  presidente Aler Milano, Mario Angelo Sala (area Lega). L’incontro era stato preceduto da un colloquio con il presidente del Municipio 6, Santo Minniti (area Pd), il quale dichiarava, a ragione, di non riuscire a ottenere alcun incontro con gli amministratori dell’Aler. È un classico caso di enti pubblici che non comunicano fra loro, non riescono ad agire in comune accordo, anzi, si rimpallano le responsabilità, si rinfacciano accuse reciproche. La  città, ovviamente, ne subisce pesantemente le spese. In realtà, sia il Municipio 6, sia l’Aler sono ambedue impantanati nella propria impotenza di istituzioni intermedie, dipendenti da altre più potenti, ossia Comune di Milano e Regione Lombardia.
I cittadini hanno fatto presente all’Aler la situazione di vero e proprio abbandono in cui versano gli edifici dell’intero quartiere Giambellino, Ultimamente privati anche dell’unico servizio sociale di cui potevano disporre in rioni così problematici e il più importante di tutti: le portinerie. Con una scelta che ha dell’irresponsabilie, sono state tolte ovunque. Le portinerie del Giambellino-Lorenteggio lasciate vuote dall’Aler su volere della Regione, si badi bene, sono una trentina.  Troppe. Ormai si contano sulle dita di una mano gli stabili Aler in cui resistono, comunque solo fino a scadenza del contratto.

16 quartieri sempre più invivibili e ingestibili

Mappa del degrado al Giambellino

Ufficialmente, a Milano i quartieri considerati degradati sono 16. Il dato non è nuovo. È da circa 20 anni che il Comune ha effettuato questa conta, annunciata dall’ex sindaco Gabriele Albertini. Il problema è che la loro condizione, anno dopo anno, peggiora nettamente. Il deterioramento vero e proprio è iniziato durante gli ultimi anni della sindacatura di Letizia Moratti, è sensibilmente peggiorata con il sindaco Giuliano Pisapia e sta ampiamente degenerando con il sindaco Beppe Sala. Quando l’Aler subì la decisione di togliere le portinerie, diversi anni fa, nessuno in Comune si è dato la pena di chiedere spiegazioni e opporsi alla decisione. Ha prevalso l’indifferenza. La Prefettura ignora il problema. Eppure non ci vuole molto a capire che si ha a che fare con quartieri abbandonati a se stessi, dove l’integrazione sociale, in specie con la popolazione straniera, non riceve alcun aiuto e si presenta oltremodo difficoltosa.

Nella stessa identica situazione del Giambellino si trovano numerosi altri quartieri della città, sia a gestione Aler, sia a gestione comunale, affidata a MM. I quartieri divenuti ormai ingovernabili per l’Aler sono, oltre al Lorenteggio-Giambellino, soprattutto San Siro-Selinunte, via Gola. Il capo della polizia Franco Gabrielli di fronte alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, il settembre scorso ha affermato che sono quattro i quartieri altamente problematici a Milano: Lambrate, Mecenate, Quarto Oggiaro e Scalo Romana.  Gabrieli però si riferiva unicamente ai rischi di una penetrazione dell’alta criminalità. I quartieri di fatto candidati a passare presto o tardi sotto il controllo dell’alta criminalità, straniera e/o italiana, sono molti di più, superano la quindicina, considerando i casi dello Stadera, di via Bolla al Gallaratese,  Calvairate-Molise, Mazzini, Gratosoglio, via Salomone. Anche a Baggio ci sono situazioni di notevole, crescente degrado.

Degrado a vista d’occhio al Giambellino

Una delle tante cantine dell’Aler in Giambellino

Il Giambellino è uno dei quartieri più esposti ai rischi peggiori, il rione è ormai degenerato in una  situazione mostruosa. I marciapiedi del quartiere sono  vere e proprie discariche a cielo aperto, chiunque passi per la via si sente autorizzato a scaricare di tutto, risparminadosi così la fatica di recarsi in ricicleria. I giardini di via Odazio, dove c’è l’unico servizio comunale in zona, ossia la biblioteca, sono occupati stabilmente da persone e famiglie di una sola etnia.  Alcune di queste hanno occupato diversi appartamenti. La presenza di bambini e minori  è il pretesto dietro cui si celano per insediarsi stabilmente.   Le varie etnie presenti nel quartiere non si integrano, anzi, sono in lotta fra loro, soprattutto sono entrate in concorrenza per la gestione dello spaccio in via Odazio. Per due volte la loro guerra ha portato all’incendio, nottetempo, di auto di cittadini al fine di intimidire sia i “concorrenti”, sia i cittadini.

Intanto anche le abitazioni del quartiere diventano di anno in anno sempre più fatiscenti, a cominciare dai solai, dimora dei piccioni e di spessi strati di guano. Le cantine, senza più nemmeno il controllo dei custodi, sono il regno dell’abuso. Divenute depositi di ogni genere di materiale, compromettono la sicurezza degli stabili. Come in altre parti della città, la morosità, anche di chi non ha occupato ma ha ottenuto l’alloggio regolarmente (e con affitto molto agevolato), in alcune situazioni è totale. Nella migliore delle ipotesi la morosità si ferma al 40%. Il più delle volte, si tratta di inquilini senza particolari problemi economici, anzi, hanno un lavoro, un reddito. Eppure, in diversi stabili la morosità raggiunge il 40-50%, senza che l’Aler riesca a venirne a capo. La ragione c’è.

Aler inadatta a gestire l’ordine pubblico

Un dato è certo: Aler non è una struttura adatta a gestire l’ordine pubblico, di questo si devono occupare altri organi. Il presidente di Aler, Mario Angelo Sala, nonfa che sottolinearlo.  I suoi ispettori non sono pubblici ufficiali, non hanno alcun potere d’intervento nelle situazioni problematiche che caratterizzano spessissimo la vita dei quartieri popolari. E, a differenza del Comune, che dispone della polizia locale, Aler non ha gli strumenti per intervenire con rapidità ed efficacia nelle situazioni problematiche, tantomeno ottenere rispetto dagli inquilini, sempre più morosi. Non ha la possibilità di rendere esecutivi eventuali, meritati, sfratti. Deve necessariamente rivolgersi al Comune o allo Stato. I quali prima d’intervenire “esaminano il caso”. Ma anche quando gli organi preposti decidono di agire contro i morosi cronici, non si sa dove collocare gli eventuali sfrattati, qualora non sapessero dove andare. Tutte le strutture dell’accoglienza e dell’assistenza extra case Aler sono infatti sotto stress per via della presenza di altri immigrati che non hanno abitazione.  E siccome non c’è posto nei centri d’accoglienza, l’unica soluzione è lasciare i morosi dove sono, con la conseguenza di aumentare i numero dei furbi e delle occupazioni abusive, del racket.

Non sono le famiglie bisognose a occupare gli appartamenti, ma persone intenzionate a gestire il racket. Questo è il punto. Costoro sfruttano la presenza di donne incinte e/o di minori, per poi allontanarli e fare entrare chi vogliono, quando vogliono. Aler era riuscita, dopo mesi di impegno dei suoi incaricati, a denunciare e a far arrestare i quattro signori egiziani che gestivano il racket del quartiere di piazza Selinunte. Il magistrato, in attesa del processo, ha però ricollocato i quattro stranieri nell’appartamento da loro abusivamente occupato perché non aveva idea di dove collorarli in regime di arresti domiciliari. Così il racket è ripreso esattamente come prima. Quasi tutto è fuori norma, in molti caseggiati Aler, anche la raccolta differenziata della spazzatura è compromessa.  

Graduatorie fatte senza un criterio valido

Va sottolineato che l’interazione fra Comune e Regione (responsabile di Aler) non funziona affatto. Le due amministrazioni non si capiscono e nemmeno si parlano. Hanno due politiche diverse, anzi contrastanti. A quanto pare, fra loro vige l’incomunicabilità totale. Una dice una cosa, l’altra fa l’esatto opposto. Poiché la proprietà delle case popolari è Aler, ma a decidere chi deve entrarci ad abitare è il Comune con le sue graduatorie, quest’ultimo non fa che assegnare gli alloggi alle famiglie più bisognose e disperate, quasi tutte straniere, che raramente poi sono in grado di pagare l’affitto. Oppure godono di canoni troppo bassi per sostenere anche solo le spese ordinarie, come le portinerie, appunto. Salta il mix sociale, indispensabile per evitare involuzioni da banlieue esplosive, esattamente quello che si sta verificando.

Guerra fra bande al Giambellino, ci rimettono le auto dei residenti

La Regione Lombardia si rifiuta d’integrare con propri fondi le perdite di Aler. Si rifiuta di assumere l’onere finanziario derivante dal ripristino indispensabile delle portinerie. Questo fa molto arrabbiare il Comune, ritenuto dai cittadini il reale responsabile del degrado. Per un po’ di anni la Regione ha assecondato palazzo Marino nella sua politica dell’accoglienza indiscriminata, ma in tempi successivi, alle prese con problemi sempre più ingestibili, si è rifiutata di continuare a prestare il fianco al modo di procedere del Comune nell’unico modo che le sia possibile: non adeguando gli appartamenti fuori norma. Quindi, in sostanza, non assegnado più alloggi, i quali a  mano a mano che si liberano rimangono vuoti. Questo però favorisce le occupazioni abusive. Aler ne è consapevole. Ma la Regione è ben decisa a evitare la formazione di banlieue ingestibili, anche se “legali”. Preferisce vendere gli stabili problematici, come ha annunciato di voler fare per via Gola e via Bolla.  




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